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Cos'è il transfer pricing

La disciplina nazionale sul transfer pricing, i principi Ocse e il dl n. 50/2017


Il 30 ottobre 2013 è entrato in vigore il Regolamento (UE) 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Codice Doganale dell'Unione, la nuova fonte primaria atta alla regolamentazione dei flussi doganali da, verso ed all'interno del territorio comunitario, in sostituzione dell'attuale ed obsoleto Codice Doganale Comunitario (Reg. CE 2913/92). In data 16 settembre 2014, a seguito della pubblicazione di diversi Discussion Drafts e delle numerose consultazioni tenute nel corso degli ultimi due anni, l'OCSE ha presentato un primo "pacchetto di misure" per la prevenzione e il contrasto dell'erosione della base imponibile mediante lo spostamento dei profitti (cd. BEPS).

Nel documento "OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project - Explanatory Statement - Deliverables 2014", si illustra il primo set di reports e raccomandazioni presentati con riferimento a sette delle quindici azioni (Actions) previste dal BEPS Action Plan, approvato dall'OCSE nel luglio 2013[1]:

• economia digitale (Action 1), con riferimento alla quale si evidenzia la necessità di un coordinamento con gli ulteriori lavori BEPS[2];

• strumenti ibridi (Action 2), i quali richiedono modifiche sia nelle legislazioni nazionali sia nel Modello OCSE, per contrastarne l'uso non appropriato[3];

• regimi fiscali dannosi (Action 5), con riferimento ai quali è necessaria una revisione dell'attuale framework e il rafforzamento dei requisiti di "sostanza economica" e "trasparenza"[4];

• abuso dei trattati (Action 6), con riguardo al quale è opportuno assicurare che gli Stati includano, nelle proprie convenzioni contro le doppie imposizioni, clausole che prevedano un "livello minimo di protezione"[5];

transfer pricing, nel cui contesto sollevano criticità il trattamento dei beni immateriali (Action 8)[6] e i requisiti documentali (Action 13)[7];

• strumenti multilaterali (Action 15), per l'implementazione delle misure di contrasto al fenomeno dell'erosione della base imponibile[8].

Si riportano di seguito alcune considerazioni critiche con riferimento ad economia digitale, abuso dei trattati e transfer pricing, alla luce delle raccomandazioni OCSE del 16 settembre 2014.

La disposizione sul cd. principal purposes test si ispira ai principi già delineati nel Commentario all'art. 1 del Modello OCSE. Essa individua "a more general way" di contrastare i casi di abuso dei trattati, incluse quelle situazioni di treaty shopping che non rientrano nell'ambito di applicazione della LOB clause (tra le quali rientrano i cd. "conduit financing arrangements")[9].

L'OCSE raccomanda di prevedere, nelle convenzioni bilaterali, una disposizione che statuisca che "tax treaties are not intended to be used to generate double non-taxation". Tale statuizione implica una riformulazione del titolo e del preambolo del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni dell'OCSE, diretta a dichiarare che l'intento comune delle parti contraenti è quello di eliminare i fenomeni di doppia imposizione senza tuttavia creare le condizioni per agevolare situazioni di evasione ed elusione fiscale.

In considerazione della notevole preoccupazione che i treaty shopping arrangements suscitano negli Stati, tali schemi dovrebbero essere espressamente menzionati quali esempi di comportamenti elusivi, da contrastarsi da parte delle norme convenzionali.

Con riferimento all'interazione tra disposizioni convenzionali e norme antiabuso domestiche, si dovrebbe:

• in primo luogo, adottare una disposizione convenzionale la quale si fondi sulla cd. "saving clause", tipica delle convenzioni sottoscritte dagli Stati Uniti;

• in secondo luogo, precisare che i trattati non escludono l'applicazione delle cd. "departure or exit taxes"[10].

Va da sé che una efficace azione anti-treaty shopping può essere svolta dagli Stati, se viene da questi adottata una politica diretta a limitare fortemente la negoziazione e stipula di accordi contro le doppie imposizioni con Paesi a fiscalità privilegiata e/o non cooperativi[11].

Le principali norme del nuovo testo entreranno tuttavia in vigore non prima del 1°(gradi) giugno 2016, in concomitanza con le sue cosiddette Disposizioni di Applicazione (DAC), ovvero il regolamento "operativo" del Codice Doganale, analogamente a quanto avviene per quello attuale. È un provvedimento molto atteso che, nella sua quasi decennale "gestazione", è stato preceduto dal Nuovo Codice Doganale Modernizzato (Reg. CE 450/2008) - di cui è di fatto la "rifusione" - e che ha il merito di razionalizzare molti ambiti della normativa doganale europea, di semplificarne taluni istituti, oltre che di implementare nel quadro giuridico gli sviluppi tecnologici intercorsi negli ultimi vent'anni, che ora permettono, ad esempio, di qualificare quale "regola" le relazioni telematiche tra autorità ed operatori (cfr. Paperless Customs). L'ambito su cui si è sviluppato il più vivace dibattito tra i commentatori risulta essere quello del "valore in dogana", ossia il valore della merce sottoposta alla valutazione dell'autorità doganale, idealmente all'atto dell'importazione della medesima nel territorio doganale di uno Stato e - nell'assunzione di importazione definitiva - sottoposta ad obbligazione daziaria.

Tale valutazione risulta essere tanto più importante laddove la Tariffa doganale del Paese di importazione preveda dei dazi ad valorem, ovvero l'applicazione di un'aliquota percentuale di imposta sul valore doganale dichiarato.

Negli ultimi anni, tale ambito si associa in particolare a temi specifici quali il pagamento delle royalties ed il loro assoggettamento o meno alla base imponibile ai fini doganali[12], e soprattutto, all'analisi del valore doganale tra società facenti parte del medesimo Gruppo, scenario tipico delle moderne aziende multinazionali. Da un lato, il già citato concetto di valore in dogana, che origina dalle disposizioni dell'Accordo GATT[13] del 1994, dall'altro le regole della fiscalità diretta internazionale - in primis quella del transfer pricing - che trova espressione principale nel Modello di Convenzione e nelle Linee Guida OCSE, ai quali occorre aggiungere talvolta il concetto di valore ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Il tema del valore nel diritto doganale è normato in primis a livello internazionale dal WTO Customs Valuation Agreement[14], i cui principi generali sono ripresi nelle leggi doganali primarie dei singoli Stati membri del WTO, ivi inclusa l'Unione europea. L'esigenza di condividere criteri omogenei per la definizione del valore doganale - non soltanto tra soggetti correlati - è intuitivamente elemento fondamentale del commercio internazionale, cui il citato Accordo rappresenta la base normativa.

L'art. 1, implementato nelle normative primarie dei Paesi Membri del WTO tra le quali l'Unione europea, stabilisce che "Il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, ovvero il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci all'atto della vendita per l'esportazione nel Paese di importazione ... a condizione che … d) compratore e venditore non siano legati o, se lo sono, il valore di transazione sia accettabile a fini doganali a norma del paragrafo 2".

Il citato par. 2 prevede che: "Nel determinare se il valore di transazione è accettabile ai fini dell'applicazione del paragrafo 1, il fatto che compratore e venditore siano collegati … non costituisce di per sé un motivo sufficiente per considerare inaccettabile il valore di transazione. In tal caso le circostanze proprie della vendita sono esaminate e il valore di transazione è accettato purché non abbia influenzato il prezzo".

Il Codice Doganale dell'Unione trasla tali disposizioni nel quadro giuridico comunitario all'interno del Capitolo "Valore in Dogana delle Merci" (cfr. articoli 70-72), nei quali sono ribaditi in particolare sia la centralità del valore di transazione quale metodo per la determinazione del valore in dogana (definita nel testo a tal fine "base primaria"), sia la condizione che tale transazione avvenga in assenza di un legame tra le parti, ovvero esso non abbia influenzato il prezzo (cfr. articolo 70 paragrafo 3, lettera D).

Ad enfatizzare la centralità del valore di transazione quale principio cardine del valore in dogana, il nuovo testo fondamentale comunitario relega a "Metodi secondari di determinazione del valore in dogana" (art. 74 - Par. 2) i metodi da utilizzare laddove tale regola non possa, per talune ragioni, essere applicata.

Tali metodi, peraltro mutuati da WTO Customs Valuation Agreement stesso, ed applicabili in rigoroso ordine, risultano essere:

a) il valore di transazione di merci identiche, vendute per l'esportazione verso il territorio doganale dell'Unione ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;

b) il valore di transazione di merci similari, vendute per l'esportazione verso il territorio doganale dell'Unione ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;

c) il valore basato sul prezzo unitario al quale le merci importate, o merci identiche o similari importate, sono vendute nel territorio doganale dell'Unione nel quantitativo complessivo maggiore a persone non collegate ai venditori; oppure

d) valore calcolato, eguale alla somma: … i) del costo o del valore delle materie e delle operazioni di fabbricazione o altre, utilizzate per produrre le merci importate.

Il nuovo testo ha il merito di semplificare il concetto di base, facendo venir meno ad esempio l'espressione di "valore accettabile" ai fini doganali laddove si abbia ad oggetto una transazione intercompany, propria invece del WTO Customs Valuation Agreement e presente nel Codice Doganale Comunitario, sostituendolo con un più oggettivo principio di "non influenza del prezzo" tra soggetti correlati.

Occorre inoltre evidenziare come venga confermato il principio secondo cui il primo strumento alternativo, tramite il quale un operatore possa dimostrare all'autorità doganale la correttezza del proprio valore di acquisto, sia quello di fornire evidenza che il prezzo si avvicini a quello praticato - ceteris paribus - a soggetti non collegati per prodotti identici o simili. La scelta di partire da una analisi empirica (comparare la transazione di un soggetto non correlato) prima che scientifica (dimostrare come si sia arrivati a quel valore di transazione) può permetterci di sostenere che il concetto di comparabilità sia a tutti gli effetti il criterio base su cui si fonda l'analisi del valore doganale (e non solo tra soggetti correlati), laddove il valore di transazione sia ritenuto incongruo.

In questo caso risulta evidente come tale principio evochi il CUP (comparable uncontrolled price), metodo più direttamente espressivo del "valore normale" nella normativa del transfer pricing, anche se in entrambi i casi riscontrare una perfetta comparabilità non è agevole[15].

Con D.L. 24/04/2017, n. 50 ha apportato modifiche alla disciplina dei prezzi di trasferimento al fine di adeguare la normativa nazionale agli standard OCSE. Apporta una duplice modifica al transfer pricing, una di tipo formale l'altra procedurale. L'art. 59 della Manovra correttiva sostituisce l'art. 110 c. 7 TIUR il concetto di valore normale si adegua alle indicazioni relative al principio di libera concorrenza[16].Viene inoltre inserito l'art. 31 quater nel DPR 600/1973 che disciplina le modalità per favorire delle riduzioni di reddito ai fini delle imposte sui redditi italiane, diminuzione derivante dalle corrispondenti rettifiche definitive operate negli altri paesi.

La sostituzione del valore nominale – art. 9 TUIR – comporta che i prezzi delle operazioni infragruppo siano determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili. Dunque adesso dovrà farsi riferimento al prezzo di libera concorrenza: l'art. 110 c. 7 TUIR adesso prevede che i componenti di reddito derivanti da operazioni intercompany siano determinati con riferimento alle condizioni ed ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento di reddito. Sin dalla C.M. n. 32/1980, l'Amm. Fin. Ha dimostrato di comprendere la valenza interpretativa della Direttiva OCSE in materia di Transfer Pricing. Con provvedimento del 29.09.2010 del Direttore Ag. En. Sui c.d. oneri documentali sono state richiamate le linee guida OCSE e nella circolare n. 58/E/2010, viene specificato che l'indicazione delle linee guida OCSE tra le definizioni del provvedimento consente ai contribuenti di intraprendere taluni riferimenti riportati nei chiarimenti suddetti, alla luce degli orientamenti OCSE. Pare quindi di dover concludere che l'art. 110 c. 7 TUIR abbia carattere interpretativo.

Quanto alla procedura per la rettifica in diminuzione l'art. 59 della manovra, ha introdotto, come già detto, l'art. 31 quater DPR 600/1973. Prima di tale modifica, il riconoscimento di valori in diminuzione avvenivano in esecuzione degli accordi conclusi con le Autorità competenti degli Stati esteri – procedure amichevoli o MAP – previste dall'art. 25 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni o dalla Convenzione arbitrale n. 90/436/CE del 23 luglio 1990 (adesso artl 31 quater lett. a)).

Il nuovo art. 31 quater prevede altre due ipotesi in cui l'impresa residente può far valere la diminuzione del reddito:

1. A conclusione dei controlli effettuati nell'ambito di attività di cooperazione internazionale, purché gli esiti siano condivisi dagli stati partecipanti (lett. b));

2. A seguito di istanza di parte del contribuente resdiente (lett. c)). La norma prevede la facoltà per il contribuente din richiedere l'attivazione delle procedure amichevoli di cui alla lettera a) ove non ricorrano i presupposti: non v'è più il ricorso obbligatorio alle procedure amichevoli.


[1] P. Valente, Base Erosion e Profit shifting. L'Action plan dell'OCSE, in "il fisco" n. 37/2013, pag. 5744.

[2] OCSE, Addressing the Tax Challenges of the Digital Economy, 16 settembre 2014.

[3] OCSE, Neutralising the Effects of Hybrid Mismatch Arrangements, 16 settembre 2014.

[4] OCSE, Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance, 16 settembre 2014.

[5] OCSE, Preventing the Granting of Treaty Benefits in Inappropriate Circumstances, 16 settembre 2014.

[6] OCSE, Guidance on Transfer Pricing Aspects of Intangibles, 16 settembre 2014.

[7] OCSE, Guidance on Transfer Pricing Documentation and Country-by-Country Reporting, 16 settembre 2014.

[8] OCSE, Developing a Multilateral Instrument to Modify Bilateral Tax Treaties, 16 settembre 2014.

[9] Il documento include raccomandazioni relative a disposizioni antiabuso convenzionali specifiche "that seek to address strategies, other than treaty shopping, aimed at satisfying treaty requirements with a view to obtain inappropriately the benefit of certain provisions of tax treaties. These targeted rules, which are supplemented by the PPT rule described above, address (1) certain dividend transfer transactions; (2) transactions that circumvent the application of the treaty rule that allows source taxation of shares of companies that derive their value primarily from immovable property; (3) situations where an entity is resident of two Contracting States, and (4) situations where the State of residence exempts the income of permanent establishments situated in third States and where shares, debt-claims, rights or property are transferred to permanent establishments set up in countries that do not tax such income or offer preferential treatment to that income" (cfr. OCSE, Preventing the Granting of Treaty Benefits in Inappropriate Circumstances, 16 settembre 2014, pag. 13). La suindicata disposizione potrebbe avere il seguente tenore:
"Notwithstanding the other provisions of this Convention, a benefit under this Convention shall not be granted in respect of an item of income or capital if it is reasonable to conclude, having regard to all relevant facts and circumstances, that obtaining that benefit was one of the principal purposes of any arrangement or transaction that resulted directly or indirectly in that benefit, unless it is established that granting that benefit in these circumstances would be in accordance with the object and purpose of the relevant provisions of this Convention".

[10] "The report also addresses two specific issues related to the interaction between treaties and specific domestic anti-abuse rules. The first issue relates to the application of tax treaties to restrict a Contracting State's right to tax its own residents. The report recommends that the principle that treaties do not restrict a State's right to tax its own residents (subject to certain exceptions) should be expressly recognized through the addition of a new treaty provision based on the so-called «saving clause» already found in United States tax treaties. The second issue deals with so-called «departure» or «exit» taxes, under which liability to tax on some types of income that has accrued for the benefit of a resident (whether an individual or a legal person) is triggered in the event that the resident ceases to be a resident of that State" (cfr. OCSE, Preventing the Granting of Treaty Benefits in Inappropriate Circumstances, 16 settembre 2014, pag. 15).

[11] L'Action 6 del BEPS Action Plan prevede la necessità di identificare "the tax policy considerations that, in general, countries should consider before deciding to enter into a tax treaty with another country". The policy considerations (…) should help countries explain their decisions not to enter into tax treaties with certain low or no-tax jurisdictions; these policy considerations will also be relevant for countries that need to consider whether they should modify (or, ultimately, terminate) a treaty previously concluded in the event that a change of circumstances (such as changes to the domestic law of a treaty partner) raises BEPS concerns related to that treaty" (cfr. OCSE, Preventing the Granting of Treaty Benefits in Inappropriate Circumstances, 16 settembre 2014, pag. 18).

[12] Sul tema vedasi, tra l'altro, la Conclusione n. 24 del Comitato del Codice Doganale e la sentenza n. 174 del 19 novembre 2013 della Commissione Tributaria Regionale di Milano.

[13] General Agreement on Tariff and Trade, poi a partire dal 1995 divenuta World Trade Organization (WTO).

[14] Il WTO Customs Valuation Agreement origina dalla necessità di implementazione dell'Art. VII dell'Accordo GATT del 1994 (di cui è parte integrante).

[15] E. Marchisio, Il valore del gruppo e nel gruppo. Disciplina civilistica e fiscale degli scambi intragruppo a valore diverso da quello di mercato, in "Rivista di diritto tributario" n. 1/2014 pag. 89.

[16] Arm's lenght principle di cui all'art. 9 del Modello di Concenzione OCSE.

Data: 27/07/2017 12:00:00
Autore: Giampaolo Morini