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Marito via da casa anche per un solo schiaffo?

Le pronunce della giurisprudenza in relazione al singolo episodio violento occasionale nei confronti del partner


di Lucia Izzo - Anche un solo schiaffo dato alla propria moglie o, in generale, al proprio partner rappresenta un gesto di indubbia riprovevolezza dal quale, inoltre, possono scaturire conseguenze penali, ma anche civili. Lo dimostra la copiosa giurisprudenza che si è espressa sulla materia con pronunce talvolta non concordi tra loro.

Via il marito da casa anche per un solo schiaffo

Per il Tribunale di Milano, ord. 30 giugno 2016 (per approfondimenti: Via da casa il marito anche per un solo schiaffo) in materia di atti aggressivi violenti, anche un solo schiaffo rivolto dal marito alla moglie costituisce un atto di violenza idoneo a far scattare la misura di protezione ex art. 342-bis del codice civile. Trattasi, infatti, di atto di violenza idoneo a calpestare la dignità della donna e a far scattare la misura di protezione ex art. 342-bis.

Sempre in ambito civile, inoltre, il gesto di schiaffeggiare il partner è stato ritenuto dalla Cassazione idoneo a far scattare l'addebito nei confronti del marito violento, anche se si è trattato di un solo episodio di violenza fisica.

Nel caso esaminato dalla sentenza n. 817/2011, la Suprema Corte ha ritenuto che, seppur fosse provato per testi un solo episodio nato per futili motivi (ossia per avere la moglie gettato nella spazzatura un pezzo di pane raffermo), può ritenersi verosimile che l'atteggiamento fosse reiterato come aveva affermato la donna, anche in mancanza di lesioni evidenti o di prove di eventi che avvenivano entro le mura domestiche.

Per la Cassazione, infatti, anche un solo episodio di percosse è fatto grave e gravemente lesivo della dignità della persona umana ed è, pertanto, comportamento di per sé idoneo a sconvolgere definitivamente l'equilibrio relazionale della coppia.
Indirizzo seguito dalla Corte d'Appello di Palermo (sent. n. 991/2013) secondo cui è sufficiente per il coniuge leso dimostrare un solo episodio di maltrattamenti per ottenere l'addebito. Questo, infatti, anche se isolato e non provochi gravi lesioni, è idoneo a scombinare definitivamente l'equilibrio di coppia.
Inoltre, poiché, quanto avviene tra le mura domestiche non è difficilmente dimostrabile, all'uopo sono sufficienti le testimonianze di un figlio o di altro familiare atte a dimostrare che il singolo episodio violento è stato di per sé idoneo a provocare la rottura del matrimonio.
In altra occasione, invece, la stessa Cassazione (ord. n. 24473/2015) ha ritenuto che lo schiaffo dato dal marito alla moglie, pur rappresentando indubbiamente un comportamento riprovevole e violativo degli obblighi matrimoniali, non è tale da comportare in automatico l'addebito per l'eventuale separazione della coppia.
Ciò in quanto, nel caso di specie, non viene data prova del nesso di causalità tra tale comportamento e l'intollerabilità della convivenza (per approfondimenti: Separazione: nessun addebito al marito per uno schiaffo dato alla moglie).
Indirizzo seguito anche da alcuni giudici di merito, ad esempio la Corte d'Appello di Lecce (sent. 109/2015) che ha ritenuto non sufficiente per l'addebito della separazione un episodio isolato di maltrattamenti in danno al coniuge, seppur documentato e confermato dai testimoni, che ha provocato lesioni "lievi".
Per i giudici pugliesi è necessario che la violazione dei doveri matrimoniale rivesta una sicura efficacia causale nel determinarsi dell'intolleranza della convivenza.

Maltrattamenti in famiglia: basta un solo schiaffo?

Secondo parte della giurisprudenza, il gesto può venire semmai in rilievo in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia, ma solo se, come richiesto dalla norma, sussista una condotta abituale che si estrinseca in più atti lesivi, realizzati in tempi successivi, dell'integrità, della libertà, dell'onore, del decoro del soggetto passivo o più semplicemente in atti di disprezzo, di umiliazione, di asservimento che offendono la dignità della vittima.
Il Tribunale di Ivrea, in base a tale assunto, ha ritenuto (sent. n. 714/2016) che "atti episodici, pur lesivi dei diritti fondamentali della persona" non siano riconducibili nell'ambito della cornice unitaria descritta dalla norma.
Questi, poichè "traggono origine da situazioni contingenti e particolari che sempre possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare" conservano eventualmente, sempre che ne ricorrano i presupposti "la propria autonomia come delitti contro la persona, già di per sé sanzionati dall'ordinamento giuridico".
In pratica, secondo il Tribunale, se i maltrattamenti si risolvono in atti di violenza isolati e occasionali, come ad esempio un singolo schiaffo, non può ritenersi integrata la fattispecie dei "maltrattamenti in famiglia" ma, al massimo, quella di percosse, ingiurie e lesioni a seconda della condotta realizzatasi (per approfondimenti: Maltrattamenti: picchiare la moglie una sola volta non integra il reato).

Sempre in relazione a un singolo schiaffo, la Cassazione ha indicato alla Corte d'Appello, in una recente sentenza (n. 34803/2016), di rivalutare la pena per il reato di violenza privata nei confronti di un uomo che aveva "occasionalmente" colpito la fidanzata.
Nel caso di specie, il singolo ceffone che l'uomo aveva dato alla compagna appare per i giudici non punibile, potendosi applicare l'art. 131-bis cod. pen. (esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto).
Per la Corte, infatti, nel caso di specie si rintracciano tutte le condizioni per dichiarare il fatto particolarmente tenue, considerata la pena edittale, l'occasionalità dell'episodio, il danno particolarmente esiguo, la riconciliazione tra i due fidanzati e la misura della pena inflitta, pari quasi al minimo edittale, a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche (per approfondimenti: Violenza privata sulla fidanzata? Se occasionale va esclusa la punibilità per particolare tenuità del fatto).
Data: 07/08/2017 21:10:00
Autore: Lucia Izzo