Brevetto: rapporti tra diritto antitrust e proprietà intellettuale
Avv. Giampaolo Morini - In tema di proprietà intellettuale, un aspetto importante è rappresentato dalla normativa antitrust e dalla più recente concezione della essential facility che dovrà necessariamente essere presa in considerazione nella stesura della licenza di brevetto. La limitazione dell'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale mediante l'applicazione del diritto antitrust è stata oggetto di una lunga e costante evoluzione.
Il rapporto tra la normativa antitrust e la tutela della proprietà intellettuale
Tuttavia, negli ultimi anni, in Europa come anche negli Stati Uniti, è sorta una particolare problematica legata al rapporto fra le due discipline, che non ha ancora trovato una soluzione univoca. In particolare mi si riferisce alla possibilità di applicare ai diritti di proprietà intellettuale ed al suo esercizio, la dottrina di derivazione statunitense dell'essential facility.
È indubbio che i diritti di proprietà intellettuale possano interferire sia con le norme poste a tutela della libera circolazione delle merci sia con quelle a tutela della concorrenza. Esiste, infatti, un contrasto tra la normativa che concede al titolare del diritto la possibilità di impedire la circolazione del bene tutelato, ovvero di regolamentarne la circolazione a proprio piacimento, ed i principi fondamentali della legge antitrust, che, al contrario, tendono ad impedire la creazione e lo sfruttamento di poteri monopolistici.
La conclusione è stata ipresa dalle Antitrust Guidelines for the licensingof Intellectual Property statunitensi del 1995 secondo le quali: 1) per il diritto antitrust i diritti di proprietà intellettuale sono essenzialmente equiparabili alle altre forme di proprietà; 2) le Autorità antitrust non possono presumere l'esistenza del potere di mercato semplicemente dal fatto che si detiene un diritto di proprietà intellettuale.
La protezione della proprietà intellettuale
Per spiegare la relazione esistente fra il diritto antitrust e la proprietà intellettuale è necessario analizzare brevemente le ragioni economiche che stanno alla base della tutela della proprietà intellettuale.
L'analisi economica del diritto infatti ha diverse finalità, fra le quali è necessario ricordare quella di fornire gli strumenti per addivenire alle soluzioni giuridiche più appropriate e, non meno importante, quella di analizzare quali possano essere le ripercussioni economiche derivanti dall'applicazione di una data regola giuridica.
Dato incontestabile è che la tutela riconosciuta al titolare del diritto di proprietà intellettuale protegge lo stesso dal problema dei free-riders.
Contrariamente a quanto molti ritengono, la maggior parte dei diritti di proprietà intellettuale non comportano la costituzione di monopoli, poiché spesso esistono una molteplicità di beni sostituibili. Il successo commerciale di alcuni diritti di proprietà intellettuale può eventualmente attribuire profitti sovracompetitivi. Solo in particolari casi si ha un vero e proprio diritto di monopolio.
Per facilitare l'analisi limitiamo il discorso alle invenzioni. Se non fosse prevista alcuna forma di tutela, qualsiasi nuova invenzione potrebbe essere utilizzata da chiunque. La conseguenza sarebbe una situazione sub-ottimale nel mercato della invenzione stessa. Ed infatti, se fosse liberamente consentito di utilizzare le invenzioni altrui si avrebbe certamente un abbassamento dei prezzi del prodotto a beneficio dei consumatori, ma si verificherebbe di contro una situazione di disincentivo per i futuri investimenti. Se, al contrario, viene prevista la possibilità di escludere altri dall'utilizzo del bene, si garantisce al titolare del diritto la possibilità di percepire la rendita "monopolistica" derivante dal riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuale. Attraverso questa tutela si producono dunque effetti pro-concorrenziali, derivanti dalla nascita di nuovi stimoli per affrontare ulteriori investimenti finalizzati alla creazione o allo sviluppo di nuove invenzioni.
Come è stato più volte ribadito, sia in ambito comunitario che negli Stati Uniti, la titolarità di un diritto di proprietà intellettuale non attribuisce di per sé una posizione dominante su un determinato mercato. L'esistenza del market power deve essere verificata in concreto come in concreto deve essere verificato se vi è stato un comportamento abusivo. È solo mediante la verifica dei comportamenti e degli effetti che gli stessi producono che si può determinare i limiti di intervento del diritto antitrust. Per tale motivo deve ritenersi indispensabile non prevedere una esclusiva assoluta nella concessione di una licenza di brevetto in termini di estensione geografica e non prevedere limiti di produzione e di prezzi di mercato.
Essential Facility
La dottrina dell'essential facility, impone alle imprese o alle persone che detengono una facility la quale non possa essere facilmente duplicata per ragioni economiche o giuridiche, di renderla disponibile a chi ne faccia richiesta sulla base di condizioni eque. La condotta del monopolista che si rifiuta di rendere disponibile il bene essenziale da lui detenuto è ritenuta illecita quando, mediante il controllo del bene stesso, è in grado di "monopolizzare" un altro mercato o un altro stadio della produzione del bene di cui è monopolista.
Dalla dottrina in esame si evince, inoltre, che l'abuso può verificarsi anche nell'ipotesi in cui, accordato l'accesso, questo venga tuttavia garantito a condizioni discriminatorie tali che il beneficiario non sia in grado di competere efficientemente nel suo mercato di riferimento. La giurisprudenza americana, che ha elaborato questa dottrina, la applica da molti anni ed ha individuato le condizioni che possono configurare come illecito il comportamento con il quale si nega l'accesso alla facility. È necessario, per ritenere illecito il rifiuto di accesso, che chi controlla la facility sia una impresa in posizione dominante, secondariamente che l'infrastruttura non sia altrimenti reperibile, che il rifiuto non sia inoltre giustificato ed in ultima ipotesi è necessario che vi sia per l'impresa che si rifiuta la reale possibilità tecnica di concedere l'accesso. Si ritiene comunemente che siano cause legittime di rifiuto all'accesso alla facility sia giustificazioni d'ordine generale sia d'ordine speciale, in altre parole ragioni che attengono alle particolari caratteristiche di ciascuna infrastruttura. Quelle d'ordine generale sono ad esempio la non solvibilità del richiedente l'accesso o la mancanza di professionalità o di capacità dell'impresa; quelle speciali possono derivare ad esempio dalla scarsità della facility. La circostanza dovrà essere vagliata caso per caso. L'aspetto più controverso derivante dall'applicazione della dottrina in oggetto è l'individuazione dei limiti entro cui il detentore della facility è tenuto a condividerla con i terzi. Tuttavia, prima di affrontare il problema dei limiti occorre chiedersi se la dottrina in esame abbia una propria autonomia o, al contrario, rientri nella fattispecie dell'abuso di posizione dominante. In particolare, si tratta di determinare come la presenza di un'essential facility incida sul dovere di contrarre previsto in genere per chi detiene una posizione dominante. Oltre a dover garantire l'accesso a terzi, il titolare del bene, deve anche garantire che l'accesso non avvenga a condizioni discriminatorie. In questo modo il titolare della facility si verrebbe a trovare nella difficile situazione di essere garante della concorrenza in quel determinato mercato. E, nell'ipotesi in cui non fosse possibile garantire un sufficiente livello di concorrenza, dovrebbe intervenire l'autorità antitrust che nella applicazione di questa dottrina si troverebbe a svolgere funzioni che non le competono. L'Autorità, dovendo individuare tanto le ipotesi in cui sia obbligatorio concedere l'accesso, quanto le condizioni cui ciò debba deve avvenire, si troverebbe infatti a svolgere la funzione di regolatore del mercato della facility, che non rientra fra i suoi poteri. Giusta, allora, sembra l'affermazione secondo cui "appare preoccupante che un'autorità antitrust possa adottare interpretazioni delle norme sull'abuso di posizione dominante che, anziché facilitare il libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali, vengano piegate a compiti di programmazione economica. Tali programmazioni, specie nei mercati relativi alle nuove tecnologie, appaiono sovente impossibili da svolgere, data la velocità in cui gli scenari concorrenziali mutano".
Viene dunque riconfermata l'opinione prevalente secondo cui l'intervento del diritto antitrust dovrebbe essere limitato alle sole ipotesi in cui chi richiede l'accesso alla facility sarebbe un limite al diritto di proprietà. Le imprese concorrenti, dal canto loro, avrebbero un vero e proprio diritto d'accesso previo pagamento di un equo compenso.
Viene dunque riconfermata l'opinione prevalente secondo cui l'intervento del diritto antitrust dovrebbe essere limitato alle sole ipotesi in cui chi richiede l'accesso alla infrastruttura essenziale, intenda operare in un mercato distinto da quello del detentore dell'infrastruttura stessa. Anche in questa ipotesi, tuttavia, l'intervento dovrebbe essere ulteriormente limitato ai casi in cui, prese in considerazione le giustificazioni del detentore della facility che ha negato l'accesso, vi sia un effettivo pericolo che venga limitata o esclusa la concorrenza nel mercato a valle.
Potere di mercato e individuazione del mercato rilevante
Nell'ambito della disciplina dell'essential facility potere di mercato e mercato rilevante sono strettamente connessi al concetto di essenzialità della infrastruttura. Si afferma solitamente che nell'ipotesi in cui vi sia una essential facility il detentore abbia sul mercato di riferimento il market power. Il termine "essenziale", infatti, denotando unicità e non facile duplicabilità della infrastruttura, comporta di per sé un certo grado di potere nel mercato.
Se, come ho detto, il problema maggiore è quello di individuare e porre dei limiti all'applicazione della disciplina dell'essential facility, con l'obiettivo di evitare che attraverso questo strumento si pervenga a situazioni di inefficienza dei mercati, non si deve omettere di verificare con estrema attenzione il requisito dell'essenzialità del bene, tenendo sempre presente due corollari: a) un bene o una infrastruttura in generale devono reputarsi essenziali solo se mancano alternative valide per la produzione o la fornitura del servizio nel mercato a valle; b) la presenza di altre facility, non necessariamente identiche, escludono la possibilità di qualificare essenziale l'infrastruttura di cui si chiede l'accesso.
Infatti la giurisprudenza ha previsto delle ipotesi in cui il rifiuto di concedere l'accesso alla infrastruttura essenziale non è illecito. In materia di nuove tecnologie, ad esempio, le cause di giustificazione servono anche ad evitare che un'impresa meno efficiente, che ad esempio non abbia avuto le capacità di sviluppare determinate nuove tecnologie, sfrutti gli sforzi intellettuali ed economici sostenuti da un'altra impresa, per produrre determinati beni o fornire determinati servizi.
Le principali cause di giustificazione sono:
a) la acclarata insolvenza del terzo o il semplice pericolo;
b) la saturazione della facility;
c) l'incapacità del terzo, dovuta a mancanze di professionalità dell'impresa che chiede l'accesso a sfruttare la facility;
d) la mancanza di una domanda dei consumatori per un determinato bene o servizio e cosi via.
Non si contesta l'opinione secondo cui il mercato rilevante è corrispondente, nella maggior parte dei casi, a quello dell'essential facility (dato il carattere della unicità e non duplicabilità), ma si ritiene altresì necessario evitare che l'individuazione avvenga meccanicamente basandosi sulle dichiarazioni del terzo richiedente l'accesso. Per evitare un simile rischio è necessario che le autorità antitrust procedano attentamente alla individuazione del mercato rilevante e perciò, più a monte, a determinare se realmente vi sia un'ipotesi di essenzialità della infrastruttura. Per potersi parlare di essenzialità della infrastruttura, la stessa deve conferire al titolare una posizione di vantaggio sul mercato di riferimento e, di conseguenza, anche nel mercato derivato. La posizione si ritiene inoltre dover essere duratura.
Nell'ipotesi in cui il requisito dell'essenzialità venisse accertato, bisogna comunque valutare se un rifiuto di concedere l'utilizzo di un determinato bene, sia conseguenza di un effettivo abuso della posizione di preminenza, derivante dalla titolarità della facility e dunque teso a monopolizzare un mercato diverso ma "collegato" o se, al contrario, non derivi da altre circostanze quale la saturazione della facility che non permette l'ingresso di nuovi concorrenti nel mercato a valle. Esistono anche altre situazioni in cui non può parlarsi di abuso della posizione dominante. Come correttamente è stato affermato, infatti, possono verificarsi casi in cui sussiste una impossibilità legale di garantire l'accesso all'infrastruttura. Poniamo l'esempio in cui l'infrastruttura derivi da una concessione rilasciata dalla Pubblica Amministrazione, la quale potrebbe essersi riservata il diritto di decidere se e a chi è possibile concedere l'accesso. In tal caso il rifiuto dipende da una impossibilità legale, e sicuramente al detentore della facility non è possibile ascrivere alcuna responsabilità.
In conclusione, l'applicazione della dottrina dell'essential facility deve essere limitata perdue ordini di motivi:
- In primo luogo poiché attraverso la stessa si incide negativamente sull'esercizio dei diritti di proprietà spettanti ad individui ed imprese.
- Secondariamente poiché la sua applicazione può provocare un intervento di tiporegolamentare da parte delle autorità antitrust.
La proprietà intellettuale come essential facility
La disciplina dei brevetti, infatti, già prevede aspetti che favoriscono la concorrenza, che in parte riducono la tensione fra profili protezionistici e profili concorrenziali. Mi riferisco, in particolare, al riconoscimento dell'esclusiva nei soli limiti di ciò che viene rivendicato e spiegato dall'inventore nella domanda di brevetto e alla pubblicazione della domanda di brevetto, che garantiscono ai terzi la concreta conoscibilità dell'invenzione. In tal modo i potenziali concorrenti sono facilitati a sviluppare nuove soluzioni creando così maggior concorrenza di cui beneficiano i consumatori. La stessa disciplina, infatti, prevede la possibilità che una determinata invenzione possa essere utilizzata in altro modo da un terzo secondo due specifiche modalità: o sviluppando una innovazione successiva sostitutiva o una invenzione successiva dipendente.
Per quanto riguarda l'invenzione dipendente, il legislatore ha previsto che il titolare del brevetto precedente non possa ostacolare l'ingresso nel mercato del secondo brevetto, negando la licenza, nell'ipotesi in cui l'invenzione dipendente consista in un "importante progresso tecnico di considerevole rilevanza economica". In questa fattispecie è infatti riconosciuto il diritto di ottenere una licenza ad eque condizioni. Per evitare che, mediante la previsione di una licenza obbligatoria, il titolare del diritto di privativa sia penalizzato a favore del secondo inventore, la legge gli riconosce il diritto di ottenere a sua volta una licenza sulla nuova invenzione.
Specie nel settore delle nuove tecnologie questa previsione normativa riveste notevole importanza. Si permette ad esempio alle network industries di sviluppare nuovi strumenti di connessione senza eliminare del tutto la tutela dei diritti del primo inventore. Ulteriori effetti a favore della concorrenza derivano dalle diverse ipotesi in cui il legislatore ha previsto la perdita dell'esclusiva.
Mi riferisco in particolare all'ipotesi della mancata o insufficiente attuazione del brevetto. La mancata o insufficiente attuazione del brevetto da parte del titolare del diritto crea il diritto dei terzi di chiedere una licenza non esclusiva a titolo oneroso, incentivando così lo sfruttamento della invenzioni non utilizzate dal titolare.
Queste previsioni normative e le molteplici altre tralasciate stimolano l'innovazione e, di conseguenza, la concorrenza addivenendo così ad una soluzione di equilibrio con l'altrettanto importante esigenza di protezione dell'invenzione, per garantire al titolare del diritto la remunerazione necessaria per far fronte agli investimenti fatti.
Benchè la disciplina tenda a limitare al minimo le ipotesi di "eccessiva" protezione, non si può aprioristicamente escludere che in determinate ipotesi sia necessario l'intervento del diritto antitrust, specie nell'ipotesi in cui il brevetto abbia per oggetto una nuova tecnologia la cui fruizione da parte dei terzi è necessaria per sviluppare nuovi prodotti. In tal caso, se il rifiuto del titolare del diritto di concedere una licenza non ha giustificazioni tecniche o economiche, potrebbe essere utile se non necessario, in mancanza di altri strumenti, l'applicazione della dottrina dell'essential facility che come abbiamo visto serve ad "aprire" mercati caratterizzati da un eccessivo protezionismo.
Dai precedenti giurisprudenziali risulta consolidata l'opinione secondo cui è possibile limitare l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale solo in "particolari circostanze". Il diritto della concorrenza può infatti limitare l'esercizio dei diritti di privativa solo nell'ipotesi in cui l'esercizio sia contrario alle norme antitrust e, non rientri tra le finalità per le quali il legislatore ha riconosciuto il diritto di proprietà intellettuale stesso. Naturalmente non è sufficiente, perché possa imporsi l'obbligo di garantire l'accesso, il semplice riconoscimento di un diritto esclusivo. È infatti necessario che questo diritto conferisca al titolare il market power necessario per escludere o limitare la concorrenza nel mercato a valle.
Osservazioni conclusive
La dottrina dell'essential facility, già da molti anni applicata nel diritto statunitense, sta trovando sempre maggiore applicazione anche nel diritto comunitario e nazionale. Tuttavia sono ancora pochi i precedenti che vi fanno riferimento, ed in particolare ai casi in cui viene applicata alla proprietà intellettuale.
Non si può evitare di notare il contrasto tra una regola quale quella che impone l'obbligo d'accesso ad un determinato bene per operare in un mercato distinto e la disciplina della proprietà intellettuale che, al contrario, prevede la "esclusività" dello sfruttamento economico di un determinato diritto quale stimolo per nuovi investimenti futuri. Sempre in base ai pochi casi specifici, primo fra tutti il caso Magill, anche in materia di proprietà intellettuale si ritiene necessario, per imporre l'obbligo di accesso, la sussistenza delle quattro condizioni, richieste in generale per qualsiasi altra infrastruttura:
a) la posizione dominante di colui che detiene la facility;
b) l'essenzialità della facility per operare in un mercato derivato;
c) la non duplicabilità della stessa per ragioni economiche o legali;
d) infine, la mancanza di giustificazioni per il rifiuto.
Proprio a causa dell'importanza rivestita dalla disciplina della proprietà intellettuale è stata più volte ribadita la necessità e la difficoltà di un'accurata analisi della sussistenza di queste quattro condizioni. Si è comunque cercato di individuare la strada che dovrebbe portare ad una corretta applicazione della dottrina in esame.
È stato precedentemente illustrato come mercato rilevante ed essenzialità siano fra loro strettamente connessi e sottolineato, inoltre, che il requisito dell'essenzialità venga accertato non basandosi semplicemente sulle affermazioni di chi chiede l'accesso, poiché, se così fosse, la dottrina potrebbe essere utilizzata come strumento per accaparrarsi i meriti imprenditoriali altrui. Se tutte le condizioni sono presenti e il titolare della facility non ha una valida ragione che giustifichi il rifiuto, lo stesso ha l'obbligo di concedere una licenza se la stessa è necessaria per operare in un mercato distinto. Individuate così le condizioni e gli effetti, non si può non evidenziare che l'obbligo di concedere la licenza ha sicuramente una maggior incidenza sulla libertà d'impresa del titolare della facility rispetto all'obbligo di contrarre previsto dalla legislazione comunitaria e italiana nell'ipotesi di posizione dominante. Oltre a limitare la libertà d'impresa, la dottrina incide anche sui diritti di proprietà su determinati beni ritenuti essenziali, producendo effetti "espropriativi", ed in maggior misura proprio in materia di proprietà intellettuale, per i quali "l'esclusività" è la loro ragion d'essere. Bisogna però riconoscere che garantendo l'accesso ai diritti di proprietà intellettuale nei casi necessari, non si vuole in alcun modo favorire fenomeni di parassitismo da parte dei concorrenti – che pagherebbero comunque un equo compenso al titolare del diritto – ma, al contrario, si cerca di giungere a soluzioni che bilancino l'interesse individuale del titolare del diritto e l'interesse generale al mantenimento e al miglioramento del livello di concorrenza sui mercati di cui beneficeranno anche i consumatori .
Non bisogna inoltre dimenticare che la limitazione ai diritti di proprietà non è un fenomeno sconosciuto nel nostro ordinamento. Si pensi alla servitù. Al contrario l'applicazione della dottrina dell'essential facility nel campo dei diritti di proprietà intellettuale, specie nel settore delle nuove tecnologie, può essere un valido strumento di apertura dei mercati: per tale motivo non si può non tenerne di conto.Tale assunto è maggiormente vero per ciò che concerne le nuove tecnologie tutelate dai diritti di proprietà intellettuale.
Di conseguenza siamo oggi difronte ad una rilettura della disciplina della proprietà intellettuale tale da garantire la remunerazione degli investimenti (che ha funzione incentivante per la ricerca di nuove innovazioni) e, al contempo, che vengano eliminati tutti quei comportamenti di chiusura o di ostacolo all'accesso in nuovi mercati o in mercati distinti che non sono necessari per il perseguimento degli obiettivi specifici per cui il legislatore ha previsto la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Ciò che dovrebbe essere vietato è che il titolare di un copyright o di un brevetto, neghi ingiustificatamente la concessione di una licenza essenziale per la produzione di un nuovo prodotto in un mercato derivato. Il riconoscimento di questo tipo di diritti come essential facility permette di raggiungere l'obiettivo senza che vengano pregiudicate le aspettative del detentore del diritto stesso. Viene infatti garantita l'apertura dei mercati in cui l'esistenza dei diritti di proprietà intellettuale potrebbe, al contrario, produrre la chiusura e, allo stesso tempo, si evita qualsiasi ipotesi di free-riding prevedendo comunque l'obbligo da parte del richiedente l'accesso di pagare un equo compenso.
Non bisogna dimenticare che la stessa normativa sulla proprietà intellettuale prevede delle ipotesi in cui il titolare del diritto ha l'obbligo di concedere una licenza. Perciò la stessa normativa ha raggiunto al suo interno un equilibrio fra la necessità di garantire una giusta remunerazione ai titolari dei diritti, e l'interesse di altri ad ottenere una licenza che necessita tuttavia l'intervento del diritto antitrust in casi "eccezionali", come è stato sottolineato a livello comunitario con il caso Magill.
Uno di questi "casi" potrebbe appunto essere il diniego d'accesso ad una facility mediante il normale esercizio dei diritti di proprietà intellettuale che, in alcuni casi, può ostacolare la concorrenza nel mercato per il quale era stato richiesto l'accesso. Il pericolo che si creino posizioni di monopolio è più accentuato laddove la facility è costituita da una nuova tecnologia, a causa della combinazione degli effetti di rete che da questa derivano e la tutela della proprietà intellettuale.
L'applicazione della dottrina dell'essential facility può ritenersi un valido strumento
laddove il "potere escludente" derivante dalla proprietà intellettuale, è utilizzato dal titolare per negare l'accesso ad un concorrente in mancanza di valide alternative per garantire un efficiente livello di concorrenza.
Sarà perciò cura di chi procederà ad applicare la dottrina, l'individuazione di limiti ben precisi per evitare una eccessiva ingerenza del diritto antitrust in materia di diritti di privativa. Si dovrà inoltre cercare di fissare un prezzo di accesso remunerativo per il titolare della facility, per evitare che nel lungo periodo diminuiscano gli investimenti per la produzione di nuovi prodotti o la ricerca di nuovi trovati e, di conseguenza, la concorrenza nel mercato a monte. Valido strumento per la fissazione del prezzo d'accesso potrebbe essere l'Efficient Component Pricing Rule. Partendo dal presupposto che obiettivo della dottrina dell'essential facility è quello di garantire l'accesso senza occuparsi in alcun modo dei profitti percepiti dal titolare, correttamente si afferma dunque che" the ECPR identifies the proper price for access without considering the problem of eliminating monopoly profits originating from the use of the facility and indeed the method is neutral with respect to the level of profits that the incumbent receives. The ECPR is particularly important when the essential facility is IPR based and is not price regulated. In fact the utilization of the ECPR would not condratict the objective pursued by the IPR, that is guarantee ex-post profits in order to provide theright incentives for ex-ante R&D investments".
La questione relativa alla normativa antitrust, rappresenta dunque un aspetto della problematica legata alla gestione di un brevetto. Quanto sopra è stato sviluppato anche in funzione del nuovo orientamento dell'essential facility che sta guadagnando terreno anche in Europa.
Avv. Giampaolo Morini
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Data: 26/08/2017 16:00:00Autore: Giampaolo Morini