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Telefonata registrata: è lecita e vale come prova

Se la registrazione è fatta da persona autorizzata ad assistervi non si tratta di intercettazione. L'utilizzabilità è però assoggettata a particolari condizioni


di Valeria Zeppilli – Quando si ha bisogno di acquisire una prova, molti si domandano: è lecito registrare delle telefonate e utilizzarle in giudizio?

La risposta positiva è ormai da tempo condivisa da dottrina e giurisprudenza e ha trovato il suo avallo in alcune recentissime pronunce, che però hanno definito anche i limiti ai quali soggiace tale possibilità.

Niente intercettazioni

Ad esempio, con l'ordinanza numero 5241/2017 la Corte di cassazione si è soffermata espressamente sull'utilizzo delle registrazioni video e sonore nei casi di violenza sessuale, precisando che le stesse, così come le registrazioni di una conversazione telefonica, se sono effettuate da una persona che partecipa al colloquio o è autorizzata ad assistervi, costituiscono un "prova documentale valida e particolarmente attendibile" che "cristallizza in via definitiva ed oggettiva un fatto storico – il colloquio tra presenti (e tutto l'incontro, se con video) o la telefonata".

Si tratta, del resto, di registrazioni che non necessitano dell'autorizzazione del giudice delle indagini preliminari in quanto non possono essere ricondotte al concetto di intercettazione in senso tecnico. Esse, piuttosto, si risolvono in "una particolare forma di documentazione, non sottoposta ai limiti ed alle formalità delle intercettazioni".

I limiti all'utilizzo delle registrazioni

Un'altra recente pronuncia che merita di essere menzionata è la numero 5259/2017, sempre della Corte di cassazione, con la quale i giudici hanno rigettato il ricorso di un uomo che, in una causa avente ad oggetto un diritto di riscatto agrario, si lamentava del fatto che i giudici del merito non avevano tenuto in considerazione nelle loro decisioni la registrazione fonografica di due telefonate, prodotta in giudizio dal ricorrente e dal contenuto utile per comprovare le sue ragioni.

Con l'occasione, infatti, la Corte ha sì ammesso la possibilità di utilizzare come fonte di prova, ai sensi dell'articolo 2712 del codice civile, la registrazione su nastro magnetico di una conversazione telefonica, ma, ponendosi sulla scia di due sentenze degli anni 90 (la numero 8219/1996 e la numero 12206/1993), ha anche chiarito che a tal fine è necessario che:

- colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta;

- colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione abbia avuto il tenore risultante dal nastro;

- non si tratti di conversazione svoltasi tra soggetti estranei alla lite;

- almeno una delle parti sia parte in causa.

Nel caso di specie, la conversazione riguardava due soggetti che non erano parte in causa e, per tale motivo, le ragioni dell'uomo non hanno potuto trovare accoglimento.

Data: 25/08/2017 21:30:00
Autore: Valeria Zeppilli