Acquisti di merce contraffatta: multe fino a 7mila euro
A rischiare in caso di merce contraffatta è anche l'acquirente, nei confronti del quale, in alcune circostanze, oltre alla sanzione amministrativa può scattare l'illecito penale
- Merce contraffatta: le sanzioni per il venditore
- Merce contraffatta: le sanzioni per l'acquirente
- Acquisto di merce contraffatta: quando è reato
- Acquisto di merce contraffatta: quando è illecito amministrativo
- Acquisto di merce contraffatta: cosa dice la Cassazione
Merce contraffatta: le sanzioni per il venditore
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La vendita di prodotti taroccati è un fenomeno diffuso, soprattutto in estate quando le località balneari più accattivanti pullulano di venditori, spesso stranieri, che propongono merce contraffatta, chiaramente ispirata ai modelli proposti dalle grandi marche e case di moda di cui viene riportato anche il marchio "tarocco".
Le bancarelle di prodotti falsi fanno grandi affari, un giro di vendite che fa dimenticare la crisi economica che colpisce molti onesti venditori e l'Italia è il 3° paese per sequestri di merce contraffatta al mondo.
I venditori di merce contraffatta sono puniti, ex art. 473 del codice penale, con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.
Merce contraffatta: le sanzioni per l'acquirente
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Ma a rischiare non è solo il venditore di merce contraffatta, bensì anche chi acquista.
Non solo, infatti, potrebbe configurarsi a suo carico un illecito penale bensì, in ogni caso, anche se si rimane al di fuori del versante penalistico, l'acquirente può essere punito con una sanzione amministrativa, peraltro piuttosto salata.
Acquisto di merce contraffatta: quando è reato
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Gli acquirenti di merce "taroccata" rischiano, laddove ne ricorrano i presupposti, anzitutto di essere incriminati per il reato di ricettazione: la fattispecie prevista dall'art. 648 c.p., infatti, si realizza laddove, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, si acquista merce proveniente da un qualsiasi delitto, ad esempio capi rubati, con la consapevolezza della provenienza delittuosa del bene (leggi anche Acquisti in spiaggia: quali sanzioni?).
In assenza di dolo, ossia della consapevolezza della contraffazione, ma in presenza di colpa, perché non si verifica la legittima provenienza del bene, è integrato invece il reato di incauto acquisto ex art. 712 c.p., punito con l'arresto fino a 6 mesi o con l'ammenda non inferiore a 10 euro.
Acquisto di merce contraffatta: quando è illecito amministrativo
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Anche se si rimane fuori dal perimetro di questo illecito, tuttavia, l'acquisto della merce contraffatta non è del tutto privo di conseguenze: infatti, la legge 23 luglio 2009, n. 99 punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro l'acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti e in materia di proprietà industriale (v. Spiagge: se acquisti dagli ambulanti multe fino a 7mila euro).
Acquisto di merce contraffatta: cosa dice la Cassazione
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La Cassazione, con la sentenza n. 12870/2016, in una fattispecie relativa a un uomo condannato per ricettazione, poiché beccato con l'auto carica di capi di abbigliamento contraffatti di noti marchi, ha ritenuto che pur non ricorrendo il reato di ricettazione, il soggetto sarebbe comunque andato incontro alla sanzione amministrativa fino a 7mila euro (v. Comprare borse e abiti taroccati non è reato).
Infatti, in base al contesto normativo, interpretato anche dalle Sezioni Unite, l'acquirente finale, che acquista per uso personale, rimane fuori dall'area di punibilità penale ex art. 648 c.p.: si tratta di "colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso personale", il quale risponderà del solo illecito amministrativo.
In altra fattispecie, relativa all'acquisto di merce contraffatta su internet (ben cento capi di intimo a un prezzo irrisorio), invece la Suprema Corte, ha ritenuto logico parlare di ricettazione.
La Cassazione, a fronte di inequivocabili dati oggettivi (come il numero dei capi acquistati, il prezzo incoerente con il valore commerciale, ecc.), ha escluso l'uso personale, ritenendo evidente "il dolo nella ricezione dei beni", avendo il soggetto "consapevolmente" accettato il rischio che i beni acquistati o ricevuti fossero di "illecita provenienza", proprio tenendo presenti "le modalità di acquisto, la discrepanza tra il numero dei capi indicati nella documentazione di trasporto e quelli effettivamente ceduti, indice di un accordo noto ad entrambe le parti e - infine - il prezzo praticato". Da qui l'impossibilità di ipotizzare un incauto acquisto online, propendendo per la ricettazione (cfr. Cass. n. 38113/2021).
Autore: Lucia Izzo