Avvocati: forma scritta non indispensabile per il mandato stragiudiziale
Per la Cassazione il contratto e il suo contenuto possono essere provati anche con testimoni
di Lucia Izzo - Non deve essere provato necessariamente con la forma scritta il conferimento del mandato professionale per espletare attività di consulenza o stragiudiziale: all'uopo è, infatti, idonea qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 23104/2017 (qui sotto allegata)
In sede di merito, un avvocato aveva avanzato opposizione allo stato passivo del fallimento in quanto il credito relativo alla sua prestazione professionale era stato escluso per mancanza di prova della data certa della scrittura di conferimento dell'incarico professionale per l'assistenza di una transazione.
Mandato professionale stragiudiziale: non indispensabile la forma scritta ad substantiam
Stante il rigetto della sua richiesta, l'avvocato ricorre in Cassazione con successo. Per i giudici, infatti, nel caso esaminato deve applicarsi il principio secondo cui il mandato professionale per l'espletamento di attività di consulenza e, comunque, di attività stragiudiziale non deve essere provato necessariamente con la forma scritta, "ad substantiam" ovvero "ad probationem".
Questo, infatti, può essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti e il giudice, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza, può ammettere l'interessato a provare, anche con testimoni, sia il contratto che il suo contenuto.
Ancora, soggiunge il Collegio, l'inopponibilità, per difetto di data certa ex art. 2704 c.c., non riguarda il negozio, ma la data della scrittura prodotta, sicché il negozio e la sua stipulazione in data anteriore al fallimento possono essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall'ordinamento, salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall'oggetto del negozio stesso (Cass. n. 2319/2016, n. 4705/2011).
Accolto il ricorso, va cassato il decreto impugnato con rinvio al Tribunale.
Data: 07/10/2017 20:30:00Autore: Lucia Izzo