Gassani: sono gli avvocati italiani i veri rivoluzionari
di Gabriella Lax - L'amore violento, l'eutanasia, le lotte contro l'omofobia, i riconoscimenti di diritti anche fuori dalla famiglia canonica. Un racconto fatto di tanti tasselli che si incastrano per costruire un quadro legato da un filo: il sapere e l'esperienza degli avvocati per il cambiamento della società e per l'evoluzione del diritto.
In questo contesto arriva "C'eravamo tanto armati. Storie di cuori spezzati", della Casa Editrice Imprimatur di Reggio Emilia, ultimo lavoro di Gian Ettore Gassani, avvocato cassazionista del Foro di Roma, esperto in diritto di famiglia e minorile, nazionale e internazionale, nonché in diritto penale della famiglia, presidente dell'Ami (Associazione degli avvocati matrimonialisti). Ed il suo bagaglio di conoscenze, le storie di vita vissute da famiglie comuni, diventano patrimonio di tutti, portando alla ribalta "amori violenti, di figli manipolati attraverso batta glie legali, di genitorialità omosessuale, di disabilità dimenticata e di sottrazione di minori, dove la legge non aiuta chi avrebbe bisogno di conforto e sostegno" fino ad arrivare al tema sempre caldo della "dolce morte". Il libro è il terzo dopo I perplessi sposi e Vi dichiaro divorziati, scritture diverse ma "legate dal filo conduttore di un unico racconto". Della genesi del lavoro, che sarà in tutte le librerie dal 26 ottobre, ne abbiamo parlato con l'avvocato Gassani.
Avvocato Gassani, il titolo del saggio è ironico, al contrario degli argomenti e delle storie trattate...
«Sì, è un titolo ironico ma assolutamente disperato. Racconto delle varie sfumature di violenza in famiglia, ma anche la violenza di un sistema che non dà risposte adeguate, soprattutto in tema di violenze di genere, di diritti civili (bioetica, eutanasia, testamento biologico). La malagiustizia è violenza e io lo denuncio, sono in un'associazione importante nell'avvocatura (Ami nds) e non mi sento di dire che bisogna stare attenti solo all'orco di casa, ma a quanti, addetti ai lavori, sottovalutano le richieste di aiuto delle vittime dei reati intrafamiliari. Il 40% delle donne che sono state brutalmente assassinate (mediamente ogni due giorni) avevano denunciato il loro carnefice e purtroppo sono state lasciate al loro destino. Così sono tante le ingiustizie di chi ricorre al suicidio perché non c'è l'eutanasia. O la gente che viene ancora giudicata in maniera omofoba perchè è omosessuale; il padre omosessuale che viene defenestrato da una famiglia o considerato un genitore di serie "b" o addirittura dannoso per la crescita dei figli. Insomma un sistema violento, fatto da gente violenta, da addetti ai lavori che purtroppo vengono in ritardo rispetto alle richieste di aiuto. Non faccio una sviolinata al sistema non l'ho mai fatta, il sistema deve interrogarsi sul perché arriva in ritardo e perché una denuncia per una donna si trasforma in una condanna a morte, come nei casi degli stalker, le donne denunciano e i colpevoli invece di essere immediatamente identificati e neutralizzati uccidono. Questo è indice del fatto che il sistema va riqualificato, come vanno riqualificati gli obiettivi dei lavori. Magistrati, avvocati siamo chiamati ad un salto di qualità specialistica».
A proposito di eutanasia, una parte del libro è il racconto di Mina Welby
«Esatto. In esclusiva mondiale c'è una grande intervista a Mina Welby: parlo con lei, mi spiega cose che non ha mai detto a nessuno. Ed è il momento più bello ed emozionante del libro. Quasi 40 anni di vita insieme a Piergiorgio Welby, pensi che mi ha anche allegato il verbale dei momenti in cui viene staccata la cannula al marito, previa sedazione e Welby inizia a morire. Di questo fatto si è parlato in tutto il mondo e Mina racconta la sua solitudine, la solitudine di fronte ad istituzioni sorde alle richieste di aiuto, spiega quello che ha fatto lei, per l'uomo che ha sposato quando era già malato, quindi nella piena consapevolezza e con tanto amore. E narra le dinamiche di un uomo ed una donna che si amavano, non di un uomo malato e di una crocerossina, ma di una coppia vera che si amava in tutti modi e che ha trovato motivo per andare avanti insieme fino all'ultimo».
Un testo giuridico o un libro per tutti?
«È un saggio del tutto particolare, composto da 5 o sei romanzi all'interno: con dialoghi, disperazione, solitudine dell'avvocato. Non credo che possa essere catalogato come un libro giuridico, perché il linguaggio è semplice e scevro da inutili tecnicismi; un libro, come i miei due precedenti, per tutti, soprattutto per le scuole, per le famiglie, dove l'avvocato deve tradurre dall'"avvocatese" all'italiano. Credo fermamente che il diritto di famiglia ed il diritto delle persone debbano essere necessariamente tradotti in lingua italiana: non può essere ermetico in lingua giudiziaria ed incomprensibile. Un libro destinato ad avere una diffusione capillare. Per me è un orgoglio avere dedicato sei mesi della mia vita a questo: trovando il tempo per scrivere in treno, di notte, sotto l'ombrellone. Faccio un mestiere totalizzante come quello dell'avvocato matrimonialista, gestisco un'associazione importantissima come l'Ami eppure riesco a trovare il tempo di scrivere, rigorosamente nei miei fogli protocollo essendo allergico al computer».
Nel contesto che descrive, di un sistema sordo che non dà risposte adeguate, gli avvocati come dovrebbero porsi?
«Gli avvocati, lo spiego nella fase iniziale, sono il sale della società, soprattutto gli avvocati italiani, sono loro che hanno fatto le rivoluzioni, sono loro che hanno raccolto le firme, che hanno organizzato convegni, intavolato grandi dibattiti. Non dimentichiamo che l'affidamento condiviso è stato portato avanti da Maurizio Paniz, che è un avvocato. Le unioni civili da Monica Cirinnà, anche lei avvocato; la legge "Dopo di noi", da Elena Carnevali, avvocato. Gli avvocati provengono dalla trincea del foro e riescono a veicolare messaggi che sono compatibili col comune sentire di oggi. Le grandi associazioni, come l'Ami, sono quelle che scrivono testi, che vanno in televisione, che denunciano le cose che non vanno. La cassa di risonanza dell'avvocatura, insieme alla stampa che è fondamentale, ha fatto sì che l'Italia cambiasse. Noi negli ultimi 40 anni abbiamo mutato radicalmente il diritto di famiglia, e c'è ancora molto da fare. Pensare di introdurre in un paese bacchettone le unioni civili s'immagini cosa abbia potuto significare. Di fronte a tutta l'Europa eravamo l'unico paese che non riconosceva l'omosessualità intesa come possibilità di mettere su famiglia. Basti pensare alle stepchild adoption, quante polemiche ci sono state per l'adozione di figli da parte di coppie dello stesso sesso, cosa che non è accaduta negli altri paesi dove si vive in modo più civile. L'avvocatura è sempre stata la promotrice delle grandi rivoluzioni giuridico o giudiziarie culturali del nostro paese: è l'avvocato che incontra la gente, il giudice li vede per qualche minuto, l'avvocato tutti i giorni, nella propria bottega, nel proprio confessionale, registra le tragedie della persona, le ricorda, le memorizza, le scrive negli atti o nei libri come faccio io. Quando l'avvocatura è forte in un paese, è forte la democrazia, quando l'avvocatura viene compressa e messa all'angolo, probabilmente la democrazia perde colpi perché l'avvocato è colui che, ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione, rappresenta il cittadino, noi siamo il megafono della gente, siamo coloro che hanno il polso della situazione, nel nostro studio ci chiedono la tutela di diritti che ancora oggi non sono riconosciuti».
Data: 16/10/2017 20:30:00Autore: Gabriella Lax