Condizione sospensiva e condizione risolutiva del contratto
di Valeria Zeppilli
Cos'è la condizioneCos'è la condizione
La condizione, nel diritto privato, è l'avvenimento futuro e incerto al verificarsi del quale le parti di un contratto decidono di subordinare l'efficacia o la risoluzione dello stesso o di un singolo patto che lo compone.
La norma che prevede la possibilità del cd. contratto condizionale è quella di cui all'articolo 1353 del codice civile, che permette alle parti di dare rilevanza contrattuale, per necessità personali, a eventi che altrimenti resterebbero del tutto irrilevanti.
Tipi di condizione (sospensiva e risolutiva)
La principale distinzione in materia di condizione, che emerge dalla stessa lettera dell'articolo 1353 c.c., è quella tra condizione sospensiva e condizione risolutiva.
Condizione sospensiva
La condizione sospensiva è quella dal cui verificarsi viene fatta discendere l'efficacia del contratto o di un patto. Ad esempio, Tizio di impegna ad acquistare un fondo da Caio solo se il Comune X gli rilascerà il permesso per costruirvi un immobile. Se e fino a quando il permesso non viene rilasciato, l'immobile non è acquistato.
Condizione risolutiva
La condizione risolutiva, invece, è quella al verificarsi della quale viene subordinata la cessazione degli effetti del negozio. Per riprendere l'esempio precedente, si consideri il caso in cui Tizio acquista da Caio un fondo con la condizione, tuttavia, che se entro un anno il Comune X non gli rilascerà il permesso per costruirvi un immobile il contratto si risolverà.
Ulteriori distinzioni
E' comunque possibile distinguere la condizione anche secondo altre declinazioni.
Ad esempio, si parla di condizione affermativa o condizione negativa a seconda che, rispettivamente, in conseguenza del suo avveramento la situazione si modificherà o rimarrà immutata.
Si può parlare, poi, di condizione causale, condizione potestativa o condizione mista, a seconda che, rispettivamente, l'evento dipende dal caso o da terzi, dalla volontà di una delle parti o dal caso e dalla volontà di una delle parti.
Nullità in caso di condizione meramente potestativa, illecita o impossibile
Condizione meramente potestativa
Va in ogni caso precisato che la condizione potestativa va tenuta ben distinta dalla condizione meramente potestativa, posto che, se la prima è perfettamente valida, altrettanto non può dirsi della seconda che, se apposta, rende nullo l'intero negozio.
Tale invalidità è sancita espressamente dall'articolo 1355 del codice civile, che afferma che "è nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore".
In buona sostanza, la condizione è meramente potestativa "se è stata rimessa al mero arbitrio del contraente, nel senso che il suo avveramento sia svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l'assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto." (v. Cass. n. 18239/2014).
Al contrario, la condizione potestativa, legittima, è quella che sì dipende dalla volontà di una delle parti, ma da una volontà che è di una parte che ha comunque un interesse al realizzarsi della condizione o che ne subisce un sacrificio e che è comunque influenzata da fattori esterni soggettivi od oggettivi. Ad esempio, è una condizione potestativa legittima l'assunzione di un domestico subordinata all'acquisto di un appartamento da parte del datore di lavoro.
Condizione illecita o impossibile
Un'altra ipotesi che determina la nullità di un contratto al quale è apposta una condizione, è quella che si verifica laddove quest'ultima sia contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume, sia essa sospensiva o risolutiva. La condizione sospensiva rende nullo il contratto, poi, anche nel caso in cui sia impossibile (mentre la condizione risolutiva impossibile si ha come non apposta).
Pendenza della condizione
Il codice civile, agli articoli 1356, 1357 e 1358 si occupa di disciplinare lo stato di pendenza della condizione, precisando, innanzitutto, che durante la pendenza l'acquirente di un diritto sotto condizione sospensiva può compiere atti conservativi e l'acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva può esercitarlo, lasciando all'altro contraente la possibilità di compiere atti conservativi.
Inoltre, è prevista la possibilità del soggetto che ha un diritto subordinato a una condizione sospensiva o a una condizione risolutiva di disporne durante la pendenza, tuttavia con la precisazione che gli effetti degli eventuali atti di disposizione sono subordinati alla stessa condizione.
Infine, ciascuna delle parti, in pendenza della condizione, deve comportarsi secondo buona fede per non pregiudicare le ragioni dell'altra
Avveramento della condizione
La condizione si considera avverata non solo quando si verifica l'evento futuro e incerto stabilito nel contratto, ma anche se questo non si verifica per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento.
In ogni caso, gli effetti dell'avveramento sono retroattivi e decorrono, per regola generale, dal momento in cui le parti hanno concluso il contratto condizionato. Resta tuttavia possibile che gli effetti vengano riportati a un momento diverso, se così è stato stabilito dalle parti o se lo richiede la natura del contratto.
Va inoltre precisato che se la condizione riguarda un contratto ad esecuzione periodica o continuata, il suo avveramento non produce i suoi effetti con riferimento alle prestazioni già eseguite, a meno che non vi sia un patto contrario.
Per quanto riguarda, infine, gli atti di amministrazione compiuti dalla parte a ciò legittimata in pendenza della condizione, l'avveramento di quest'ultima non ne pregiudica la validità, mentre i frutti percepiti sono dovuti dal giorno in cui la condizione si è avverata, salvo diversa pattuizione o salvo che la legge disponga diversamente.
La giurisprudenza sulla condizione sospensiva e risolutiva
Si riporta qui di seguito quanto chiarito dalla Corte di cassazione in alcune recenti sentenze in materia di condizione sospensiva e risolutiva.
"L'art. 1359 c.c., secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non è applicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione abbia anch'essa interesse all'avveramento di essa. La condizione può ritenersi apposta nell'interesse di una sola delle parti contraenti soltanto quando vi sia un'espressa clausola contrattuale che disponga in tal senso ovvero un insieme di elementi che nel loro complesso inducano a ritenere che si tratti di condizione alla quale l'altra parte non abbia alcun interesse; in mancanza, la condizione stessa deve ritenersi apposta nell'interesse di entrambi i contraenti" (Cass. n. 18512/2017)
"Durante il periodo di pendenza della condizione, sospensiva o risolutiva, nei negozi obbligatori o traslativi, è imposto dall'art. 1358 c.c., a colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione risolutiva, l'obbligo di comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell'altra parte, mentre la parte controinteressata all'avveramento della condizione non deve ostacolare il libero svolgimento del fatto, da cui dipende la efficacia o la risoluzione del contratto, con la conseguenza che la condizione stessa si considera avverata quando alla stessa parte controinteressata sia addebitabile il mancato verificarsi dello evento. Pertanto, costituendo la fictio di avveramento una sanzione, l'imputabilità del fatto impeditivo deve trovare la sua base in una condotta dolosa o colposa, in una maliziosa preordinazione del fatto impeditivo o almeno in un'azione od omissione cosciente e volontaria, anch'essa contrastante col principio della correttezza e della buona fede" (Cass. n. 443/2017).
"La condizione può essere considerata non avverata solo nel momento in cui la mora del soggetto obbligato abbia assunto il carattere di un inadempimento di non scarsa importanza, che renda non più possibile l'adempimento dell'obbligazione contro la volontà del creditore" (Cass. n. 22951/2015).
Data: 08/11/2017 12:00:00Autore: Valeria Zeppilli