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Equo compenso: la guida completa

Cosa è, quando, a chi si applica e come va determinato l'equo compenso per avvocati e professionisti. Guida alla riforma dell'equo compenso in vigore dal 20 maggio 2023


Cos'è l'equo compenso

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L'equo compenso è un compenso che deve essere necessariamente proporzionato alla quantità, alla qualità, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione resa oltre che conforme ai parametri applicabili al lavoratore interessato.

Si tratta, in sostanza, di un principio che ha fatto il suo ingresso nell'ordinamento italiano con l'emanazione del decreto fiscale del 2017 (decreto legge numero 148/2017, convertito in legge numero 172/2017), che è stato parzialmente modificato dalla legge di bilancio 2018 e che, nella pratica, è stato introdotto mediante una modifica della legge professionale forense, i cui contenuti sono stati poi esplicitamente estesi a tutti i professionisti di cui all'articolo 1 della legge n. 81/2017.

La disciplina che andiamo a illustrare è quella che risulta dalla riforma attuata dalla proposta di legge a firma Meloni, Morrone nel testo approvato definitivamente dalla Camera e diventato legge dello Stato il 12 aprile 2023.

La nuova legge n. 49/2023 (sotto allegata) è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 5 maggio 2023 per entrare in vigore il 20 maggio 2023.

Leggi anche Riforma equo compenso: cosa prevede

A chi si applica l'equo compenso

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L'equo compenso riguarda, in base a quanto previsto dalla riforma, tutti i liberi professionisti, siano essi iscritti o meno a ordini o collegi.

L'equo compenso, tuttavia, non si applica in maniera generalizzata, ma solo in relazione ai rapporti professionali regolati da convenzioni, che prevedono le prestazioni di opera professionale di cui all'art. 2230 c.c. svolte anche in forma associata o societaria, in favore:

Le previsioni sull'equo compenso, tuttavia, conoscono un'importante eccezione: non si applicano agli agenti della riscossione.

Questi ultimi, in ogni caso, sono comunque tenuti a garantire, al momento in cui conferiscono un incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività delle prestazioni richieste.

Clausole vessatorie delle convenzioni

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Tutte le clausole contenute nelle predette convenzioni e dalle quali discende un significativo squilibrio contrattuale a carico dell'avvocato o del professionista, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, devono considerarsi vessatorie.

In particolare sono vessatorie e quindi nulle le clausole che:

- modificare unilateralmente le condizioni contrattuali;
- chiedere prestazioni ulteriori a titolo gratuito;
- rifiutare la stipula in forma scritta degli elementi contrattuali essenziali;
- porre a carico del professionista degli anticipi di spesa;
- impedire che il professionista possa richiedere il rimborso delle spese sostenute per la prestazione;

- prevedere termini di pagamento superiori ai 60 giorni decorrenti dalla ricezione della fattura o di una richiesta di pagamento;
- riconoscere all'avvocato, in caso di liquidazione delle spese di lite, l'importo minore previsto dalla convenzione anche se le spese liquidate sono state in tutto o in parte corrisposte o recuperate dalla parte o se l'importo della convenzione è superiore;
- indicare importi inferiori rispetto al precedente accordo se sostituito da uno nuovo applicabile a incarichi pendenti, non fatturati o non definiti;
- prevedere il compenso in caso di assistenza e consulenza contrattuale solo se il contratto viene concluso;
- obbligare il professionista a corrispondere al cliente o a soggetti terzi compensi, corrispettivi o rimborsi per l'utilizzo di software, banche dati e servizi collegati che vengono richiesti dal cliente per lo svolgimento dell'incarico.

Nullità delle clausole vessatorie

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Le clausole delle convenzioni che risultano vessatorie sono nulle, con due importanti precisazioni:

  • il contratto rimane valido per il resto;
  • la nullità opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d'ufficio.

Determinazione dell'equo compenso

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Il giudice chiamato a valutare la vessatorietà e la non equità del compenso, una volta accertate dichiara la nullità della clausola e determina il compenso dovuto al professionista. Segue quindi la condanna del cliente a pagare la differenza tra l'equo compenso determinato e quanto già versato al professionista. Condanna a cui può seguire l'ulteriore condanna del cliente al pagamento di un indennizzo, fatto salvo il diritto al risarcimento del danno.

Parere di congruità

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Per poter far valere il proprio diritto di credito relativo al compenso, il professionista può agire in via monitoria art. 633 e ss. c.p.c e con i rimedi previsto dall'art. 14 dlgs n. 150/2022.
Il parere di congruità dell'ordine o del collegio professionale sul compenso o sugli onorari costituisce titolo esecutivo se il debitore non si oppone entro 40 giorni.

Azione di classe

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Per tutelare i diritti omogenei dei professionisti è prevista anche l'azione di classe, che può essere proposta dal Consiglio nazionale dell'ordine di appartenenza, fermo restano che il professionista può agire comunque individualmente.

Prescrizione azione per pagamento onorari

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La prescrizione del diritto del libero professionista al pagamento dell'onorario decorre da quando viene a cessare il rapporto con l'impresa. Nel caso in cui le prestazioni rese siano plurime, anche se rese dopo un incarico unico, la prescrizione decorre dal giorno in cui l'ultima delle prestazioni è stata portata a termine.
Data: 19/05/2023 08:00:00
Autore: Annamaria Villafrate