Revoca della rinuncia all'eredità: forma, effetti e limiti
Avv. Giampaolo Morini - La dichiarazione di rinuncia all'eredità, non fa venir meno in modo definitivo il diritto del chiamato all'eredità in quanto egli può revocare la rinunzia stessa fino a quando l'eredità non sia stata acquistata dai chiamati ulteriori.
Più complessa appare, tuttavia, la ricostruzione della fattispecie.
Revoca della rinuncia all'eredità: le tesi
Le tesi si dividono tra chi ritiene che la rinunzia provochi un concorso nella delazione tra il chiamato rinunziante e i chiamati ulteriori e, quindi che la delazione a favore del chiamato persista fino alla prescrizione del suo diritto di accettare[1], e chi attribuisce alla rinunzia efficacia immediata da cui deriverebbe la decadenza di tale rinunzia quale effetto legale dell'accettazione[2].
Ad esempio, in materia di responsabilità tributaria, v'è un orientamento per cui gli eredi rispondono in solido per le obbligazioni tributarie del de cuius sorte prima della sua morte, responsabilità che non viene meno per la sola dichiarazione di rinunzia in quanto revocabile fino a quando l'eredità non sia stata accettata da altro chiamato o fino a quando il diritto di accettarla non sia prescritto.
In tal senso la Comm. Trib. Lombardia, 15.3.2005, n. 15, secondo la quale: "gli eredi rispondono sempre e comunque in solido per le obbligazioni tributarie il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del loro dante causa. La rinuncia all'eredità non fa cadere tale responsabilità, dal momento che, ai sensi dell'art. 525 c.c., finché non è prescritto il diritto di accettare l'eredità, i chiamati all'eredità - ancorché rinuncianti - hanno sempre il diritto di accettarla, a meno che non sia già stata accettata da altro chiamato. Al contrario, la responsabilità per le obbligazioni tributarie del 'de cuius' non sussiste, se il chiamato all'eredità, dopo l'avvenuta formale rinuncia, ha fatto prescrivere il potere di accettare l'eredità stessa nel termine prescrizionale decennale ex art. 480 c.c.".
Revoca rinuncia all'eredità: la forma
La forma della revoca della rinunzia può avvenire solo mediante accettazione dell'eredità, sia nella sua forma espressa che tacita, ma non si può realizzare in forza del possesso dei beni (art. 485 c.c.) o per effetto di sottrazione o occultamento (art. 527 c.c.)[3].
Del tutto conforme la giurisprudenza che definisce la revoca quale effetto della successiva accettazione dell'eredità da parte del rinunziante. Come ci spiega la Cassazione: "la revoca della rinuncia all'eredità, di cui all'art. 525 c. c., non costituisce, anche sotto il profilo formale, un atto o negozio giuridico autonomo, bensì l'effetto della sopravvenuta accettazione dell'eredità medesima da parte del rinunciante, il cui verificarsi, pertanto, va dedotto dal mero riscontro della validità ed operatività di tale successiva accettazione, sia essa espressa o tacita (art. 474 segg. c.c.)" (Cass. n. 3457/1984).
La giurisprudenza afferma, inoltre, che solo l'accettazione dell'eredità, in qualunque forma sia manifestata, comporta revoca della rinunzia (v. Trib. Roma, 24.06.1991, secondo cui: "la revoca della rinunzia all'eredità', sia essa tacita o espressa, comporta sempre una manifestazione di volontà di accettare l'eredità stessa").
Presupposti e limiti della revoca della rinuncia all'eredità
La norma indica con precisione quali siano i presupposti e i limiti della revoca della rinunzia. INNANZITUTTO, il rinunziante, può efficacemente revocare la propria rinunzia solo se il termine di accettazione non è scaduto, sia esso quello ordinario decennale o quello, più breve, fissato dal giudice a termini dell'art. 481 c.c.[4]. Non deve, poi, essere intervenuta l'accettazione dei chiamati in subordine, che può essere sia espressa che tacita, nonostante la rinunzia risulti dalla dichiarazione inserita nel registro delle successioni[5]. In caso di accrescimento la revoca della rinunzia, non avrà alcuna validità (art. 674 c.c.) o dallo Stato, che acquista indipendentemente da ogni accettazione (art. 586 c.c.)[6]. Nei casi enunciati, neppure un accordo con gli altri eredi potrà rendere efficace la revoca alla rinuncia. Si In caso di morte del rinunziante prima del verificarsi dei fatti impeditivi della revoca, il diritto di accettare l'eredità si trasmette agli eredi dello stesso (art. 479 c.c.).
Revoca rinuncia eredità: gli effetti
Pur permanendo la delazione, per cui il rinunziante non potrà più compiere atti di gestione conservativa sul patrimonio ereditario. Lascia dubbi la norma, là dove fa salvi i diritti dei terzi. Alcuni, infatti, ritengono che tale inciso altro non sia che la conferma del passaggio dei poteri di gestione del patrimonio ereditario ai chiamati successivi o al curatore dell'eredità giacente (Grosso, Burdese), altri, invece, ne restringono la portata al solo caso del legittimario che, avendo rinunziato, perde il diritto ad agire in riduzione qualora revochi la propria rinunzia (Azzariti).
La giurisprudenza sulla revoca della rinuncia all'eredità
- Nel sistema delineato dagli articoli 519 e 525 c.c. in tema di rinunzia all'eredità, la quale determina la perdita del diritto all'eredità ove ne sopraggiunga l'acquisto da parte degli altri chiamati, l'atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni). Pertanto non è ammissibile una revoca tacita della rinunzia
Cassazione, Sez. III, 29.3.2003, n. 4846
- Il chiamato che abbia rinunziato all'eredità può successivamente accettarla (in tal modo revocando implicitamente la sua anteriore rinunzia) in forza dell'originaria delazione purchè questa non sia stata, però, da lui perduta definitivamente in conseguenza dell'acquisto di altro chiamato.
Cassazione, Sez. II, 9.9.1998, n. 8912; Cassazione, 19.10.1966, n. 2549
- L'irrevocabilità della rinuncia all'eredità, una volta intervenuta l'accettazione degli altri chiamati - accettazione che, peraltro, nel caso di concorso di eredi che abbiano già accettato, non ha bisogno di una specifica manifestazione di volontà, operandosi ipso iure, per diritto di accrescimento, l'acquisto della quota del rinunziante da parte dei coeredi che avrebbero concorso con lui -, non si ricollega all'interesse di coloro che si avvantaggiano della rinunzia, bensì al carattere indisponibile della delazione, la quale, una volta caduta, non può essere fatta rivivere per volontà privata. Conseguentemente, l'assenso, prestato alla revoca della rinuncia da parte dei coeredi che hanno acquistato la quota di eredità del rinunciante, non può far rivivere in quest'ultimo la qualità di erede, ormai definitivamente perduta.
Cassazione, 19.10.1966 n. 2549
- La rinuncia all'eredità non può essere revocata quando l'ulteriore chiamato abbia espressamente accettato l'eredità assumendo il titolo di erede nella denunzia di successione.
Trib. Spoleto, 25.9.1996
Leggi anche la guida La revoca della rinuncia all'eredità
Avv. Giampaolo Morini
giampaolo@studiolegalemorinigiampaolo.it
0584/361554
[1] Grosso, Burdese, Le successioni. Parte generale, in Tratt. Vassalli, Torino, 1977, 351.
[2]Bianca, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, 4ª ed., Milano, 2005, 634.
[3] Ferri, Successioni in generale, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 519-535, Bologna-Roma, 1968, 122.
[4] Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. De Martino, sub artt. 456-535, Novara, 1973, 453.
[5] Azzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 172.
[6] Belloni, Sulla nullità della revoca della rinuncia all'eredità, in NGCC, 1999, I, 582.
Data: 08/01/2018 10:00:00Autore: Giampaolo Morini