Eredità: chi può chiedere la riduzione
Avv. Giampaolo Morini - Possono proporre azione di riduzione i legittimari ciascuno per la propria quota di legittima.
Il diritto alla reintegrazione della propria quota, vantato da ciascun legittimario, è autonomo nei confronti dell'analogo diritto degli altri legittimari: ne consegue che il giudicato sull'azione di riduzione promossa da uno di essi non può avere l'effetto di operare direttamente la reintegrazione spettante agli altri legittimari che abbiano preferito, pur essendo presenti nel processo, rimanere per questa parte inattivi (C., 28.11.1978, n. 5611).
L'azione non dà luogo a litisconsorzio necessario attivo: Stante l'autonomia del diritto del legittimario di esercitare l'azione personale di reintegrazione della quota di riserva, non è configurabile un litisconsorzio necessario fra tutti i legittimari in relazione alla stessa successione ereditaria, ma è richiesta soltanto la presenza in causa del legittimario e della persona che ha beneficiato dell'atto di liberalità o della disposizione testamentaria lesiva della legittima. (C., Sez. II, 27.9.1996, n. 8529).
L'azione di riduzione: legittimazione attiva
L'azione compete al soggetto per la sua qualità di legittimario e non di erede, in quanto non gli è attribuita dalla successione, ma dalla legge. Il legittimario pretermesso che chiede la legittima non compie atto di erede, ma reclama una quota di eredità e la sua qualità di erede La sentenza di riduzione produce l'effetto di far accettare l'eredità al legittimario pretermesso (art. 459 c.c.)[1]. Se invece il legittimario è già chiamato all'eredità per vocazione testamentaria o intestata l'esercizio dell'azione di riduzione comporta l'accettazione.
Sono legittimati attivi all'azione di riduzione gli eredi del legittimario e i suoi aventi causa, estensione giustifica dal fatto che l'azione di riduzione ha natura patrimoniale, ed è perciò cedibile e trasmissibile agli eredi e agli aventi causa[2]. Qualora il legittimario sia chiamato all'eredità, la legittimazione dei suoi aventi causa all'esercizio dell'azione di riduzione presuppone l'accettazione dell'eredità da parte del legittimario. In caso di ritardo nell'accettazione, i creditori possono esperire l'actio interrogatoria (art. 481 c.c.). Qualora il legittimario rinunzia o lascia decorrere infruttuosamente il termine, i creditori possono impugnare la rinunzia e, ottenuta l'autorizzazione ad accettare in nome e luogo del rinunziante, possono chiedere la riduzione al solo scopo di soddisfarsi dei loro crediti sui beni oggetto della riduzione (art. 524 c.c.), se, invece, il legittimario rinunzia alla sola azione di riduzione, i suoi creditori potranno proporre l'azione revocatoria (art. 2901 c.c.). è opinione prevalente che l'azione di riduzione possa essere inoltre esercitata in via surrogatoria (art. 2900 c.c.) dai creditori del legittimario.
Lo stesso è confermato dalla giurisprudenza concorde in tal senso, secondo cui "l'azione di riduzione è esperibile in via surrogatoria anche dai creditori del legittimario pretermesso non rientrando il diritto di legittima nel novero dei c.d. diritti inerenti alla persona. La relativa domanda non può essere accolta, per la mancanza del requisito dell'inerzia del debitore di cui all'art. 2900 c.c., nel caso in cui questi abbia implicitamente rinunciato alla legittima compiendo atti esecutivi delle disposizioni lesive incompatibili con la volontà di farne valere l'inefficacia (T. Cagliari, 14.2.2002); l'azione di riduzione è esperibile in via surrogatoria dal creditore del legittimario preterito". (T. Parma, 27.4.1974).
Azione di riduzione: legittimati passivi
L'azione di riduzione può essere proposta solo contro i destinatari delle disposizioni lesive (eredi, legatari, donatari) e i loro eredi, non contro i loro aventi causa, che sono invece legittimati passivi dell'azione di restituzione[3].
La giurisprudenza chiarisce che legittimato passivo dell'azione di riduzione, a differenza dell'azione di restituzione (art. 563 c.c.), è soltanto il beneficiario della disposizione lesiva della legittima; solo la diversa azione di restituzione, conseguente all'esperimento vittorioso dell'azione di riduzione, va rivolta contro gli acquirenti dei beni con i quali la legittima deve essere reintegrata (cfr. C., Sez. II, 17.5.1980, n. 3243).
Azione di riduzione: la competenza
Secondo l'opinione prevalente la competenza per territorio è regolata dal foro generale delle persone fisiche e giuridiche (artt. 18 e 19 c.p.c.), anche nel caso in cui, unitamente alla riduzione, venga chiesta la restituzione di un bene immobile oggetto di disposizione lesiva.
Estinzione dell'azione di riduzione. Rinunzia
L'azione di riduzione si estingue per rinunzia del legittimario e per prescrizione. Quanto alla rinunzia all'azione di riduzione essa può essere validamente effettuata solo dopo la morte del de cuius, se avvenisse prima di tale momento sarebbe affetta da nullità per violazione del divieto dei patti successori (art. 458 c.c.).
La dichiarazione del legittimario, fatta in vita del donante, di essere stato soddisfatto della sua quota di riserva, sia che la si consideri come disposizione di diritti a successione non ancora aperta o rinuncia ai medesimi, sia che la si configuri come rinuncia preventiva all'esperimento delle azioni di riduzione della donazione e delle disposizioni lesive della porzione di legittima, impinge nel divieto posto rispettivamente dagli artt. 458 e 557, in quanto la determinazione del valore dei beni ereditari e di quelli di cui sia stato disposto a titolo di donazione, ai fini dell'accertamento della quota spettante al legittimario e dell'entità dell'eventuale lesione, va riferita in ogni caso al tempo dell'apertura della successione (C., 17.8.1963, n. 2327).
La rinunzia all'azione di riduzione, che è diritto potestativo del legittimario, si distingue dalla rinunzia all'eredità (art. 519 c.c.) che non è pertanto soggetta a requisiti di forma: Il requisito di forma previsto dall'art. 519 c.c. per la rinuncia alla eredità non è applicabile per la rinuncia alla azione di riduzione del legittimario pretermesso, che acquista la qualità di legittimato alla eredità solo dalla sentenza che accoglie la domanda di riduzione (C., Sez. II, 3.12.1996, n. 10775).
La rinuncia può avvenire sia espressamente, mediante atto recettizio diretto a coloro che ne sono i beneficiari (C., 7.12.1962, n. 3299), sia per fatti concludenti (C., Sez. II, 7.5.1987, n. 4230).
Ai sensi dell'art. 525 c.c., la rinunzia all'azione di riduzione è irrevocabile, in quanto norma eccezionale riferita solo alla rinunzia all'eredità.
Secondo la giurisprudenza salvo che il legittimario non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione, l'esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie lesive della legittima non preclude al legittimario l'azione di riduzione salvo che egli non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesio. (C., Sez. II, 4.8.1995, n. 8611).
L'effetto della rinunzia è quello di rendere definitive ed intangibili le situazioni giuridiche già determinate dal de cuius: Il diritto, patrimoniale (e perciò disponibile) e potestativo, del legittimario di agire per la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di riserva, dopo l'apertura della successione, è rinunciabile, anche tacitamente, purchè inequivocabilmente, in quanto il solo effetto che ne consegue è la definitività ed intangibilità, nei confronti di uno o più coeredi, delle situazioni giuridiche determinate dal testatore (C., Sez. II, 28.3.1997, n. 2773).
La prescrizione dell'azione di riduzione
L'azione si prescrive nell'ordinario termine decennale (art. 2946 c.c.), che decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), ovvero dall'apertura della successione.
L'azione di simulazione che sia esercitata dal legittimario in relazione di strumentalità con quella dallo stesso contestualmente proposta per la reintegrazione della quota di riserva, in quanto diretta ad ottenere, nella prospettiva di una declaratoria di inefficacia degli atti impugnati di simulazione, la ricostruzione dell'asse che comporti una rideterminazione per lui più favorevole dei diritti riservati, è soggetta allo stesso termine prescrizionale decennale, che decorre per entrambe le dette azioni non dalla data di stipulazione dell'atto che si assume simulato, bensì dalla data di apertura della successione, atteso che solo da tale momento, che coincide con quello di acquisto della qualità di erede, l'atto compiuto dal de cuius assume l'idoneità a ledere i diritti del legittimario e ne rende concreto ed attuale l'interesse ad agire in giudizio (C., Sez. II, 25.1.1992, n. 817)[4].
Si richiama, tuttavia una isolata decisione del Tribunale di Venezia, 15.7.1960, secondo cui l'azione di riduzione, proposta dal legittimario, non si prescrive nel decennio dall'apertura della successione. In taluni casi l'apertura della successione decorre da un momento successivo, come ad es. la dichiarazione di giudiziale di paternità naturale vengano in essere dopo la morte del de cuius. Per il combinato disposto degli art. 2935 e 480 c.c., nel testo risultante dall'intervento interpretativo della corte costituzionale (sentenza n. 191 del 1983) il termine decennale di prescrizione per l'accettazione dell'eredità decorre per i figli naturali non riconosciuti e dichiarati tali giudizialmente dopo la morte del genitore, solo dal passaggio in giudicato della decisione di accertamento del loro status, trovandosi essi fino a tale accertamento nell'impossibilità giuridica, e non di mero fatto, di accettare l'eredità (C., Sez. II, 19.10.1993, n. 10333)[5]. Se oggetto della riduzione sono disposizioni testamentarie, il termine di prescrizione – secondo le Sezioni Unite – decorre dalla data di accettazione dell'eredità da parte del chiamato: Il termine di prescrizione dell'azione di riduzione decorre dalla data di accettazione dell'eredità da parte del chiamato in base a disposizioni testamentarie lesive della legittima (C., S.U., 25.10.2004, n. 20644).
L'atto di costituzione in mora non vale ad interrompere il decorso della prescrizione (C., Sez. II, 7.8.1996, n. 7259).
Soggetti esclusi dalla legittimazione attiva
Sono esclusi dal novero dei legittimari attivi i donatari e i legatari in quanto è già implicita nella disposizione che indica i soggetti che possono proporre l'azione di riduzione (art. 557, 1° co., c.c.)[6].
La disciplina del 3° comma dell'art. 557 c. c., secondo cui i donatari non possono chiedere la riduzione né approfittarne, riguarda solo i donatari ed i legatari non legittimari; pertanto, l'azione di riduzione è esperibile anche dal donatario legittimario, il quale, ai sensi del 2° comma dell'art. 564 c. c., è obbligato (salva espressa dispensa) ad imputare alla propria porzione di legittima le donazioni e i legati ricevuti, con la conseguente impossibilità di richiedere la riduzione di alcuna donazione (o disposizione testamentaria) ove l'importo di quanto ricevuto per i titoli predetti superi quello della quota di legittima spettantegli (C., 26.7.1985, n. 4358).
Quando il legittimario (che sia anche chiamato) ha accettato con beneficio di inventario (art. 564, 1° co., c.c.), i creditori del defunto non possono proporre l'azione[7]. Se invece l'accettazione è senza beneficio di inventario, i creditori del defunto diventano creditori del legittimario, e in quanto tali possono agire in riduzione mediante l'azione surrogatoria. Anche la giurisprudenza ha precisato che i creditori del defunto non possono intervenire nel giudizio di riduzione promosso dal legittimario che abbia accettato con beneficio di inventario: Il creditore del defunto non è legittimato ad intervenire nel giudizio di riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della legittima promosso dal legittimario che abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario (C., 23.2.1982, n. 1114).
Leggi anche le guide:
- Le azioni a tutela dell'eredità
Avv. Giampaolo Morini
giampaolo@studiolegalemorinigiampaolo.it
0584/361554
[1] Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, 4ª ed., in Tratt. Cicu, Messineo, Milano, 2000, 239 ss..
[2] Ferri, Dei legittimari, 2ª ed., in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 536-564, Bologna-Roma, 1981, 199.
[3] Capozzi, Successioni e donazioni, 2ª ed., I, Milano, 2002, 310.
[4] C., Sez. II, 7.5.1987, n. 4230: Poiché l'atto interruttivo della prescrizione può essere compiuto da un soggetto diverso dall'interessato che agisca in nome e per conto di quest'ultimo, in base ad apposito incarico, e nei confronti del controinteressato, siffatto carattere va riconosciuto alla domanda giudiziale contenente gli elementi essenziali richiesti al riguardo e proveniente dal procuratore costituito che rappresenta ad ogni effetto la parte interessata, senza che possa assumere rilievo, a tal fine, il decesso della parte, poiché la rappresentanza in giudizio del procuratore costituito continua anche dopo tale evento ove egli stesso non lo abbia dichiarato in modo da determinare la interruzione del processo.
[5] T. Genova, 6.6.1990: Il dies a quo della prescrizione del diritto di accettare l'eredità e per esercitare l'azione di riduzione, volta al conseguimento della quota di legittima, decorre dal giorno in cui può essere fatto valere il relativo diritto; pertanto, il figlio naturale, dichiarato giudizialmente, il cui genitore sia deceduto prima dell'entrata in vigore della l. n. 151 del 1975, che, nei termini, accetti l'eredità ed agisca in riduzione, ha diritto alla riserva prevista dalla legge vigente all'apertura della successione.
[6] Cattaneo, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, in Tratt. Rescigno, 2ª ed., 5, I, Torino, 1997, 461.
[7] Calderone, Della successione legittima e dei legittimari, in Comm. De Martino, Novara, 1976, 268.
Data: 09/01/2018 16:00:00Autore: Giampaolo Morini