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Cassazione: il danno da perdita del congiunto va provato

Si tratta di un danno – conseguenza che non può essere considerato in re ipsa


di Valeria Zeppilli – Ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del congiunto è necessaria l'allegazione e la prova di chi lo domanda.

Sul punto la Corte di cassazione è di recente tornata con l'ordinanza numero 907/2018 (qui sotto allegata), rilevando che tale danno "quale tipico danno – conseguenza non coincide con la lesione dell'interesse (ovvero non è in re ipsa)".

Valutazioni prognostiche e presuntive

Nonostante ciò, il danno per la perdita del rapporto parentale è comunque un pregiudizio che si proietta nel futuro e con riferimento al quale, pertanto, è consentito tenere conto degli elementi oggettivi forniti dal danneggiato ricorrendo a valutazioni prognostiche e presunzioni.

In ogni caso è indispensabile che esso venga descritto compiutamente e che i suoi elementi costitutivi vengano allegati e provati, facendo ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva.

La liquidazione

Ai fini della liquidazione, poi, occorre procedere a una valutazione equitativa basata sui seguenti elementi:

La vicenda

Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva invece ritenuto il che il danno da perdita del congiunto fosse in re ipsa e dovesse spettare in assoluto e secondo il criterio presuntivo ai "parenti stretti" del defunto. Sulla base di tale assunto, aveva quindi liquidato la medesima somma indiscriminatamente in favore di ciascuno dei fratelli del lavoratore deceduto a seguito di un incidente verificatosi nella cava ove svolgeva le proprie mansioni.

È quindi attesa una nuova decisione sul punto che tenga conto di quanto statuito dalla Corte di cassazione.

Data: 18/01/2018 18:40:00
Autore: Valeria Zeppilli