È reato dichiarare spese mediche false nel 730
Per la Cassazione è integrata la fattispecie criminosa di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altre documenti per operazioni inesistenti
di Lucia Izzo - Chi effettua la detrazione di spese mediche false nel 730 commette il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
La falsità può essere riferita anche all'indicazione dei soggetti con cui è intercorsa l'operazione, mentre rientrano nella nozione di documenti anche quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture, ad esempio ricevute fiscali e documenti da cui risultino spese deducibili dall'imposta, come le ricevute per spese mediche o per interessi sui mutui e le schede carburante.
Lo chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 17126/2018 (qui sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso di una serie di persone responsabili, in associazione a delinquere (alcuni nella veste di promotori e altri come organizzatori), di aver commesso più delitti di evasione fiscale previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000.
La vicenda
Agli imputati, in sintesi, era ascritto di avere organizzato e partecipato a un sodalizio criminale che, attraverso la predisposizione di documentazione sanitaria materialmente falsa (apparentemente emessa da cliniche private), aveva consentito a numerosi contribuenti di presentare dichiarazioni dei redditi fraudolente per l'esposizione di spese sanitarie mai sostenute (per le quali spetta la detrazione Irpef del 19%).
Si era ottenuto, in tal modo, l'illecito risultato di far ottenere ai contribuenti un rimborso IRPEF non dovuto, pari a oltre 2 miliardi di euro, la cui metà era stata dagli stessi contribuenti versata al sodalizio criminoso.
In Cassazione, alcuni tra gli imputati contestano l'aver ritenuto sussistente il delitto associativo (anziché del concorso di persone nel reato continuato) e l'erronea interpretazione della legge sul reato contestato: secondo la prospettatone difensiva, i falsi documenti furono creati in un momento successivo all'elaborazione informatica e alla trasmissione della dichiarazione e non furono registrati nelle scritture obbligatorie dei soggetti emittenti, trattandosi di soggetti privati.
Pertanto, il fatto non sarebbe rientrato nella fattispecie di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, bensì nella diversa ipotesi contemplata dall'art. 4 del medesimo d.lgs., ossia il reato di dichiarazione infedele.
False spese mediche nel 730: è dichiarazione fraudolenta per operazioni inesistenti
Gli Ermellini motivano dettagliatamente in ordine alla sussistenza del reato associativo, mentre, quanto fattispecie delittuosa, richiamano dei punti fermi di precedenti giurisprudenziali di legittimità.
Per la Corte, il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74) è integrato dalla falsa indicazione, nella dichiarazione IRPEF, di spese deducibili dall'imposta, quando le stesse non siano state effettuate o siano state effettuate in misura inferiore (cfr. Cass., n. 48486/2011).
mella nozione di "documenti" rientrano quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture, tra cui ricevute fiscali e simili, nonché quei documenti da cui risultino spese deducibili dall'imposta, come, per esempio, le ricevute per spese mediche o per interessi sui mutui e le schede carburanti (cfr. Cass., sent., n. 5642/2011), documenti che attualmente non devono essere allegati alla dichiarazione dei redditi, ma conservati per eventuali controlli da parte degli uffici.
Qualora le spese documentate siano deducibili dall'imposta, l'indicazione in dichiarazione di tali spese non effettuate o effettuate in misura inferiore integra la condotta del reato, per il fatto che si fanno apparire elementi passivi fittizi.
Dichiarazione fraudolenta: falsità riferibile anche all'indicazione dei soggetti
Infine, nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, la falsità può essere riferita anche all'indicazione dei soggetti con cui è intercorsa l'operazione.
I "soggetti diversi da quelli effettivi", ai sensi dell'art. 1 lett. a), del citato d.lgs., saranno coloro che, pur avendo apparentemente emesso il documento, non hanno effettuato la prestazione, sono irreali (come nel caso di nomi di fantasia), o non hanno avuto alcun rapporto con il contribuente finale (cfr. Cass., sent., n. 27392/2012).
Non vi è alcun fondamento razionale, tuttavia, nell'affermare che l'ipotesi non ricorre quando i soggetti che appaiono emittenti del documento siano addirittura inesistenti o siano soggetti che nessun rapporto abbiano mai avuto con il contribuente che utilizza il documento medesimo: anche in tal modo, infatti, il contribuente fa apparire di avere speso somme in realtà non sborsate e pone così in essere una lesione del bene giuridico protetto, costituito dal patrimonio erariale.
In base a tali pirincipi, conclude la Cassazione, l'art. 2 d.lgs. n. 74/2000 è applicabile a entrambe le tipologie di falso (ideologico e materiale), tenuto conto che la frode sanzionata da tale norma si distingue da quella di cui all'art. 3 non per la natura del falso, ma per il rapporto di specialità reciproca esistente tra le due disposizioni legislative.
A un nucleo comune, costituito dalla dichiarazione infedele, si aggiungono, in chiave specializzante, nell'art. 2, l'utilizzazione di fatture e documenti equiparabili relativi a operazioni inesistenti e, nell'art. 3, la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie congiunta con l'utilizzo di mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l'accertamento e la previsione di una soglia minima di punibilità.
Data: 20/04/2018 06:00:00Autore: Lucia Izzo