Mobilità ciclistica: cosa prevede la nuova legge
La svolta culturale della bicicletta nella legge quadro n. 2/2018, ambiente e sostenibilità, turismo green e maggiore sicurezza
Dott. Alessandro Torri - La legge quadro n. 2/2018, pubblicata nella GU del 31 gennaio 2018, è entrata in vigore il 15 febbraio e ha l'obbiettivo di promuovere lo sviluppo della mobilità in bicicletta, anche attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture adeguate ad una migliore e più sicura fruizione, al fine di valorizzare i molteplici aspetti positivi collegati all'utilizzo di questo mezzo di trasporto.
La mobilità ciclistica nella riforma
Questo provvedimento si inserisce in un quadro normativo nazionale e comunitario che individua nella mobilità sostenibile, non solo uno strumento di tutela dell'ambiente, ma anche un mezzo di valorizzazione dei territori e di promozione delle bellezze paesaggistiche, culturali e turistiche del nostro Paese. L'articolo 3, in particolare, prescrive che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, debba essere approvato il Piano generale della mobilità ciclistica, attraverso il coinvolgimento di vari Ministeri, previa intesa in sede di Conferenza unificata, ad integrazione del Piano generale dei trasporti e della logistica.
La legge prevede anche l'istituzione, attraverso lo strumento del regolamento di organizzazione ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400/1988, della Direzione generale per la mobilità ciclistica che, dall'interno della struttura ministeriale del MIT, dovrà occuparsi della predisposizione di questo Piano strategico e del monitoraggio della realizzazione degli obiettivi indicati da esso.
Interessante è il fatto che siano coinvolti, oltre al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'economia e delle finanze, anche quelli dell'ambiente e dei beni culturali, a riprova che questo intervento normativo vuole perseguire obbiettivi trasversali e di interesse strategico nazionale.
Questo Piano dovrà essere articolato su una programmazione triennale, basata su due differenti settori di intervento: da una parte, lo sviluppo della mobilità ciclistica in ambito urbano e metropolitano, e dall'altra, lo sviluppo della stessa a livello regionale, nazionale ed europeo.
Il Piano servirà per migliorare la programmazione delle opere, per fissare obbiettivi e individuare gli interventi prioritari per promuovere l'adeguamento della Rete ciclabile nazionale, denominata Bicitalia, in un quadro che deve vedere i temi della sicurezza, della sostenibilità e della interconnessione con le altre strutture e modalità di trasporto, effettivamente al centro dell'attenzione delle Istituzioni centrali e locali. La predisposizione di uno strumento di programmazione permetterà, finalmente, di seguire passo a passo lo sviluppo dei progetti finanziati e incrementerà le opportunità di dialogo e di coinvolgimento di tutte le Istituzioni, anche locali, nella programmazione, realizzazione e gestione dell'intera rete cicloviaria. Il Piano dovrà essere annualmente aggiornato, entro il 31 marzo, con l'emanazione di un decreto da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Come detto, quindi, è previsto un ruolo centrale anche per le Regioni che, entro dodici mesi dalla approvazione del Piano generale della mobilità ciclistica, saranno chiamate a predisporre i progetti necessari alla realizzazione e implementazione delle strutture ciclabili regionali, e per i Comuni, che dovranno predisporre e definire i Piani urbani della mobilità ciclistica, anche chiamato Biciplan, attraverso i quali si potrà valutare lo stato dell'arte e pianificare tutti quei piccoli interventi che sono necessari per mettere in sicurezza la rete ciclabile già a partire dal territorio comunale. La legge, inoltre, qualifica la Rete Bicitalia fra le infrastrutture di interesse strategico nazionale e prosegue nel percorso, iniziato negli anni novanta, per la creazione di una rete ciclabile transeuropea chiamata Eurovelo, ancora oggi non definitivamente realizzata, che si proponeva di collegare ben quarantadue paesi, con oltre 70.000 chilometri di percorsi ciclistici. Il progetto ambizioso all'origine della nuova normativa è quello di creare una rete cicloviaria su scala nazionale, di lunghezza non inferiore a 20.000 chilometri, articolata su tutto il territorio nazionale, al fine di garantire ai cittadini la possibilità di usufruire di questi percorsi in piena sicurezza, attraverso la predisposizione di misure adeguate ad integrare e connettere quest'ultima con le altre reti infrastrutturali di trasporto presenti nel territorio. Integrazione, interconnessione e continuità: questi tre caratteri, che dovranno essere propri della Rete Bicitalia, rappresentano un punto di svolta fondamentale per la programmazione futura e per il recupero di tutte quelle infrastrutture stradali che risultano ad oggi dismesse o inutilizzate, al fine di migliorare i collegamenti e portare ad una sempre maggiore penetrazione nei centri storici e nei luoghi di interesse turistico-culturale, anche attraverso l'adozione di più stringenti provvedimenti di moderazione del traffico dei mezzi motorizzati. Con questa legge, giunta proprio al fotofinish della scorsa Legislatura, si compie, quindi, un primo importante passo in avanti, fornendo una risposta seria, concreta e di prospettiva ad un problema molto sentito, anche in virtù dell'aumento degli incidenti che, purtroppo, hanno già provocato un significativo numero di vittime. Proprio per monitorare la situazione della sicurezza verrà creato un sistema informativo sull'infortunistica stradale dei ciclisti, da realizzare su una piattaforma pienamente accessibile e consultabile all'interno del sito istituzionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che vedrà la stretta collaborazione tra la Direzione generale per la mobilità ciclistica e l'ISTAT. La bicicletta, nelle intenzioni del Legislatore, può e deve diventare anche uno strumento di sviluppo di un turismo sostenibile, rivolto ad una platea di persone in forte crescita, che può contribuire ad aumentare l'attrattività turistico-culturale del nostro Paese e valorizzare gli ampi spazi verdi sparsi su tutto il territorio nazionale. Le esperienze in altri Stati europei, come la Germania, hanno, peraltro, già dimostrato che investire nel settore del cicloturismo comporta un surplus di risorse che, non solo ripaga gli investimenti fatti sulle infrastrutture, ma porta un significativo vantaggio per l'indotto e produce un forte ritorno occupazionale. L'approvazione trasversale della legge da parte dei vari partiti in entrambi i rami del Parlamento, fa ben sperare sul cammino di questo percorso intrapreso nel 2015, che dovrà vedere ulteriori passi in avanti già a partire dai prossimi mesi. Rimaniamo comunque fiduciosi che non si perda l'occasione di portare a compimento una svolta culturale di grande rilevanza sotto ad ogni punto di vista.
Dott. Alessandro Torri
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Autore: Alessandro Torri