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La Consulta salva l'art. 18

Con la sentenza di ieri, la Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo l'art. 18 come modificato dal Jobs Act


di Gabriella Lax - La Corte Costituzionale salva il nuovo art. 18 dello Statuto dei lavoratori. La violazione dell'ordine provvisorio di riassunzione espone l'azienda a risarcire i danni. Con la sentenza n. 86/2018, relatore Mario Morelli, l'organo di garanzia costituzionale riconosce, infatti, la natura risarcitoria, e non retributiva, all'indennità che spetta al lavoratore che non venga immediatamente reintegrato nel posto di lavoro per ordine del giudice.

Corte costituzionale, prima sentenza sul Jobs Act

La vicenda ha origine da un giudizio di opposizione, la cui proponente è una lavoratrice contro il decreto ingiuntivo con il quale la Cassa rurale sua datrice di lavoro, le aveva richiesto la restituzione dell'indennità corrisposta per il periodo intercorrente tra la data del licenziamento e la data della sentenza che aveva riformato l'ordinanza di annullamento del licenziamento per giusta causa intimatole e di reintegrazione nel posto di lavoro, emessa a conclusione della fase sommaria. Sulla questione, il giudice monocratico del Tribunale ordinario di Trento, sezione lavoro, ha premesso la rilevanza e ritenuta la non manifesta infondatezza, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 18 (Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo), quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 come novellato dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), «nella parte in cui [...] attribuisce, irragionevolmente, natura risarcitoria, anziché retributiva, alle somme di denaro che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere in relazione al periodo intercorrente dalla pronuncia di annullamento del licenziamento e di condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro provvisoriamente esecutiva fino all'effettiva ripresa dell'attività lavorativa o fino alla pronuncia di riforma della prima».

Natura risarcitoria e non retributiva dell'indennità del lavoratore, il fatto

L'articolo 18 ha superato l'esame di costituzionalità circa la natura "risarcitoria" dell'indennità dovuta dall'azienda che si rifiuti di eseguire l'ordine provvisorio di riammissione in servizio del dipendente licenziato. Dunque, come specifica un comunicato della Consulta, indennità che va quindi restituita in caso di successiva riforma del provvedimento. Il datore di lavoro che non esegue l'ordine di reintegrazione provvisoriamente esecutivo, perché preferisce "scommettere" sulla sua successiva riforma, può essere messo in mora dal dipendente e andare incontro al risarcimento del danno per la mancata reintegrazione, da quando è stato emesso l'ordine a quando è stato riformato.

Secondo i giudici «la concreta attuazione dell'ordine di reintegrazione non può prescindere dalla collaborazione del datore di lavoro poiché ha per oggetto un facere infungibile». Di conseguenza però l'inadempimento del datore di lavoro diventa un «illecito istantaneo ad effetti permanenti», fonte di un'obbligazione risarcitoria del danno da parte del datore nei confronti del dipendente non reintegrato. La norma denunciata, quindi, non è irragionevole ma, secondo la Corte Costituzionale «coerente al contesto della fattispecie disciplinata- proprio perché - l'indennità è collegata a una "condotta contra ius del datore di lavoro e non a una prestazione di attività lavorativa da parte del dipendente". Ne deriva la natura risarcitoria (e non retributiva) dell'indennità, e l'obbligo del lavoratore di restituirla se l'ordine di reintegrazione viene riformato. Infine, secondo la Consulta, "scommettere" sulla riforma dell'ordine di reintegrazione, senza eseguirlo, può essere fonte di risarcimento dei danni da parte dell'azienda. In questo caso il lavoratore potrà mettere in mora il datore di lavoro che si rifiuti di adempiere l'ordine di riassunzione provvisoriamente esecutivo. E la messa in mora darà la possibilità al lavoratore di chiedere all'azienda, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni subiti per il mancato reintegro, da quando è stato emesso l'ordine provvisoriamente esecutivo a quando è stato riformato.

Data: 24/04/2018 17:00:00
Autore: Gabriella Lax