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Responsabilità medica: non responsabile il radiologo per la tardiva diagnosi

Per la Cassazione il radiologo effettua la mammografia e ne dà lettura, senza sostituirsi alla valutazione clinica degli specialisti


di Lucia Izzo - Non è responsabile della tardiva diagnosi di carcinoma al seno il radiologo che ha effettuato la mammografia: questi, infatti, è chiamato solo a eseguire l'esame diagnostico e a darne corretta lettura, ma non a consigliare lo svolgimento di altri esami o a richiedere il consulto di altri specialisti ai quali, invece, si sarebbe dovuta affidare la paziente per una completa valutazione clinica.


Tanto emerge dall'ordinanza n. 10158/2018 (qui sotto allegata) pronunciata dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione.

La vicenda

In giudizio erano stati chiamati da una paziente, poi sottoposta a operazione per rimuovere un tumore al seno, due radiologi che l'avevano visitata e l'Ospedale presso il quale lavoravano, affinchè fossero condannati a risarcirle i danni derivati dalla tardiva diagnosi della patologia a sua volta conseguita alla mancata esecuzione di approfondimenti assolutamente necessari e ineludibili, ai fini di una diagnosi senologica corretta ed esaustiva.

Tuttavia, il Tribunale, dopo l'esperimento di diverse consulenze tecniche medico-legali, respingeva la domanda della paziente, decisione poi confermata anche dalla Corte d'Appello. Infine, ad agire in Cassazione sono gli eredi della signora, deceduta nelle more del giudizio, ma anche gli Ermellini respingono il ricorso in quanto la sentenza impugnata supera il vaglio di correttezza logico-formale e non viola alcuna norma di legge.

Sfugge alle prerogative della Cassazione, infatti, un riesame nella vicenda nel merito e la rivalutazione delle prove raccolte anche se la sentenza richiama sommariamente la complicata vicenda che aveva condotto alla morte la paziente soggetta a una malattia che aveva avuto un decorso estremamente rapido.

Responsabilità medica: i radiologi non possono sostituirsi a medici specialisti

Dalle consulente esperite in sede di merito, infatti, emergeva che non era passabile di censure la condotta dei sanitari, trattandosi di medici radiologi e, dunque, non clinici e neppure chirurghi, i quali di certo non potevano sostituirsi a questi ultimi non rientrando nei loro compiti quello di visitare la paziente.

D'altronde appare evidente come l'esame mammografico non fosse da solo sufficiente alla formulazione di una diagnosi senologica corretta e a questo avrebbe dovuto precedere o seguire la valutazione clinica da parte dello specialista (senologo od oncologo) al quale, nel caso di specie, la signora aveva ritenuto di non doversi rivolgere, anche se ciò avrebbe probabilmente consentito una diagnosi più precoce del tumore.

Anche la Corte d'Appello, evidenziata la complessità delle questioni, aveva confermato tale conclusione dopo aver, tuttavia, richiesto un'ulteriore CTU: anche questa, però, aveva ritenuto insussistenti colpevoli omissioni dei due radiologi ed escluso contributi causali rispetto alla mancata o tardiva diagnosi della neoplasia.

Nella prima radiografia alla quale la paziente si era sottoposta, infatti, era emersa solo la presenza di un "piccolo cluster" di microcalcificazioni, di natura probabilmente benigna; secondo la perizia, anche se a tale esame fosse seguita una ecografia mammaria, inverosimilmente si sarebbe potuto segnalare, sia pure in fase "inizialissima", il nodulo maligno emerso successivamente.

Poichè spetta al giudice di merito vagliare le risultanze processuali nel loro complesso e indicare gli elementi sui quali intende forndare il proprio convincimento, alla Cassazione non rimane che il controllo della sentenza impugnata sotto l'esclusivo profilo logico-formale della correttezza giuridica.

Sotto tale aspetto, concludono gli Ermellini, la sentenza impugnata appare coerente posto che: il focolaio di neoplasia era stato evidenziato solo nella terza mammografia eseguita in quanto non visibile nelle prime due effettuate dalla paziente.

Dai primi due esami emergevano microcalcificazioni benigne e i due sanitari si erano attenuti alle linee guida internazionali sul punto che prevedono un follow up mammografico da effettuarsi in tempi brevi (e non indagini invasive, quali la biopsia in sterotassi) e avevano consigliato alla donna di sottoporsi a controlli ravvicinati.


Tra l'altro, conclude la Corte i due sanitari, in qualità di radiologi, erano chiamati solo a eseguire la mammografia e a darne corretta lettura, non rientrando nei loro compiti suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere un consulto di altri specialisti.
Data: 02/05/2018 09:00:00
Autore: Lucia Izzo