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Fallimento: il curatore può avvalersi del giudicato tributario favorevole

La Cassazione si esprime sugli effetti di un contenzioso tributario instaurato dal contribuente prima del fallimento


di Enrico Pattumelli - In tema di insinuazione al passivo, nell'ipotesi di cartella non impugnata dal contribuente fallito nei termini previsti, rimane la possibilità per il curatore di avvalersi del giudicato favorevole ottenuto dal fallito. E' quanto ha affermato la Cassazione con l'ordinanza n. 12854/2018 (sotto allegata).

Il caso di specie

Un'agenzia di riscossione otteneva l'insinuazione al passivo del proprio credito nella procedura fallimentare di una società.

L'esatta determinazione del credito era contestata tra le parti: veniva presentata opposizione al decreto di ammissione al passivo e, il Tribunale, in parziale riforma, accoglieva le istanze dell'agenzia, riconoscendo il credito in maggior misura.

La controversia veniva risolta facendo leva sull'esistenza di alcune cartelle esattoriali ma il giudice di merito non considerava gli esiti cui era addivenuto il giudice tributario.

Prima che la società venisse dichiarata fallita, il contribuente aveva provveduto ad impugnare un avviso di accertamento ed il giudizio si era concluso riconoscendo la sussistenza di un credito di minore importo.

Tale provvedimento giurisdizionale non è stato in alcun modo preso in considerazione dal giudice di merito e, proprio per queste ragioni, il fallimento della società propone ricorso in Cassazione.

La questione

Un curatore fallimentare può avvalersi di una situazione favorevole conseguita in sede tributaria da parte del fallito in relazione ad un procedimento instaurato prima dell'apertura del fallimento e successivamente proseguito con la sola partecipazione dello stesso contribuente?

Contribuente fallito e giudicato tributario

La Cassazione, con l'ordinanza in commento n. 12854/2018, ribadisce l'orientamento tenuto dalla giurisprudenza di legittimità.

Il contribuente fallito rimane esposto alla definitività degli atti impositivi ed è proprio per tale ragione che si riconosce eccezionalmente la legittimazione ad impugnare qualora gli organi fallimentari rimangano inerti.

La perdita della capacità processuale a seguito del fallimento non ha infatti carattere assoluto e può essere eccepita dal solo curatore nell'interesse del ceto creditizio.

La permanenza di una tale legittimazione ad agire in giudizio con la supervisione del curatore, consente a quest'ultimo di potersi avvalere dell'eventuale esito positivo.

Instaurato un contenzioso tributario prima dell'apertura del fallimento e proseguito dal solo contribuente, bisognerà verificare se esso possa dirsi o meno definitivo, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza.

Se la statuizione dovesse essere definitiva, il curatore potrà farla valere, sollevando la relativa eccezione. Conseguentemente, il giudice di merito sarà vincolato e dovrà ammettere la minor somma così come risultante dal provvedimento tributario passato in giudicato.

Se il procedimento tributario dovesse essere ancora pendente, il credito portato a ruolo dovrà essere ammesso con riserva. Il giudice di merito dovrà dunque differire all'esito del giudizio l'eventuale minor somma stabilita come dovuta.

La sentenza impugnata viene dunque cassata con rinvio dal momento che il giudice di merito non ha svolto tali verifiche e, conseguentemente, non ne ha vincolato la propria decisione.

Data: 27/05/2018 11:16:00
Autore: Enrico Pattumelli