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Debito pubblico e quantitative easing

Brevi considerazioni sulle peculiarità del debito pubblico italiano e gli interventi della BCE


di Roberto Paternicò - Nel Bollettino Statistico mensile di Marzo 2018 la Bankitalia segnala che il debito pubblico italiano si è attestato a poco più di 2.302 miliardi di euro, rispetto ai 2.286 miliardi del mese precedente e ai 2.263 miliardi di fine 2017. Tale debito, quale sommatoria dei deficit annuali che l'Italia si trascina dal passato, è composto, ad oggi, per l'84% dagli interessi per i titoli di Stato emessi, di cui: il 68,7% (debito interno) sottoscritto da investitori italiani e il 31,3% (debito esterno) sottoscritto da quelli esteri (area non euro il 5,1% e area euro il 26,25).

Il debito pubblico

Come previsto dal Patto di stabilità e crescita UE, ai fini di una valutazione della solidità finanziaria ed economica di uno Stato, più che il valore assoluto del debito, è importante considerare l'indice rappresentato dal rapporto tra il debito pubblico e il Prodotto interno lordo, proprio perché il PIL rappresenta il parametro di quanto uno Stato possa risanare il proprio debito pubblico con diverse metodologie (es: politiche di bilancio pubblico di tipo restrittivo ovvero con tagli alla spesa pubblica e/o con un aumento delle entrate statali da prelievo fiscale, recupero da evasione fiscale, privatizzazioni di enti e proprietà pubbliche, condoni ecc. oppure con l'emissione di nuovi titoli di stato con l'inconveniente però di aumentarne il rendimento atteso dal finanziatore/investitore e quindi la spesa per interessi).

La crescita economica di fondamentale importanza, non necessariamente potrebbe limitare l'aumento del debito e per capirne la reale valenza sarebbe utile applicare il deflattore del PIL che permetterebbe di conoscere quanto un'economia sta crescendo realmente, a prescindere dai prezzi. Una difficile soluzione in assenza di una ripresa dell'inflazione a causa delle modeste dinamiche economiche.
In generale, quindi, uno Stato può avere un debito pubblico elevato, ma anche un PIL elevato (es. Stati Uniti) senza per questo incorrere in situazioni di pericolo finanziario ovvero di rischio insolvenza.
Ciò che, invece, è interessante analizzare è la differenza tra debito pubblico esplicito (il volume dei titoli di stato emessi da un paese) e debito pubblico implicito (spesa e stato sociale: l'assistenza, la sanità, le regole, i requisiti per il pensionamento etc.) in riferimento ai Parametri di Maastricht che non contemplano il cd. debito pubblico implicito.
Nel 2014, secondo la Fondazione tedesca Stiftung Marktwirtschaft (SM) "Fondazione per l'economia di mercato Marktwirtschaft" considerando sia il debito pubblico "esplicito" sia quello "implicito", il debito pubblico totale italiano era l'unico nella Ue ad essere sotto il fatidico tetto del 60% del PIL, precisamente al 57%, mentre quello tedesco era addirittura quasi tre volte più elevato. Alla Germania, il primato del maggior debito pubblico europeo: 2080 miliardi, secondo Eurostat, pari all'83,2% del prodotto interno lordo. Infatti, l'Italia aveva (possiede, ancora) un risparmio "implicito" attualizzato molto elevato che riduce il debito "esplicito" per cui il "debito totale" del nostro Paese risultava (unico nella Ue) al di sotto del 60% del PIL, mentre la Germania era al 149%, la media della Ue al 266%, la Francia al 291%, la Gran Bretagna al 498% e la Spagna al 592%. Per la Germania, inoltre, alla data della rilevazione, se si fosse aggiunta, anche, la parte di spesa pubblica derivante da pensioni e servizi sociali il debito pubblico tedesco sarebbe schizzato al 197% del PIL.

Fantasia o realtà?

ll problema, quindi, per l'Italia sembra essere rappresentato dagli eccessivi interessi. La spesa per interessi é fortemente aumentata e cumulata negli anni proprio perché lo Stato è stato costretto a finanziarsi sul mercato (aggiungiamo, anche, la BCE) mentre prima, i finanziamenti, a costo zero, di Banca d'Italia (unica banca centrale) ne riducevano l'onere ad un livello pari o inferiori all'inflazione e quindi il debito non si accumulava (in percentuale sul PIL).
L'Italia paga interessi intorno al 2,4% e in questo periodo intorno al 3,21%, a causa della crisi politica che ha spaventato i mercati, mentre la Francia paga lo 0,7% e la Germania lo 0,4%. Se il principio iniziale dell'adesione alla UE era quello di una moneta unica, rinunciando ai tassi di cambio, il corrispettivo doveva essere un unico tasso di interesse e rischi condivisi. Dal 2010, però, con l'esplosione della crisi, Germania e Francia hanno temuto la condivisione dei debiti con altri Stati in difficoltà, dando il via al cd."spread", quindi: la BCE presta soldi alle banche dei vari paesi dell'Eurozona che vengono comprati a tassi di interesse diversi, in base al grado di rischio del Paese.

Infine, da evidenziare, il discusso "fiscal compact" (patto di bilancio con il limite del 3% del deficit) che richiederebbe, anche, un aumento delle tassazioni.
In Italia, sarebbe devastante e andrebbe a colpire, proprio, il proverbiale risparmio degli italiani che produce, invece, effetti positivi sul debito pubblico "esplicito". Alcuni esempi:
- un'imposta patrimoniale sui risparmi e un aumento dell'imposta di bollo sui conti correnti (da 0,20% a ….?);
- la rivisitazione degli estimi catastali per l'aumento dell'IMU;
- una "rivisitazione" delle contribuzioni sulle pensioni considerate alte?(2.500/3.000 euro lordi mensili);
- una possibile riduzione delle franchigie sulle eredità e donazioni e quindi una più ampia tassazione.
Il tutto ridurebbe, di conseguenza, la capacità di spesa e i relativi effetti sulla ripresa delle dinamiche economiche.

Il Quantitative easing (QE)

La BCE non può operare come la Fed, la Bank of England e la Banca del Giappone che possono, invece, acquistare i rispettivi titoli di Stato fino a scadenza monetizzando lo stesso debito a costo zero per lo Stato. Gli interessi, in tal modo, diventano una partita di giro tra la banca centrale e la tesoreria di Stato, cancellando il debito e emettendo moneta per riattivare la domanda depressa. La BCE potrebbe, eventualmente, fare in modo di non dismettere sul mercato i titoli di Stato, comprati dalle banche centrali nazionali, ma acquistarli portando all'estinzione i prestiti erogati alle Banche centrali nazionali. Il problema è che la UE non è uno Stato, tanto meno la BCE è l'unica Banca Centrale. Nel "programma di acquisto di titoli pubblici (PSPP)" i profitti che la Banca d'Italia riceve dai titoli acquisti non sono condivisi dall'intero Eurosistema, ma restano alla Banca d'Italia stessa.
Inoltre, "Sebbene la BCE non emetta materialmente banconote, è stato deciso di considerare come emesso dalla Banca centrale europea l'8% di tutte le banconote in circolazione nell'area dell'euro, in termini di valore. Le banche centrali nazionali immettono in circolazione le banconote per conto della BCE, che percepisce il reddito da signoraggio sulla quota dell'8% in virtù del credito nei confronti delle banche centrali nazionali."
Un discorso, a parte, va fatto per il Target 2 che è il sistema europeo con cui si registrano i pagamenti fra banche per cui ogni pagamento tra Italia ed estero diviene un rapporto di debito/credito tra Banca d'Italia e le altre banche centrali dell'Eurozona. Ad esempio, se una banca italiana, anche, per conto di un cliente, compra dei titoli pubblici tedeschi il saldo della Germania sale, ma se la Banca d'Italia acquista un titolo di stato italiano direttamente da una banca tedesca, i fondi sono automaticamente trasferiti all'estero senza mai transitare in Italia e poiché la Bundesbank gestisce, anche, gli acquisti di controparti dell'Unione Europea al di fuori dell'Eurozona questo effetto diretto produce la forte e sproporzionata crescita del saldo tedesco.
Negli ultimi anni, inoltre, con l'avvio del QE, si é registrato che la Banca d'Italia acquistando titoli di stato italiani da investitori privati ha fornito, agli stessi, risorse finanziarie che sono state reinvestite, nella maggioranza dei casi, all'estero e non all'interno del circuito finanziario nazionale, peggiorando così il saldo Target 2 dell'Italia.
Data: 31/05/2018 16:00:00
Autore: Roberto Paternicò