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Responsabilità medica: divieto di espatrio per chi pratica l'eutanasia

La Cassazione conferma la misura cautelare nei confronti di un medico che aveva provocato consapevolmente la morte del fratello, non consenziente, e verosimilmente di altri pazienti


di Valeria Zeppilli – Con la sentenza numero 26899/2018 qui sotto allegata, la Corte di cassazione si è pronunciata sulla vicenda di un medico anestesista che, utilizzando la propria competenza professionale, aveva praticato l'eutanasia nei confronti del fratello, non informato né consenziente, così provocandone la morte con un non irrilevante anticipo rispetto a quello che la sua malattia faceva ipotizzare.

La misura cautelare resta

Il medico, una donna alla quale era stata inflitta la misura cautelare del divieto di espatrio, si era rivolta ai giudici supremi per veder revocato tale provvedimento, ma con esito negativo.

La piena consapevolezza di provocare la morte del fratello, la sussistenza di sospetti casi di precedenti analoghi interventi, la facilità di accesso illecito ai farmaci necessari e il radicamento all'estero della ricorrente sono stati considerati elementi più che sufficienti a confermare la misura adottata dal G.I.P. e già ratificata dal Tribunale del riesame.

Differenza tra eutanasia e sedazione profonda

Nella pronuncia in commento, la Cassazione ha anche ricordato quali sono le differenze tra eutanasia e sedazione profonda.

L'eutanasia, in particolare, deve essere definita come "un'azione od omissione che ex se procura la

morte, allo scopo di porre fine a un dolore". La sedazione profonda, invece, è la "somministrazione intenzionale di farmaci, nella dose necessaria richiesta, per ridurre, fino ad annullare, la coscienza del paziente, per alleviarlo da sintomi fisici o psichici intollerabili nelle condizioni di imminenza della morte con prognosi di ore o poco più per malattia inguaribile in stato avanzato e previo consenso informato".

Data: 15/06/2018 22:00:00
Autore: Valeria Zeppilli