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Avvocato in "affitto": quale futuro in Italia

Da un noto studio londinese l'idea dell'avvocato in "affitto" nei periodi di maggior lavoro. In Italia questo modello è realizzabile?


di Annamaria Villafrate - L'idea dell'avvocato in "affitto" nasce a Londra e con successo. L'esperienza pionieristica parte dallo studio Hogan Lovells, che nei periodi di maggior lavoro si avvale di avvocati esterni "in affitto". Un modello che potrebbe essere facilmente esportato in Italia, se si riuscisse ad aprire la mente a nuovi scenari lavorativi basati più sulla collaborazione che sulla competizione.

L'idea dell'"avvocato in affitto" nasce a Londra

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L'esperimento dei consulenti a tempo è il nuovo trend al momento tutto inglese. L'idea è venuta al noto studio legale Hogan Lovells con sede anche a Washington e distaccamenti sparsi in Europa, Asia, Medio oriente e America Latina.

Come riportato dal Sole24Ore, all'inizio lo studio londinese si è avvalso della collaborazione degli "avvocati in affitto" solo per svolgere attività "paralegali" come revisioni di contratti e documenti vari. Poi però si è accorto che il lavoro aumentava vertiginosamente verso la fine dell'anno. Da qui l'idea di chiedere la collaborazione di avvocati junior e senior per smaltire più velocemente queste incombenze.

Questa sorta di "test" ha avuto subito un buon riscontro da parte dei clienti, soddisfatti perché in tempi brevi risolvevano i loro problemi legali, ma anche dai professionisti "affittati". Del resto non tutti gli avvocati amano i ritmi stressanti e il super lavoro. C'è anche chi desidera dedicare più tempo alla famiglia e alle proprie passioni e godersi uno stile di vita modesto, ma tranquillo, senza trascurare per questo la carriera professionale.

In Italia può decollare l' "avvocato in affitto"?

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L'idea naturalmente ha pro e contro. Da un lato, infatti, si corre il rischio di creare una sorta di precariato delle professioni legali. Dall'altro, però, la condizione dell'avvocatura in Italia non è fiorente e il fatturato è spesso concentrato nelle mani di pochi grandi studi legali, siti soprattutto nelle principali città italiane, con un carico di lavoro difficile da assorbire.

Perché allora non affidare le piccole cause o le attività paralegali (stesura di contratti e testamenti, trattazione stragiudiziale di risarcimenti danni da circolazione stradale o responsabilità medica) a giovani avvocati esterni? In questo modo lo studio potrebbe fornire un servizio rapido e di qualità al proprio cliente e il giovane avvocato riuscirebbe a farsi le ossa e ad avere qualche entrata in più.

Il mercato del lavoro esige flessibilità, ma anche una maggiore collaborazione tra chi ha più possibilità e chi ne ha di meno. L'esperienza insegna che un sistema di lavoro accentrato non porta a niente. Meglio un modello solidale in cui valorizzare i punti di forza di ciascuno.

"Avvocato in affitto nelle aziende": nessun futuro in Italia

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Al fenomeno dell'avvocato in affitto presso grandi studi legali solo smaltire carichi di lavoro temporanei, si sta affiancando quello dell'avvocato in affitto nelle aziende. Un fenomeno di origine anglosassone battezzato "secondment". In sostanza il legale viene "distaccato" presso un'azienda, giusto il tempo necessario alla prestazione richiesta, che il più delle volte è rappresentata da una consulenza in materia di marchi, brevetti, previdenza o altro. Una pratica che rischia però di allontanare definitivamente il professionista dallo studio di provenienza. Del resto quale azienda non vorrebbe un avvocato sempre a disposizione per risolvere ogni problematica legale e non proverebbe, con il passare del tempo, di inglobarlo all'interno della sua organizzazione?
Ma non è tutto. Negli Stati Uniti ci sono siti web in cui le aziende possono trovare elenchi di studi legali disponibili ad offrire la loro consulenza, senza il bisogno di un incontro conoscitivo preventivo. Un sistema che non garantisce la qualità della prestazione professionale, visto che la scelta si appiattisce prevalentemente sul prezzo.
Per fortuna in Italia il secondment non è destinato a trovare terreno fertile. La ragione è da identificare soprattutto sulla diversità della professione legale, che in Inghilterra e Stati Uniti è più incentrata sulla consulenza, mentre in Italia, sulla difesa in giudizio. Una differenza non trascurabile, che potrebbe evitare la formazione di una classe di professionisti della legge, privi della necessaria indipendenza richiesta dall'attività forense e continuamente in balìa dei bisogni, il più delle volte puramente momentanei, delle aziende.
Data: 05/11/2019 09:00:00
Autore: Annamaria Villafrate