Rottamazione quinquies: verso un nuovo "condono" fiscale Alice Cometto - 16/11/24  |  L'ipoteca a garanzia dell'assegno di mantenimento Matteo Santini - 10/11/24  |  La scienza smascherata United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 21/06/23  |  Compiti a casa: i docenti devono usare il registro elettronico  Redazione - 12/04/23  |  Annullate multe over50: la prima sentenza United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 26/03/23  |  

Processo civile: le decisioni "a sorpresa" del giudice

La Cassazione coglie l'occasione per ribadire quando una sentenza afferisca questioni decise dal giudice civile senza averle preventivamente sottoposte alle parti


di Enrico Pattumelli - L'ordinanza della Corte di Cassazione che ci si appresta a commentare (n. 17053 del 2018 sotto allegata), permette di richiamare ed approfondire un tema di diritto processuale civile: le decisioni "a sorpresa" ad opera del giudice.

La tematica afferisce, come si avrà modo di mettere in luce, le statuizioni del giudice civile relativamente alle quali le parti processuali non abbiano avuto modo di esercitare le proprie difese.

Il caso di specie

Si instaurava un giudizio avente ad oggetto una richiesta di risarcimento per i danni cagionati a seguito di un sinistro stradale.

Nello specifico l'attore, conducente di un ciclomotore, riportava delle lesioni personali a seguito dell'impatto avuto con un'autovettura di proprietà della convenuta.

Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria sull'assunto che non vi fossero prove idonee sia per attestare la dinamica dell'incidente, sia per il nesso causale intercorrente tra il sinistro ed i danni lamentati dall'attore.

Il giudice di prime cure infatti, prima di emettere la relativa sentenza, aveva concesso due rinvii in favore dell'attore per consentire a quest'ultimo di ricostruire il proprio fascicolo andato perduto.

Impugnata la decisione, la Corte d'Appello rigettava anch'essa la domanda, riformando in parte la sentenza di primo grado.

Secondo la Corte risultava provata la verificazione del sinistro sulla base delle dichiarazioni rese dall'unico teste escusso ma altrettanto non si poteva affermare in relazione al nesso di causalità giuridica.

Nel dettaglio, si sosteneva che il referto medico risalente al giorno dell'incidente e l'attestazione del contestuale ricovero non risultassero né depositati né allegati nel fascicolo di parte.

Il referto radiologico era l'unica prova utilizzabile ma questo possedeva una data temporalmente distante da quella del sinistro che, di conseguenza, lo rendeva inidoneo a provare il nesso di causalità intercorrente tra il sinistro ed i presunti danni cagionati.

L'attore, nonché appellante, decideva di ricorrere in Cassazione.

Il motivo di ricorso

Il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, invocando gli artt. 101 c.p.c., 3 e 111 co 2 Cost..

Secondo la prospettazione di parte, la Corte d'Appello avrebbe errato nel rilevare direttamente in sentenza la mancanza della documentazione sanitaria, ritenendo quest'ultima indispensabile ai fini della decisione.

Nonostante risultasse evidente che la mancanza dei predetti documenti nel fascicolo di parte non fosse addebitabile alla parte, i giudici hanno rigettato l'appello per difetto di prova senza che ciò fosse preceduto da alcuna comunicazione.

In altri termini, i giudici di appello avrebbero potuto rendere edotte le parti di tali mancanze ed esplicitare la necessareità della documentazione ai fini della decisione.

Non aver posto in essere tali accorgimenti avrebbe così cagionato un pregiudizio allo stesso ricorrente, poiché questi avrebbe potuto fornire la documentazione richiesta, sicuramente esistente in primo grado, potendo così auspicare in un diverso esito dell'impugnazione stessa.

Il ricorrente sostiene che la consulenza tecnica di parte, espletata in primo grado, richiama puntualmente tutti i documenti sanitari e ciò attesterebbe in maniera evidente la relativa esistenza in giudizio.

Le decisioni "a sorpresa" del giudice civile

Il principio del contraddittorio è uno dei pilastri fondanti del nostro ordinamento.

Il giudice può decidere la controversia solo se sia stata garantita l'attiva partecipazione al processo di tutte le parti processuali.

La principale finalità è quella di poter pervenire ad una decisione disponendo di una conoscenza quanto più completa e veritiera dei fatti di causa.

Come noto, per ciò che più interessa, il principio di cui si discute è sancito all'art. 111 della Costituzione e all'art. 101 del codice di procedura civile.

La norma costituzionale permette di desumere che il principio del contraddittorio è funzionale all'attuazione del principio del giusto processo.

Un processo, per potersi considerare "giusto", deve svolgersi entro un tempo ragionevole, davanti ad un giudice terzo ed imparziale e deve altresì assicurare il contraddittorio tra le parti, queste ultime in posizione di parità.

La norma codicistica, al suo primo comma, prevede che il giudice, salva diversa disposizione di legge, non può statuire su alcuna domanda se la parte contro la quale è stata promossa non è stata regolarmente citata e non è comparsa.

Si coglie così che la succitata disposizione è volta a garantire la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti ed interessati.

Questa è, d'altronde, la ratio sottesa agli istituti che regolano la costituzione delle parti in giudizio come, ad esempio, il litisconsorzio.

L'inciso "salva diversa previsione" non si riferisce alle ipotesi in cui il contraddittorio sia pretermesso ma ai casi in cui esso è ritardato. Si pensi ad esempio al procedimento ingiuntivo, nel quale il contraddittorio viene integrato nella fase successiva ed eventuale di opposizione.

Il comma successivo dell'art. 101 c.p.c. considera una specifica applicazione del principio del contradditorio ossia l'ipotesi delle decisioni "a sorpresa", definite anche decisioni "della terza via".

Una tale situazione si riviene ogni qualvolta il giudice rilevi ex officio una questione ritenuta decisiva ai fini della deliberazione ma non discussa dalle parti.

In tali casi il giudice non è libero di decidere la questione direttamente in sentenza ma, al contrario, ha l'obbligo di riconoscere alle parti un termine, tra i venti ed i quaranta giorni, affinché queste possano esercitare le proprie difese con il deposito in cancelleria di eventuali memorie difensive.

Contravvenire ad un tale adempimento comporta la nullità del provvedimento.

Un siffatto esito si pone come necessario poiché una decisione a sorpresa si attesta quale palese violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.

Una decisione relativamente ad una questione non discussa dalle parti preclude a queste ultime di partecipare attivamente nel processo e viola il diritto di difesa che è, come noto, inviolabile.

Il comma in esame è stato inserito con la Legge 69 del 2009, integrando quanto previsto in tema di processo ordinario di cognizione e, in particolare, dall'art. 183 co 4 c.p.c.

Già prima di un tale intervento, il prevalente orientamento giurisprudenziale era pervenuto alla medesima conclusione considerando proprio l'art. 183 co 4 c.p.c. nella parte in cui impone al giudice di sottoporre alle parti le questioni rilevabili d'ufficio.

Si può così affermare che la novella legislativa non ha introdotto ex novo un obbligo prima inesistente ma lo ha rafforzato, esplicitandolo.

Per completezza è opportuno evidenziare come, secondo la giurisprudenza, il ricorrente che si avvalga dei rimedi processuali per ottenere la declaratoria di nullità della sentenza, è onerato dalla prospettazione delle ragioni che in concreto avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla questione decisiva fosse stato tempestivamente attivato (ex multis Cass. 11453/2014).

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara infondato il motivo di ricorso.

La diversa valutazione del materiale probatorio o il mancato rinvenimento di documenti decisivi ma non riportati neanche nel fascicolo di parte, non obbligano il giudice a dover stimolare il contraddittorio.

Nel caso di specie, il giudice non ha rilevato una questione ex officio né è pervenuto ad una decisione a sorpresa.

L'organo giudicante ha solo rilevato il mancato deposito della documentazione sanitaria, confermato anche dalla mancata menzione dei predetti documenti nell'indice degli allegati nel fascicolo di parte.

Un tale rilievo afferisce la normale fase di valutazione delle prove e non comporta alcun obbligo di rimettere la causa sul ruolo.

Tali evenienze permetto al contrario di desumere che sia onere di ciascuna parte processuale verificare la regolare produzione di tutti i documenti e la relativa disponibilità di essi al momento della decisione finale.

Il ricorrente, in sede di impugnazione, non ha fatto alcun riferimento alla circostanza che il fascicolo di parte fosse stato smarrito più volte durante il giudizio di prime cure per una causa a lui non imputabile.

Una tale deduzione avrebbe comportato degli ulteriori accertamenti dai quali la vicenda avrebbe potuto avere un epilogo differente.

Non individuandosi così un onere del giudice ma, al contrario, il mancato assolvimento di un onere in capo alla parte, i giudici di legittimità rigettano il ricorso e decidono sulle relative spese processuali.

Leggi anche: La nullità delle sentenze a sorpresa o della "terza via"

Data: 16/07/2018 14:00:00
Autore: Enrico Pattumelli