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Dipendente mortificato: cosa può fare?

Breve guida sulle regole da seguire per superare situazioni spiacevoli sul luogo di lavoro ed agire, in caso di danno, per un eventuale risarcimento


Avv. Francesco Pandolfi - Sei un dipendente e ti sei chiesto come mai, all'interno del luogo dove lavori, ogni tanto vengono fuori strane situazioni nei tuoi confronti: eppure sei sempre stato attento ai rapporti interni e rispettoso dell'altrui ruolo.
Comunque, pur volendo lavorare tranquillamente e in armonia con i colleghi e i superiori qualche volta sei stato insultato o ti sei trovato a discutere animatamente, altre volte hai dovuto seguire direttive che non condividevi; ci sono state circostanze poi dove sei stato ingiustamente rimproverato e incolpato di qualche fatto spiacevole accaduto in azienda.

Insomma, ti sono capitati episodi che ti hanno fatto stare male: circostanze secondo te ingiuste e fuori luogo.
Per questo, sentendoti mortificato, hai iniziato a pensare e a chiederti se ci fosse un modo per reagire a tutto questo.

Come reagire

Quando il datore di lavoro ti ha incolpato per vicende dove ti sei dichiarato estraneo, hai avuto la brutta sensazione di trovarti in un vicolo cieco: mai ti saresti aspettato di doverti giustificare per cose che non hai fatto o che, comunque, sono andate diversamente da come ti sono state rappresentate.
L'imprenditore però, senza ascoltare a fondo le tue ragioni, ha pensato di avviare lo stesso alcuni procedimenti disciplinari contro di te.
Di fronte a questo ti sei rivolto a chi ritenevi potesse darti un'assistenza per contestare queste accuse, ed effettivamente lo hai fatto con i ricorsi, mettendo anche in evidenza che durante questi periodi la tua condizione psico fisica è peggiorata sino a diventare una vera e propria malattia.

Come risolvere

Nel momento in cui hai portato la tua storia davanti ad un giudice, in causa è apparso chiaro dalle tue prove che quelle incolpazioni erano state in realtà illegittime.

In pratica sei riuscito a far accertare che le sanzioni disciplinari a te dirette erano da dichiararsi nulle e, spingendoti un pò più in avanti, hai anche rivolto al magistrato una domanda di risarcimento del danno arrecato alla tua salute dal datore di lavoro.
Con la domanda di risarcimento hai cercato quindi di porre un ulteriore rimedio a quel circolo vizioso che si era instaurato all'interno del tuo mondo lavorativo e alle ripercussioni sull'equilibrio del tuo vivere quotidiano.

Cosa ottenere

Quando hai deciso di presentare il ricorso avevi un'idea chiara: innanzitutto neutralizzare una volta per tutte gli odiosi ed ingiusti procedimenti disciplinari, poi dimostrare che a causa di queste autentiche macchinazioni contro di te il datore di lavoro ti ha procurato un danno serio alla salute, documentalmente dimostrato con tanto di referti di pronto soccorso provenienti da strutture sanitarie pubbliche, certificazione medica ordinata cronologicamente e perizia medico legale ben strutturata, dove il tuo specialista ha avuto l'accortezza di far risaltare il nesso causale tra le mortificazioni subite e l'insorgenza degli stati di malattia.
Avevi letto più volte che, secondo l'art. 2087 del codice civile, l'imprenditore è tenuto a tutelare la tua integrità psicofisica e questo concetto lo hai riportato nel giudizio.

Il principio che resta

Finito il percorso della causa hai avuto giustizia in quanto ti sei rapportato con un giudice di coscienza e molto esperto di queste problematiche.
Il tribunale ha precisato che ogni singola circostanza lesiva in ambito di lavoro deve essere valutata, proprio perchè la regola fissata dall'art. 2087 lo impone.
Quella norma protegge il dipendente e, pertanto, va sempre applicata a prescindere dalla quantità / serialità di atteggiamenti vessatori o mortificanti riscontrati.
Altre informazioni su questo argomento?
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Data: 23/07/2018 16:10:00
Autore: Francesco Pandolfi