Edilizia: Scia e tutela del terzo
di Giuseppe Rizzi - La materia edilizia è al centro di un'imponente opera di "deburocraticizzazione" nel nostro ordinamento: le esigenze di celerità, imposte dai frenetici ritmi del commercio e degli investimenti, hanno indotto il legislatore a rimuovere più di un ostacolo alla effettiva esplicazione di quella che può essere definita una delle più importanti manifestazioni del diritto del cittadino all'iniziativa economica di cui all'art. 41 della Costituzione.
- La "deburocraticizzazione" dell'edilizia
- Titoli abilitativi e segnalazioni: due facce della stessa medaglia
- Le segnalazioni: Scia ex l. n. 241/1990 e Scia edilizia
- La questione della natura giuridica della S.C.I.A. edilizia
- Tutela del terzo tra natura giuridica e tecniche processuali esperibili
- Qual è il dies a quo per l'azione di annullamento?
- Il legislatore del 2016 e le soluzioni adottabili de jure condendo
La "deburocraticizzazione" dell'edilizia
Titoli abilitativi e segnalazioni: due facce della stessa medaglia
Le segnalazioni: Scia ex l. n. 241/1990 e Scia edilizia
La legge 124/2015 ha modificato il comma 3 e 4 dell'art.19 della legge 241/90 in materia di segnalazione certificata di inizio dell'attività.
La nuova disciplina stabilisce che, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge per lo svolgimento dell'attività soggetta a SCIA, nel termine di 60 giorni dal ricevimento della scia, l'amministrazione adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa salvo che non sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente; nel qual caso, l'amministrazione, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie per la conformazione con la fissazione di un termine non inferiore a 30 giorni nonché disponendo, nel frattempo, la sospensione dell'attività intrapresa.
Dispone, infatti, il nuovo comma 3: L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, disponendo la sospensione dell'attività intrapresa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure stesse, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata.
In precedenza, invece, l'amministrazione competente, nei 60 giorni dal ricevimento della segnalazione, poteva adottare soltanto provvedimenti di divieto di prosecuzione e rimozione degli eventuali effetti dannosi salvo che ove ciò fosse possibile l'interessato non provvedesse di sua iniziativa a conformare alla normativa vigente la propria attività e i suoi effetti.
Disponeva, infatti, il precedente comma 3 dell'art 19 ora abrogato: L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni.
In sostanza, prima della riforma, il potere di individuare le misure necessarie per la conformazione a legge dell'attività intrapresa non era dato alla pubblica amministrazione competente, ma era un'iniziativa lasciata al privato interessato mentre all'amministrazione rimaneva soltanto il potere di assegnare un termine.
Ovviamente appare molto più coerente con l'esigenza di tutela della legalità, affidare all'amministrazione il potere di individuare le misure necessarie per la conformazione a legge dell'attività medesima.
Addirittura, nel nuovo testo del comma 3 dell'art. 19, il divieto di prosecuzione e la rimozione degli effetti dannosi dell'attività intrapresa possono essere pronunciati solo ove non sia possibile, la conformazione a legge; di conseguenza , è evidente che, in caso di accertata carenza dei presupposti e dei requisiti di legge, nei 60 giorni dal ricevimento della segnalazione, l'amministrazione dovrà innanzitutto valutare la possibilità di conformare a legge l'attività intrapresa, e solo ove non fosse possibile alcuna misura di conformazione, motivando proprio su tale impossibilità di conformazione, l'amministrazione potrà legittimamente vietare in modo definitivo la prosecuzione dell'attività.
L'atto motivato di divieto, dunque, dovrà essere motivato proprio con riferimento alle ragioni dell'impossibile conformazione mentre l'atto motivato di conformazione, dovrà spiegare le corrispondenza alla legge delle misure di conformazione individuate fissando per la loro realizzazione un termine congruo.
La legge si limita a stabilire solo la durata minima di tale termine congruo, 30 giorni, ma non quella massima proprio per consentire all'amministrazione di assegnare un termine di volta in volta adeguato alle misure di conformazione concretamente prescritte.
Nel frattempo, durante la realizzazione delle misure di conformazione l'attività intrapresa dovrà essere sospesa.
In merito al procedimento da seguire in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge della segnalazione della SCIA, occorre considerare che, per giurisprudenza ormai costante, dopo molteplici contrasti, a tale procedimento non sarebbe applicabile l'art.10 bis sul preavviso di rigetto perché si tratta di un aggravamento procedimentale vietato in generale dal secondo comma dell'art.1 della legge 241/90 e pertanto suscettibile di interpretazione e applicazione restrittive limitate ai soli procedimenti ad istanza di parte tra cui non rientra la SCIA.
La scia, infatti è un atto privato come conferma anche il comma 6-ter dell'art. 19 il quale dispone infatti che: La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili; pertanto, il decorso del termine di legge senza provvedimenti negativi, non equivale ad un'autorizzazione silenziosa in quanto il titolo legittimante deriva direttamente dalla legge previa segnalazione.
Occorre però evidenziare che al fine di fissare le misure più opportune di conformazione e soprattutto di stabilire il termine più idoneo, un confronto procedimentale con i privati interessati potrebbe svolgere un importante ruolo collaborativo ai fini della più corretta determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo e soprattutto deflattivo del futuro contenzioso.
Ad ogni modo sarà il responsabile del procedimento, di volta in volta, a valutare l'opportunità di una partecipazione procedimentale non necessaria per legge ovvero, ai sensi del 21 octies secondo comma della legge 241/90, evitabile laddove si possa dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento finale non sarebbe potuto essere diverso.
Ciò vale soprattutto con riferimento al provvedimento di sospensione dell'attività intrapresa che l'amministrazione deve disporre contestualmente alle misure di conformazione da attuare entro un determinato termine.
Tale sospensione è un atto vincolato d'ufficio e dovrebbe essere preceduto dalla comunicazione di avvio evitabile però ai sensi dell'art. 21 octies secondo comma della legge 241/90 il quale dispone che "Non e' annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non e' comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato"
In generale, il provvedimento di sospensione dell'attività intrapresa con l'imposizione delle misure di conformazione trattandosi di provvedimento d'ufficio a contenuto vincolato a fronte dell'accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge, non necessita di comunicazione di avvio di procedimento la cui carenza, comunque, a tutto voler concedere, configurerebbe non un'illegittimità ma solo un'irregolarità inidonea a legittimare l'annullamento dell'atto ai sensi dell'art. 21 octioes 2 comma della legge 241/90; tuttavia, in omaggio alla "duttilità" del procedimento amministrativo introdotta dalla legge 241/90 che ha rimesso alla discrezionalità del responsabile del procedimento in relazione alle peculiarità di ogni singola istruttoria, individuare i passaggi procedurali di volta in volta, necessari "per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria" (art. 6 lett.b), ove l'accertata carenza non sia così certa, allora sarà il responsabile del procedimento a valutare l'opportunità di anticipare le ragioni del diniego comunicando contestualmente l'avvio del procedimento di sospensione dell'attività per le misure di conformazione, in modo da collaborare con l'interessato anche in funzione deflattiva del contenzioso, per l'accertamento della carenza riscontrata e per la migliore individuazione delle modalità e della tempistica per la conformazione.
In sostanza, l'aggravamento degli adempimenti connessi alla partecipazione procedimentale sarà attuato quando avrà come contropartita il migliore svolgimento delle proprie competenze da parte dell'amministrazione e sarà evitato quando dalla partecipazione non potrebbe oggettivamente derivare alcun elemento istruttorio utile.
Il nuovo comma 4 dell'art.19 stabilisce che decorsi i 60 giorni dal ricevimento della segnalazione senza che l'attività intrapresa sia stata vietata ovvero senza che siano state ordinate misure per la conformazione a legge, l'amministrazione competente può adottare comunque i medesimi atti (cioè l'atto di divieto ovvero la sospensione dell'attività e le misure di conformazione) in presenza delle condizioni previste dal 21nonies, vale a dire ove sussistano ragioni di pubblico interesse da considerarsi prevalenti rispetto agli interessi dei destinatari e dei controinteressati, nonché entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 18 mesi.
Dunque dal 28 agosto 2015, pur in presenza di ragioni di pubblico interesse superiori e prevalenti rispetto alla sfera degli interessati e dei controinteressati, tuttavia oltre il termine di 18 mesi, l'amministrazione competente non potrà più né vietare l'attività intrapresa e neppure predisporre misure per la sua conformazione a legge con contestuale sospensione.
Il termine di 18 mesi decorre non dal ricevimento della SCIA bensì dalla scadenza dei primi 60 dal ricevimento della SCIA, ossia dalla scadenza del termine per adottare i motivati provvedimenti di divieto o di conformazione con sospensione senza alcun bisogno di motivazioni sull'interesse pubblico prevalente in bilanciamento con gli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
Pertanto le amministrazioni competenti debbono organizzare la tempistica della propria attività istruttoria sapendo che, entro 60 giorni dal ricevimento della SCIA, potranno vietare l'attività intrapresa ovvero sospenderla ed ordinare entro un termine congruo la conformazione a legge semplicemente motivando sul difetto dei requisiti e dei presupposti di legge (oltre che sulle ragioni dell'impossibilità di conformazione in caso di divieto) mentre dopo il 60° giorno dal ricevimento della SCIA, per adottare provvedimenti di divieto o di conformazione dell'attività intrapresa, oltre alla motivazione sulla carenza dei requisiti o dei presupposti di legge, dovranno motivare anche sull'interesse pubblico prevalente in bilanciamento con l'interesse degli interessati e dei controinteressati.
Una volta decorsi 18 mesi, o meglio una volta decorsi complessivamente 24 mesi (6 mesi +18 mesi) l'amministrazione che intervenisse in autotutela adotterebbe non atti illegittimi per tardività ma atti nulli per difetto di attribuzione trattandosi con evidenza di termine perentorio in senso tecnico, decorso il quale, cioè, si perde il potere.
Tale conclusione è confermata anche dall'abrogazione ad opera della legge 124/2015 del secondo comma dell'art.21 della legge 241/90 il quale disponeva che le sanzioni attualmente previste in caso di svolgimento dell'attività in carenza dell'atto di assenso dell'amministrazione o in difformità di esso, si applicano anche nei riguardi di coloro che diano inizio all'attività ai sensi degli artt.li 19 e 20 in mancanza dei requisiti richiesti o comunque in contrasto con la normativa vigente.
A seguito dell'abrogazione di tale disposizione, le attività soggette a segnalazione certificata di inizio di attività, SCIA, ovvero a silenzio-assenso, sono attività che, anche in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge, tuttavia non possono più essere vietate dopo l'inutile decorso di 20 mesi complessivi vale a dire dopo l'inutile decorso del doppio termine: i primi 60 giorni per l'adozione silenziosa del provvedimento di diniego ovvero per l'adozione espressa del divieto di prosecuzione e/o di sospensione dell'attività con obbligo delle misure di conformazione in caso di SCIA nonché i successivi 18 mesi o per l'esercizio dell'autotutela ossia per l'annullamento del silenzio assenso e il diniego espresso dell'autorizzazione richiesta oppure per l'adozione del divieto di prosecuzione ovvero dell'obbligo di conformazione con l'aggiunta però della motivazione sull'interesse pubblico prevalente rispetto agli interessi dei privati e dei controinteressati coinvolti.
Ciò dovrebbe indurre le amministrazioni ad un sollecito esercizio dei loro poteri soprattutto in funzione preventiva di potenziali danni per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale all'amministrazione che erano gli unici casi in cui, nella precedente versione dell'art. 19 comma 4, prima della riforma e delle abrogazioni della legge 124/2015, era consentito alle amministrazioni di intervenire in autotutela dopo l'inutile decorso dei termini per provvedere e previo motivato accertamento dell'impossibilita' di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente.
Adesso neppure la necessità di tutelare questi interessi pubblici potrebbe legittimare un intervento delle amministrazioni rimaste inerti sulla scia o sull'istanza suscettibile di silenzio-assenso.
Si tratta di una importante disposizione anche nel senso della certezza delle situazioni giuridiche.
Ovviamente laddove la SCIA fosse stata presentata con false rappresentazioni dei fatti o con false dichiarazioni sostitutive o comunque con atti falsi e mendaci allora il divieto di prosecuzione dell'attività come pure l'annullamento in autotutela di qualsiasi provvedimento autorizzatorio in senso lato fondato sul falso e sul mendace è possibile in ogni tempo.
La questione della natura giuridica della S.C.I.A. edilizia
Tutela del terzo tra natura giuridica e tecniche processuali esperibili
Qual è il dies a quo per l'azione di annullamento?
Il legislatore del 2016 e le soluzioni adottabili de jure condendo
Autore: Giuseppe Rizzi