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Il "maledetto imbroglio" dell'affidamento materialmente condiviso

I molti equivoci intorno all'affidamento detto "materialmente condiviso" rischiano di mandare fuori strada anche l'attività legislativa che il Parlamento si accinge a svolgere sulla materia


di Marino Maglietta - E' recentemente uscita su StudioCataldi.it una nota dal titolo "Affido materialmente condiviso: una grossa opportunità per i nostri figli", che intenderebbe dare risposta a quanto in precedenza pubblicato sul medesimo quotidiano ("Perché non conviene l'affidamento materialmente condiviso"), a sua volta in replica ad un articolo su La Repubblica online ("La famiglia si scioglie: quale migliore soluzione per i figli? L'affidamento materialmente condiviso sembra offrire una migliore sistemazione alla famiglia divisa", 10 luglio 2018), preceduto da altra nota su questo quotidiano per iniziativa della SISF, Società Italiana Scienze Forensi ("Figli: i benefici dell'affidamento materialmente condiviso"). Una lettura superficiale di questi contributi potrebbe far pensare a dotte disquisizioni accademiche, alle quali tuttavia, se così fosse, chi scrive si guarderebbe bene dal partecipare. L'argomento possiede, viceversa, motivi di forte interesse concreto, visto che sta influenzando le nuove proposte di legge che il Parlamento si accinge a discutere.

Appare, quindi, indispensabile fare chiarezza prima che si vada avanti.

Il significato dell'affidamento materialmente condiviso

Il primo aspetto da definire è il significato stesso dell'affidamento materialmente condiviso (nel seguito amc). Il concetto deriva dalla distinzione tra legal e physical joint custody, modalità la cui differenza era già ben nota anche in Italia quanto meno dai primi scritti di Maurizio Quilici (1987). In pratica, nel primo caso entrambi i genitori hanno l'esercizio della potestà (termine di allora), ma uno solo ha la custodia prevalente dei figli. Ciò comporta già qualche vantaggio rispetto all'affidamento esclusivo: ad es., il genitore meno presente (less involved) può gestire i figli liberamente quando li ha con sé, senza le interferenze dell'altro, perfettamente lecite se affidatario esclusivo. Nella physical joint custody i genitori sono entrambi investiti della cura diretta dei figli, senza graduatorie o differenze temporali previste dalla legge. Il che non comporta la garanzia di tempi uguali, essendo questo aspetto, in generale, deciso dal giudice di volta in volta.

Joint legal custody o joint physical custody?

L'affidamento condiviso italiano - ossia il modello che riuscì a far introdurre l'associazione Crescere Insieme nel 2006riconosce, invece, ai figli il diritto indisponibile a un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e a ricevere da ciascuno di essi cura (non denaro), educazione e istruzione. Al contempo, ogni differenza codicistica tra i genitori, posti su un piede di assoluta parità, viene accuratamente cassata. E' dunque evidente che in Italia non solo è in vigore una joint physical custody, ma rafforzata da una previsione di equilibrio, evidentemente temporale, che nella larga maggioranza di altre legislazioni manca.

La nota che qui si commenta, viceversa, considera il modello attuale come joint legal custody non accorgendosi di confondere la formulazione della legge con la sua applicazione. A dimostrazione di ciò gli contrappone i risultati dell'applicazione in altri paesi.

Prendiamone uno, a titolo di esempio, il Belgio. Vediamo cosa dice la legge belga (art. 374 comma 2 c.c.): "Lorsque les parents ne vivent pas ensemble et qu'ils saisissent le tribunal [de la famille] de leur litige, l'accord relatif à l'hébergement des enfants est homologué par le tribunal sauf s'il est manifestement contraire à l'intérêt de l'enfant. A défaut d'accord, en cas d'autorité parentale conjointe, le tribunal examine prioritairement, à la demande d'un des parents au moins, la possibilité de fixer l'hébergement de l'enfant de manière égalitaire entre ses parents. Toutefois, si le tribunal estime que l'hébergement égalitaire n'est pas la formule la plus appropriée, il peut décider de fixer un hébergement non-égalitaire. Le tribunal statue en tout état de cause par un jugement spécialement motivé, en tenant compte des circonstances concrètes de la cause et de l'intérêt des enfants et des parents.". E' evidente che chi sostiene che la formulazione italiana attuale introduce una pari dignità solo legale, meno che mai può salvare quella belga, che rimette tutto alla valutazione insindacabile del giudice circa l'interesse dei figli (concetto gestibile ad libitum), addirittura aggiungendoci quello degli adulti. Soccorre, oltre tutto, in questo senso la percezione da parte di terzi di equivalenza di queste formulazioni, come risulta, ad es., da quanto affermato al Senato francese dove nel 2013 un emendamento proposto dal Rassemblement démocratique et social européen (RDSE), intendeva « privilégier dans l'intérêt des enfants la résidence alternée quand c'est possible en cas de divorce des parents, comme cela est déjà le cas en Belgique ou en Italie ».

Dunque, evidentemente, se nel Belgio l'affidamento paritetico raggiunge il 30% e in Italia si ferma (secondo la nota) all'1-2% ciò dipende semplicemente dal diverso orientamento culturale della magistratura belga rispetto alla maggioranza di quella italiana, che fonda le sue decisioni sulla figura del "genitore prevalente", o collocatario; e non dalle rispettive attuali formulazioni. Queste certamente hanno la possibilità di incidere sull'applicazione ma, appunto per la dimostrata ostilità tutta italiana verso soluzioni equilibrate, non appare proprio il caso di abbassare le difese e fare sconti.

La necessità di una nuova legge

Il problema che si pone a questo punto è, dunque, quello di comprendere come conviene che sia scritta una nuova legge per eliminare la possibilità di stabilire frequentazioni sbilanciate anche al di fuori dei casi di impossibilità materiale (allattamento, professioni particolari, enorme distanza tra le abitazioni dei genitori e simili). Una risposta chiara viene dalle linee-guida del tribunale di Brindisi, alla cui stesura ha contribuito l'associazione Crescere Insieme, e consiste nella parità totale, giuridica e pratica, dei genitori e nelle pari opportunità per i figli di frequentarli.

Le proposte di legge

Questa impostazione è la stessa che si trova in tutte le proposte di legge elaborate da anni da questa stessa associazione, tra le quali giova ricordare il ddl 957 (XVI Legislatura) e la pdl 1403 (XVII Legislatura). Ad essa si vorrebbe contrapporre l'amc come soluzione "più avanzata e più efficace". Ma questo in cosa consiste? Anche se i suoi enunciati quantitativi sono abbastanza ondivaghi, è possibile comprenderne la sostanza sia da quello che scrive la SISF in un apposito comunicato (24 marzo 2017) che dal ddl 1163 della scorsa legislatura, che l'ha fatto suo.

Dunque leggiamo nel primo, intitolato "Commento alle recenti linee-guida Sezione famiglia del Tribunale di Brindisi in merito all'affidamento materialmente condiviso": "La comunità scientifica da tempo ormai si sta interrogando su questo tema con risposte convergenti in un'unica direzione: l'affidamento materialmente condiviso (physical joint custody) – che prevede tempi paritetici o equipollenti di frequentazione dei figli, non più di due terzi e non meno di un terzo del tempo con ciascun genitore – restituisce una migliore sistemazione alla famiglia divisa...". E prosegue citando l'intervento in Senato del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP) a sostegno dei ddl 957 e 2454 (erroneamente citato come 2456).

La diversità tra paritetici ed equipollenti

Conoscere le eccellenti intenzioni dei membri della SISF a maggior ragione obbliga chi scrive a segnalare la confusione del comunicato su aspetti sostanziali e decisivi. "Paritetici" è ben diverso da "equipollenti" e bisogna scegliere tra i due; non è un sinonimo. Le linee-guida di Brindisi corrispondono al modello di Crescere Insieme, della parità e delle pari opportunità, incompatibile con Acm (il modello del paracadute al 33%) e non si possono citare ad esempio di ciò a cui sono alternative. Idem per i ddl 957 e 2454, nonché per il CNOP, intervenuto a sostenere il progetto di Crescere insieme, guarda caso come fece l'associazione dei figli di genitori separati Figli x I figli nella medesima occasione (Audizioni riportate sul sito del Senato).

Analoghi concetti troviamo nel ddl 1163: "Il giudice, informate le parti dell'importanza di una genitorialità materialmente condivisa e analizzati i piani genitoriali, valuta prioritariamente, a richiesta motivata di almeno una delle parti, di fissare la domiciliazione paritaria dei minori in modo da garantire tempi equipollenti di permanenza dei figli con ciascuno dei genitori e di stabilire eventualmente una doppia residenza anagrafica per la prole.

In ogni caso, ove il giudice ritenga che nel caso specifico la domiciliazione paritaria non risponde all'interesse del minore, può fissare una domiciliazione non paritaria indicando dettagliatamente le ragioni della sua decisione e le cause che l'hanno resa necessaria, onde consentire ai genitori di procedere a rimuovere tali cause con il fine preciso di garantire ai figli una piena ed equilibrata bi-genitorialità.

Salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psicofisica dei minori, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di almeno un terzo del proprio tempo presso il genitore meno coinvolto".

In altre parole, si introduce il concetto di "equipollenza" dei tempi, che vuol dire equivalenza, che vuol dire che la qualità compensa la quantità. Pochi giorni, ma meravigliosi.... Si conserva il salvacondotto dell'interesse del minore che, essendo una scatola vuota, può essere riempito di qualsiasi contenuto. Si introduce la giustificazione della "salute psicofisica", che fa immaginare immediatamente una valanga di pseudo "certificazioni" di disagio infantile. Si ammette che si può scendere dal 50 al 33% del tempo anche in assenza di particolari problemi, legittimando la disparità tra i genitori. Ecco, appunto. Al di là dei giri di parole che si scelgono, il concetto di "paracadute" ("maltrattami pure, ma non più di così...") è perdente già in re ipsa, perché legittima la discriminazione. Per quante attenuazioni si possano introdurre in questo modello, è proprio l'impianto, l'impostazione che non va bene per un paese dove ancora domina una giurisprudenza antiquata; perché cercare il risultato in modo tortuoso e contraddittorio, lasciando ampio spazio in tal modo al potere discrezionale del giudice? Così non solo non cambierà nulla, ma si perderà anche l'attuale diritto di protestare. E, naturalmente, in questa sede ci si è soffermati solo sull'aspetto frequentazione: ma è chiaro che un progetto che nasce con fondamenta inadatte presenta vistosi scompensi in tutta la struttura. I quali, non a caso, sono stati osservati anche nelle altre parti dei progetti ispirati al modello Amc. E', infatti, evidente che se un terzo del tempo può rappresentare la soglia al di sopra della quale si attenua significativamente la sofferenza dei figli per mancanza di uno dei genitori, restano in piedi tutte le altre gravi cause di disagio causate da regimi squilibrati, a partire dal livello di conflittualità. Lo attestano, ad es., le conclusioni della Commissione Dekeuwer-Defossez che al termine di una lunga indagine (Francia, 1999, p. 68) concluse che anche la sola indicazione in sentenza di una residenza prevalente induceva il genitore indicato a divenire arrogante e autorizzava l'altro a defilarsi, con il rischio di restaurare il vecchio affidamento esclusivo.

Conclusioni

D'altra parte, se amc ha fin qui trovato dei sostenitori si deve, con tutta probabilità, al modo improprio e fuorviante con cui è stata presentata l'alternativa, ossia contrapponendolo quale joint physical custody alla Joint legal custody e mettendo il 33-35% dei tempi di frequentazione a confronto con l'attuale medio 17% invece che con il 50% che si può assicurare ai figli. Se la scelta è tra perdere o pareggiare si sceglie ovviamente il pareggio: ma che senso ha non provare a vincere, ovvero a fare la cosa giusta? E' curiosa, del resto, l'affermazione che un affidamento paritetico è solo un caso particolare dell'amc. E' come dire che il centro non è che uno qualsiasi dei punti del bersaglio. Certamente può accadere che non si riesca a colpirlo e che la freccia cada in altri punti, ma nessun arciere rinuncerebbe mai a cercare il punteggio pieno.

Concludendo, chi scrive è convinto che le finalità dei sostenitori dell'amc siano le stesse di chi sostiene il modello di Brindisi e si augura, quindi, che il chiarimento fornito dalla presente nota possa indurre i vari soggetti che finora si sono schierati per amc a rivedere le proprie posizioni e associarsi all'altra schiera. E soprattutto che questo induca i parlamentari interessati ad accogliere e approvare rapidamente richieste concordi costruite su basi sensate.

Data: 24/07/2018 18:00:00
Autore: Marino Maglietta