Reato per il veterinario che omette di curare il cane
Per la Cassazione anche la condotta omissiva rileva per il reato di maltrattamento di animali e va valuta la sussistenza del dolo eventuale se la condotta è tenuta senza necessità
di Lucia Izzo - Rischia una condanna per maltrattamento di animali il veterinario, di guardia al canile sanitario, che omette di fornire cibo e cure al cane investito da un'automobile lasciandolo per giorni presso il canile stesso senza assistenza.
Anche la condotta omissiva ha rilevanza penale per la configurazione dell'art. 544-ter c.p. e dovrà, inoltre, verificarsi se a carico dell'imputato sia configurabile il dolo eventuale quando la condotta è tenuta senza necessità.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 38409/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso del P.M. dopo che l'imputato era stato assolto dal reato di maltrattamento di animali per insussistenza del fatto.
Il reato di cui all'art. 544 c.p. gli era stato contestato poiché lui, nella qualità di veterinario di turno presso il canile sanitario, aveva omesso di sottoporre alle urgenti cure veterinarie un cane che era stato investito.
Nonostante le condizioni di salute del cane fossero chiaramente compromesse ed evidenti fossero i suoi comportamenti anomali, questi rimaneva per giorni chiuso in canile senza assistenza, senza che veterinario lo sottoponesse a cura farmacologica e a somministrazione di cibo, cagionandogli così gravi sofferenze fino alla morte.
Tuttavia, ad avviso del Tribunale, nel caso in esame si era in presenza di un comportamento omissivo, il che avrebbe escluso la configurazione del reato di cui all'art. 544-ter c.p. che, inoltre, avrebbe necessitato della sussistenza del dolo specifico, non ravvisabile nel caso di specie. Una motivazione giuridicamente errata secondo la Cassazione che ritiene di accogliere la contestazione del p.m. all'epilogo assolutorio del g.i.p.
Maltrattamento di animali anche se la condotta è omissiva
Il delitto previsto dall'art. 544-ter c.p., spiegano gli Ermellini, è delineato come reato a forma libera che dà rilievo a due distinte condotte, ugualmente offensive del medesimo bene giuridico (il sentimento per gli animali): ossia il cagionare una lesione a un animale, ovvero il sottoporlo a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili, condotte che, in entrambi i casi, devono essere realizzate "per crudeltà o senza necessità".
Essendo a forma libera, concludono i giudici, il delitto può essere realizzato anche con una condotta omissiva, purché l'agente sia destinatario di un obbligo giuridico di impedimento del verificarsi dell'evento lesivo.
Tale deve ritenersi proprio il veterinario che, ex art. 14 del codice deontologico dei medici veterinari, "ha l'obbligo, nei casi di urgenza ai quali è presente, di prestare le prime cure agli animali nella misura delle sue capacità e rapportate allo specifico contesto, eventualmente anche solo attivandosi per assicurare ogni specifica e adeguata assistenza".
Sbaglia la sentenza ad aver, dunque, escluso la rilevanza penale della condotta ascritta solo perché di natura omissiva.
Il dolo nel delitto di maltrattamento di animali
Ma il provvedimento sbaglia anche ad aver prefigurato il dolo specifico. Invero, l'elemento soggettivo richiesto dal delitto in esame è il dolo generico, che sussiste quando l'agente, in maniera deliberata, realizzi una delle condotte indicate dalla fattispecie in argomento "per crudeltà o senza necessità".
In particolare, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite (sent. n. 38343/2014), si ritiene configurabile il dolo eventuale con riguardo al delitto di maltrattamenti di animali, quantomeno nel caso in cui, come quello in esame, la condotta sarebbe stata tenuta "senza necessità".
Questo si realizza quando l'agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto, ossia la lesione a un animale ovvero che lo stesso sia sottoposto a
sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili, e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi.
Tuttavia, nel caso di specie rimangono poco chiari alcuni elementi fattuali della vicenda, ad esempio se al veterinario sia o meno imputata la morte dell'animale, se la sua condotta omissiva abbia avuto un'efficienza causale rispetto al verificarsi dell'evento e se, tenuto conto delle gravi condizioni di salute in cui versava il cane, la condotta doverosa omessa, se fosse stata realizzata, avrebbe impedito, o meno, il verificarsi dell'evento, ovvero ne avrebbe, o meno, comportato il suo verificarsi in un momento significativamente diverso.
Infine, non risulta nemmeno chiaro se, in relazione all'elemento soggettivo, in capo al veterinario sia prefigurabile il dolo, anche nella forma del dolo eventuale, ovvero della colpa, il che escluderebbe la rilevanza penale della sua condotta. Di tali accertamenti di fatto, concludono i giudici, dovrà occuparsi il giudice del rinvio.
Autore: Lucia Izzo