Avvocati e gratuito patrocinio: compensi più equi
Come i recenti interventi giurisprudenziali e ministeriali hanno inciso sui compensi spettanti agli avvocati in caso di gratuito patrocinio
dei Lucia Izzo - L'istituto del patrocinio a spese dello Stato, anche noto come gratuito patrocinio, è previsto dalla legge italiana allo scopo di attuare quanto previsto dall'art. 24 della Costituzione, ovvero assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi innanzi a ogni giurisdizione.
L'istituto è compiutamente disciplinato dal Testo unico in materia di spese di giustizia (d.P.R. n. 115/2002) che si occupa di definire i requisiti e le condizioni per esservi ammessi, le modalità di presentazione dell'istanza di ammissione nonché, tra l'altro, i modi con cui gli avvocati che prestino la propria opera possano vedersi corrisposti onorari e spese.
Un tema, quest'ultimo, particolarmente sensibile e delicato e sul quale la più recente giurisprudenza di legittimità e di merito è più volte tornata per fornire spiegazioni, chiarimenti e linee guida.
Anzi, a conferma dell'attualità dell'argomento, si segnala anche la proposta di riforma avanzata dal Consiglio Nazionale Forense e presentata a Roma lo scorso 21 febbraio per garantire maggior inclusione ed efficacia, nonché tutela del diritto di difesa.
Gratuito patrocinio: i chiarimenti del Ministero
A inizio anno è stato proprio il Ministero della Giustizia, con una circolare datata 10 gennaio, a ritenere di dover fornire chiarimenti in ordine all'interpretazione e all'applicazione dell'art. 83 del d.P.R. n. 115/2002, rispondendo ad alcune segnalazioni.
Per il dicastero, la norma ha lo scopo di rendere più celere la liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato per l'attività difensiva prestata in favore della parte ammessa al patrocinio dello Stato. Si chiarisce, però, che il provvedimento di liquidazione del compenso (decreto di pagamento) dovrà essere emesso con atto distinto e separato rispetto al provvedimento che definisce il giudizio.
Secondo il Ministero, inoltre, non può condividersi la pratica di alcuni uffici giudiziari che, a fronte dell'istanza di liquidazione del compenso del legale, richiedono accertamenti all'ufficio finanziario sulla effettiva situazione reddituale della parte assistita, rimandando all'esito degli stessi l'adozione del decreto di pagamento.
Sempre in materia di gratuito patrocinio, lo stesso Ministero della Giustizia (circolare 8 giugno 2018) ha recentemente chiarito che, alla procedura di compensazione dei debiti fiscali di cui al d.m. 15 luglio 2016, debbano ammettersi anche i crediti che vengono liquidati a favore di avvocati difensori d'ufficio per le attività svolte nel processo penale, laddove questi non riescano a riscuoterli per irreperibilità del cliente o dopo aver esperito senza esito positivo le procedure per il recupero dei crediti professionali (per approfondimenti: Avvocati d'ufficio: onorari non pagati compensabili).
La recente giurisprudenza sul gratuito patrocinio
La Corte di Cassazione, interrogata più volte su questioni afferenti il compenso professionale degli avvocati, ha di recente chiarito (ordinanza n. 14485/2018) che il giudice chiamato a liquidare gli onorari ai legali chiamati a svolgere attività di patrocinio a spese dello Stato non può limitarsi a un generico richiamo, quale criterio di liquidazione, alla tariffa professionale vigente.
Questi dovrà, invece, anche esternare la necessaria valutazione circa le effettive attività professionali indicate, nonché la valutazione dell'impegno professionale richiesto dalla questione giuridica trattata.
Legittimo non pagare il compenso all'avvocato, secondo Corte Costituzionale (sentenza n. 16/2018), all'avvocato che deposita un ricorso inammissibile per una ragione che era prevedibile già prima del deposito.
Una conclusione che persegue l'intento di scoraggiare la proposizione di impugnazioni "del tutto superflue, meramente dilatorie o improduttive di effetti a favore della parte" e che con ampia prevedibilità, se non certezza, condurranno verso un esito di inammissibilità (per approfondimenti: Gratuito patrocinio: niente compenso all'avvocato per il ricorso inammissibile).
Ciononostante, lo Stato è di norma tenuto a coprire gli esborsi per qualsiasi tipologia di azione, inclusa, secondo parte della giurisprudenza, anche la parte relativa alla mediazione obbligatoria per la quale sia indispensabile la figura dell'avvocato.
Nel dettaglio, il Tribunale di Vasto (ordinanza del 9 aprile 2018) ha chiarito che, per quanto concerne la posizione dei non abbienti, pur in assenza di una espressa previsione normativa, i principi e le garanzie costituzionali impongono di includere la mediazione obbligatoria fra le procedure accidentali o comunque connesse a quelle giudiziali cui l'art. 75 del D.P.R. n. 115/02 estende l'applicazione del patrocinio a spese dello Stato (cfr., in tal senso, Trib. Firenze, 13.12.2016).
Leggi anche: Mediazione obbligatoria: serve l'avvocato
Pertanto, per i soggetti in possesso dei requisiti economici per l'ammissione al beneficio del gratuito patrocinio, si è ritenuto che la liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato per l'attività di assistenza svolta nella fase di mediazione stragiudiziale obbligatoria possa essere effettuata a carico dell'Erario, così sollevando la parte non abbiente dall'onere di sopportarne i costi.
Infine, rammenta il Consiglio Nazionale Forense (CNF, sent. 76/2018), i difensori della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non potranno chiedere la distrazione delle spese in quanto anticipate dall'Erario (leggi Avvocati: il gratuito patrocinio esclude la distrazione delle spese) tale richiesta, infatti, risulta incompatibile con l'ammissione al beneficio, anche a prescindere dall'anteriorità o meno del relativo decreto rispetto alla domanda ex art. 93 del codice di procedura civile.
Autore: Lucia Izzo