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Inviare lettere indesiderate non è reato di molestia

La Cassazione rammenta che il reato di molestia si configura con l'uso del telefono o altri mezzi equiparati che comportano un'immediata interazione o intrusione del mittente nella sfera del destinatario


di Lucia Izzo - Non si configura il reato di molestia in caso di invio insistente di lettere indesiderate, anche se oltre al testo sconveniente si allegano immagini a contenuto erotico.

La contravvenzione, per espressa previsione dell'art. 660 c.p., contempla solo l'uso del telefono a cui la giurisprudenza ha ritenuto di equiparare quello del telefono cellulare o anche la situazione in cui avvenga l'invio di messaggi via «short messages system» (SMS) attraverso sistemi telefonici mobili o fissi.
Nel rispetto dei principi di stretta legalità e tipizzazione delle condotte illecite, non possono essere ammesse ulteriori interpretazioni estensive della norma a situazioni in cui manca un'immediata interazione tra mittente e destinatario oppure un'intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo

Vai alla guida Il reato di molestie
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione penale, nella sentenza n. 40716/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un condannato per il reato di cui all'art. 660 del codice penale (Molestia o disturbo alle persone).

Il caso

Questi aveva inviato alla persona offesa numerose lettere con accluse foto a contenuto erotico e messaggi sconvenienti o, comunque, sgraditi. Condotta in parte confermata dalle ammissioni dello stesso imputato che, tuttavia, aveva riferito di aver spedito missive e foto con spirito goliardico e perché incitato dagli amici.


Secondo il giudice a quo, il requisito del "luogo pubblico o aperto al pubblico", previsto dalla norma violata, doveva ritenersi integrato in quanto l'imputato inviando le foto per il tramite del servizio postale aveva agito in luogo pubblico anche se l'evento molestia o disturbo si era realizzato in luogo privato presso la residenza della persona offesa.

Una conclusione che l'imputato contesta in Cassazione: secondo la difesa, il giudicante avrebbe dovuto fare riferimento non al luogo dal quale l'imputato aveva inviato le lettere, bensì al mezzo utilizzato per arrecare molestia o disturbo, ossia alle missive, e stabilirne l'eventuale equiparabilità al mezzo del telefono.

In particolare, il ricorrente rammenta che secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, al di fuori delle due ipotesi tassativamente previste dall'art. 660 c.p., il reato non sussiste e la corrispondenza epistolare non è equiparabile al mezzo del telefono.

Molestie: il requisito della pubblicità del luogo

Il ricorso, secondo gli Ermellini, deve ritenersi fondato. In primis, spiegano in giudici, nel caso di specie la questione da risolvere non è quella della pubblicità del luogo di commissione del reato, che in concreto non rileva, bensì l'altra relativa all'assimilabilità o meno al mezzo del telefono delle lettere cartacee inviate a mezzo posta tradizionale.

Comunque, la Cassazione ritiene che il Tribunale abbia comunque sbagliato nel ravvisare il requisito della pubblicità del luogo nell'ufficio postale dal quale il ricorrente risulterebbe aver spedito le lettere causa di molestia, trattandosi di antefatto, all'evidenza, insufficiente (per la contestuale assenza da quel luogo della persona offesa) a integrare un requisito dell'elemento oggettivo del reato.
Secondo la giurisprudenza, il requisito della pubblicità del luogo implica la contestualità della presenza degli attori (oggetto attivo e persona offesa) nei rispettivi luoghi, altrimenti mancherebbe in radice la potenzialità lesiva dell'azione molesta o di disturbo.
Inoltre, per integrare la contravvenzione prevista e punita dall'art. 660 c.p., spiega il Collegio, devono concorrere, alternativamente, gli ulteriori elementi circostanziali della condotta del soggetto attivo, contemplati dalla norma incriminatrice: oltre alla pubblicità (o l'apertura al pubblico) del teatro dell'azione, emerge anche l'utilizzazione del telefono come mezzo del reato.

Molestie: le lettere cartacee sono equiparabili al telefono?

Il mezzo telefonico, spiega la Corte, assume rilievo ai fini dell'ampliamento della tutela penale che altrimenti sarebbe limitata alle sole molestie arrecate in luogo pubblico o aperto al pubblico e ciò proprio per il carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l'apparecchio telefonico, con conseguente lesione, in tale evenienza, della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita (art. 15 Cost., comma 1).
Stante il rigoroso principio della tipicità, al termine "telefono", espressivo dell'instrumentum della contravvenzione, la Cassazione ha ritenuto di poter equiparare qualsiasi mezzo di trasmissione, tramite rete telefonica e rete cellulare delle bande di frequenza, di voci e di suoni imposti al destinatario, senza possibilità per lui di sottrarsi alla immediata interazione con il mittente.

Quando le molestie avvengono via sms ed e-mail

Ciononostante, la giurisprudenza si è trovata a fare i conti con i progressi tecnologici che hanno coinvolto i mezzi di comunicazione: in particolare si è ammessa la possibilità che il reato di molestie sia integrato se la condotta è posta in essere con dispositivi che trasmettono voci e suoni in modalità sincrona, che avvertono non solo l'invio e la contestuale ricezione di sms (short messages system), ma anche l'invio e la ricezione di posta elettronica.
Leggi anche: Molestia esclusa per l'invio di 9 sms in un'ora

Per quanto riguarda le e-mail, in un primo momento la giurisprudenza ha negato fossero un mezzo idoneo a recare molestia poiché, contrariamente alla molestia recata con il telefono, la modalità della comunicazione è asincrona e non si verificherebbe alcuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario né alcuna forzata intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo.
Anche in tal caso, però, la Cassazione ha dovuto correggere il tiro e ritenere integrato il reato di molestia quando l'invio di posta elettronica avviene con trasmissione su un telefono che segnala in tempo reale la ricezione delle e-mail con avvertimento acustico.

Niente molestie tramite posta tradizionale

A prescindere da tale ultima eccezione, la giurisprudenza ha ravvisato un'analogia di fondo tra la posta elettronica e la tradizionale corrispondenza epistolare in forma cartacea, inviata, recapitata e depositata nella cassetta (o casella) della posta sistemata presso l'abitazione del destinatario e alla quale quest'ultimo accede per sua volontà, senza peraltro essere stato condizionato da segni o rumori premonitori.
Secondo i giudici, l'invio di una lettera spedita tramite il servizio postale (proprio come un messaggio di posta elettronica) non comporta, a differenza della telefonata, nessuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario, né alcuna intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo.
Leggi anche: Lettere anonime: non c'è reato di molestia
In conclusione, l'interpretazione estensiva proposta dal tribunale deve essere esclusa poiché l'avvertita esigenza di espandere la tutela del bene protetto (tranquillità della persona) incontra il limite coessenziale della legge penale costituito dal "principio di stretta legalità" e di tipizzazione delle condotte illecite, sanciti dall'art. 25 Cost., comma 2, e dall'art. 1 del codice penale.
Ne consegue l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Data: 25/09/2018 11:00:00
Autore: Lucia Izzo