Gratuito patrocinio: stop al lavoro gratis del Ctu
di Valeria Zeppilli – Il Tribunale di Roma nella persona del Dott. Massimo Moriconi, con l'ordinanza del 17 settembre 2018 qui sotto allegata, ha chiamato la Corte costituzionale a pronunciarsi su una questione che interessa molto i consulenti tecnici d'ufficio: la legittimità costituzionale dell'art. 131 del D.P.R. n. 115/2002. A essere messa in discussione dal giudice è l'accettazione "del principio che i consulenti tecnici del giudice debbano e possano lavorare gratuitamente nei casi in cui, ammessa la parte al Gratuito Patrocinio a spese dello Stato, non vi siano altri soggetti sui quali legalmente possa farsi gravare il loro diritto al compenso per il lavoro svolto".
La consulenza tecnica preventiva
Tra le diverse ipotesi in cui questa situazione può verificarsi vi è quella del procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile: non concludendosi con una pronuncia giudiziale di regolazione delle spese, le stesse non possono che gravare sulla parte che ha promosso il ricorso.
Le prospettive del Tribunale di Roma
In realtà, la predetta norma è stata più volte sottoposta al vaglio di costituzionalità con esiti, tuttavia, sempre insoddisfacenti. Il Tribunale di Roma ha quindi tentato una nuova strada, rispetto a quella dei precedenti giudici remittenti, introducendo nuovi profili e diverse prospettive di interpretazione della norma e del quadro di riferimento.
Prenotazione a debito
A partire dai chiarimenti circa l'esatta portata dell'espressione "prenotazione a debito".
Per il giudice "la disciplina (normativa, art.131 n.3) chiama surrettiziamente prenotate a debito voci di spesa che semmai (nell'interpretazione già proposta dalla Corte) integrerebbero anticipazioni".
Essa è suscettibile solo di due interpretazioni:
- "o si tratta di un'anticipazione da parte dello Stato, sia pure, condizionatamente all'impossibile ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione (art. 131 n.3)", il che però si scontra con la denominazione legislativa di prenotazione a debito, che è cosa diversa, oppure
- "si tratta di ciò che la legge dice testualmente, cioè di una prenotazione a debito", ma in questo caso "è escluso che l'Erario possa pagare, perché lo Stato, con la prenotazione a debito, ..., non paga, semplicemente non riscuote (per lo meno all'attuale)".
Per uscire dall'empasse serve quindi l'intervento della Corte costituzionale.
Data: 17/10/2018 11:30:00Autore: Valeria Zeppilli