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Crediti professionali degli avvocati: profili sulla giurisdizione

Le Sezioni Unite chiariscono il quadro normativo volto a stabilire la giurisdizione per le controversie aventi ad oggetto i crediti professionali degli avvocati


di Enrico Pattumelli - Arriva dalle Sezioni Unite un chiarimento sul quadro normativo relativo alla giurisdizione per le controversie aventi ad oggetto i crediti professionali degli avvocati.

La vicenda

Un avvocato aveva svolto delle prestazioni professionali nei confronti di un proprio cliente.

Nello specifico, questi aveva redatto una memoria difensiva a seguito di un invito a comparire emesso dall'Agenzia delle entrate nei confronti del proprio cliente; aveva redatto il ricorso dinnanzi la Commissione Tributaria provinciale; da ultimo, aveva proposto appello avverso la sentenza del predetto organo giudicante.

Il professionista, non avendo ricevuto il proprio compenso professionale, instaurava processo sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c., dinnanzi quindi al giudice civile.

Il convenuto si costituiva in giudizio eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice tributario.

Secondo la prospettazione di parte si sarebbe dovuti pervenire ad una tale soluzione in virtù di quanto previsto dall'art. 14 d. lgs. 150/2011.

La norma da ultimo citata chiarisce che per le controversie di cui all'art. 28 Legge 794/1942 e per l'opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per le proprie prestazioni professionali si applica il rito sommario di cognizione, salvo diversa previsione di legge.

Il comma successivo specifica che, in tali casi, il giudice competente è da individuarsi nell'ufficio giudiziario adito per il processo nel quale l'avvocato ha prestato la propria opera.

Secondo il convenuto, avendo l'avvocato prestato la propria opera innanzi le Commissioni tributarie, la competenza giurisdizionale si sarebbe dovuta riconoscere in capo al giudice tributario.

A fronte di tali difese l'attore proponeva regolamento preventivo di giurisdizione, investendo così le Sezioni Unite della Corte di Cassazione per la risoluzione della questione.

La questione di diritto

Si tratta di stabilire quale plesso giurisdizionale sia deputato a conoscere della controversia instaurata per recuperare il credito professionale insoddisfatto, vantato dall'avvocato nei confronti del proprio cliente per prestazioni stragiudiziali in materia tributaria e per prestazioni di rappresentanza e di difesa tecnica innanzi le Commissioni tributarie.

La decisione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l'ordinanza che ci si appresta a commentare, n. 25938 del 2018, condividono le ragioni del ricorrente e riconoscono la giurisdizione del giudice ordinario.

Appare interessante riportare il ragionamento logico giuridico seguito dal Supremo Consesso perché si ribadiscono e si precisano delle indicazioni di portata generale.

Un contratto di prestazione d'opera professionale fa sorgere tra le parti un'obbligazione di natura prettamente civilistica.

Nel caso di specie tale obbligazione deve essere tenuta distinta sia dalla controversia di base, di tipo tributario, sia dalla materia, quest'ultima da individuarsi nei tributi di ogni genere e specie che il legislatore attribuisce alla giurisdizione tributaria ex art. 2 d. lgs. 546/1992.

Il richiamo operato da parte resistente all'art. 14 del d. lgs. 150/2011 è fuorviante ed esula dalla questione di cui ci occupa.

La disposizione da ultimo citata è una norma sulla competenza e non anche sulla giurisdizione.

Dalla stessa lettura della sentenza emerge infatti una terminologia alquanto impropria impiegata dal convenuto nel giudizio di primo grado, il quale utilizza l'espressione "competenza giurisdizionale".

Conferma di quanto sostenuto si rinviene considerando che il decreto legislativo in questione è stato emanato in virtù di una Legge Delega volta a ridurre e semplificare i procedimenti civili di cognizione che rientrano nell'ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale.

Si richiama la posizione già assunta dalle stesse Sezioni Unite (sentenza 4485/2018) sulle controversie di cui all'art. 28 Legge 794/1942, norma richiamata dallo stesso art. 14 d.lgs. 150/2011.

Siffatte controversie attengono le domande con cui l'avvocato richieda la liquidazione dei propri compensi professionali per attività svolte in un giudizio civile o per attività che, seppur stragiudiziali, si pongano in stretto rapporto di dipendenza con il mandato relativo alla rappresentanza o alla difesa tecnica.

Dal ristretto ambito di applicazione così delineato ne discende l'esclusione delle attività professionali stragiudiziali che non siano strettamente dipendenti con quelle giudiziali e, allo stesso modo, rimangono escluse le attività svolte in un processo penale e amministrativo o davanti ad altri giudici speciali.

Nell'alveo del processo penale, si esclude altresì l'ipotesi in cui in tale sede venga esercitata l'azione civile.

A diversa conclusione non si può pervenire neanche considerando l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale le somme liquidate a titolo di spese processuali debbano essere devolute alla giurisdizione tributaria.

La situazione da ultimo descritta attiene il pagamento delle spese legali dovute a fronte di una sentenza emessa dalla Commissione tributaria e avente ad oggetto l'impugnazione di una cartella esattoriale.

In tale vicenda è stato infatti opportunamente applicato l'art. 2 d.lgs. 546/1992, disposizione quest'ultima che devolve alla giurisdizione tributaria tutte le controversie relative ai tributi, di ogni genere e specie, con ogni accessorio.

Nel caso di cui ci si occupa, invece, le somme non sono state liquidate dalle Commissioni tributarie a titolo di spese processuali ma attengono una lite instaurata dal professionista per il recupero del proprio credito professionale, configurandosi così un contenzioso che prescinde dalla controversia base.

La ricostruzione così operata permette di affermare la giurisdizione del giudice ordinario relativamente al caso di cui ci si occupa.

Per completezza ed esaustività, si ricorda che le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 4485 del 2018, hanno affermato quali siano i riti applicabili affinché un avvocato possa ottenere la condanna al pagamento dei propri compensi professionali.

Non essendo questa la sede più opportuna per ulteriori approfondimenti, ci si limita a ribadire che il professionista potrà avvalersi del procedimento sommario speciale o del procedimento d'ingiunzione, anche se prima della lite vi erano contestazioni sull'an debeatur.

Il rito sommario di cui all'art. 702 bis c.p.c. viene definito "speciale" poiché bisogna tener conto degli elementi specializzanti di cui agli artt. 4,5 e 14 del d.lgs. 150/2011, salvo deroghe espressamente previste.

Rimane così esclusa la possibilità di introdurre l'azione secondo il rito di cognizione ordinario o secondo il procedimento sommario codicistico.

Data: 21/10/2018 10:30:00
Autore: Enrico Pattumelli