L'affidamento condiviso tra mille bugie e auspicabili alternative
di Marino Maglietta - Andiamo per ordine. Che esista un problema relativo all'applicazione dell'affidamento condiviso lo riconosce perfino l'AIAF, da sempre simpatizzante per il modello sostanzialmente monogenitoriale privilegiato dalla prassi, ipotizzando che si stia ponendo mano alle norme per "rimediare all'applicazione non sempre corretta che dal 2006 è stata fatta della legge sull'affidamento condiviso". Eppure il ddl 735, che in teoria si propone dj risolvere quei problemi, ha incontrato fortissime resistenze e una quantità di critiche. Perché? In parte a causa della forma e della sostanza della sua stesura, giustamente e inevitabilmente. Ma in parte a causa degli stessi dichiarati obiettivi, ovvero per motivi ideologici; e in questo caso le critiche sono spesso non pertinenti. Resta il fatto che anche le obiezioni non fondate, indicando ciò che è più sgradito, risultano utili per meglio comprendere le vere ragioni di malcontento e gli obiettivi di determinate categorie. Pertanto sarebbe auspicabile che su un tema così delicato, socio-etico, che tocca aspetti di coscienza, i parlamentari di ogni gruppo avessero libertà di giudizio e di voto, senza vincoli di partito, oltre tutto in modo da rendere visibile all'esterno il proprio pensiero e assumersene la responsabilità.
Comunque, seguendo l'articolato del ddl 735, affrontiamo anzitutto l'argomento mediazione familiare a proposito della quale si afferma di frequente che "con l'introduzione della mediazione familiare obbligatoria poi assisteremo ad un sicuro aumento dei costi a carico delle famiglie". Bene: mediazione obbligatoria significa obbligo di effettuare almeno in parte il percorso, non di andare a sentire cosa se ne può ottenere. Quella si chiama "pre-mediazione" e null'altro è che il consenso/dissenso informato che chiunque deve firmare in ospedale prima di liberarsi anche solo di un'unghia incarnita. Se poi, liberamente, entrambi decidono di proseguire, la scelta diventa volontaria e la prima obiezione cade. Quanto ai costi, visto che la mediazione accorcia la lite, quando non la elimina, mediamente è un risparmio. Si vedono famiglie rovinate dalle parcelle legali, mai da una mediazione; oltre tutto è previsto gratuito l'unico passaggio obbligatorio.
Ma, si dice, quel passaggio "non tutela in nessun modo le donne vittime di violenze domestiche", che sarebbero obbligate ad incontrarvi il violentatore. Consideriamo il caso più rischioso, quello del violentatore non scoperto e non segnalato, per timori vari (altrimenti il momento informativo non è richiesto). L'informazione può benissimo essere individuale, ossia la signora potrà incontrare il mediatore separatamente, a domanda.
E qui si scopre un'altra carenza (o forse astuzia) dell'ondata ostile: perché parlare sempre e soltanto del ddl 735, quando i modelli sono tre (rigida pariteticità dei genitori solo teorica; conservazione della attuale rigida stabilità logistica; flessibili pari opportunità per i figli fondate sulla pari dignità formale e sostanziale dei genitori) e i ddl abbinati 4 (al momento)?
Probabilmente perché è più semplice ed efficace affondare nel ventre molle di un testo indifendibile quando in realtà si desidera mantenere un'applicazione della legge 54 totalmente infedele, bloccando qualunque iniziativa. Guardiamo come sul punto affronta il problema il ddl 768 (analoghe posizioni sono assunte dalla pdl 942, ma la discussione è al Senato): "... le parti hanno l'obbligo, prima di adire il giudice e salvi i casi di assoluta urgenza o di grave e imminente pregiudizio per i minori, di rivolgersi a un organismo di mediazione familiare, pubblico o privato, o a un mediatore familiare libero professionista ... per acquisire informazioni sulle potenzialità di un eventuale percorso di mediazione familiare e se vi è interesse per avviarlo. Il primo incontro, introduttivo alla mediazione, è in ogni caso gratuito". L'argomento si può concludere osservando che, curiosamente, nessun legale ha sollevato obiezioni sulla vera perla sul punto del ddl 735, ovvero il conferimento ope legis della patente di mediatore familiare all'avvocato che segua almeno 10 cause all'anno.
E ora la frequentazione, aspetto centrale di ogni progetto. Da una parte figli tagliati a metà (così si dice), pendolari tra due case, forzati a scombussolare ogni programma perché devonovedere il padre per metà tempo ... Anzi no: bastano 12 giorni al mese, unità di misura sconosciuta al calendario scolastico (ma questo nessuno lo fa notare). Figli oggetto passivo delle decisioni degli adulti, genitori e/o giudice, spogliati dei diritti indisponibili ora riconosciuti dalla legge 54. Ma l'altra parte cosa contrappone? Genitore collocatario e diritto di visita - che comporta ben più oscillazioni del sistema a settimane alternate - secondo un inflessibile calendario che schiavizza i figli, a prescindere da qualsiasi loro desiderio o bisogno. Già, perché chi critica il ddl 735 per la sua rigidità propone un modello ancora più rigido, per il quale i figli – salvo una nuova iniziativa legale – si troveranno incastrati presso il collocatario dalla culla alla indipendenza economica (sì, perché il genitore ex collocatario fino a che capitano in casa sua anche saltuariamente continuerà a gestire a propria discrezione le risorse a loro destinate). Oltre tutto, basando gran parte delle obiezioni su un totale fraintendimento della doppia domiciliazione, adottata da decine di comuni piccoli e grandi, confusa con la doppia residenza (ha ragione chi scrive che prima di aprire bocca bisognerebbe leggere i testi). E qui altro svarione, questa volta del ddl 735: utilizzare un falso concetto di residenza abituale, che dovrebbe essere invertita in caso di alienazione, confondendola con l'indirizzo di casa del "collocatario" (che in questo modo viene legittimato...), mentre rappresenta solo il territorio ove i figli si sono in precedenza radicati.
Ma allora, se nessuna di queste posizioni appare ragionevole forse è il caso di considerare cosa chiedono gli stessi figli di genitori separati. Lo ha detto in Senato l'associazione Figli x i figli prendendo posizione sul ddl 957 della XVI Legislatura: "Consideriamo del tutto irrinunciabile che: si permetta ai figli di avere davvero un rapporto "equilibrato e continuativo" con entrambi i genitori, cancellando la stravagante figura (in un sistema che si vuol definire bigenitoriale) del genitore collocatario, e ammettendo di conseguenza una frequentazione mediamente bilanciata, con pari opportunità per noi figli di rapportarci con l'uno e l'altro genitore, e il doppio riferimento abitativo attraverso la doppia domiciliazione". E ancora:"E si pensa veramente che ci faccia piacere passare il pomeriggio presso il padre o la madre e poi, quando arriva l'ora di cena, essere cacciati in macchina e riportati nell'altra casa, invece che restare lì a dormire e andare a scuola la mattina dopo partendo da lì? Spezzarci le giornate, negarci la possibilità di finire un compito o un discorso, o anche dover lasciare a mezzo il cartone animato perché ci si deve frettolosamente rivestire per tornare al campo base, è nel nostro interesse? Questo non è uno "sballottamento"? ".
Non si poteva essere più chiari e convincenti. E questa richiesta è stata accolta dalle linee-guida del tribunale di Brindisi e normata dal ddl 768, secondo la quale i figli, sempre più e meglio crescendo, devono tornare padroni del proprio tempo, da gestire flessibilmente in funzione delle proprie esigenze. Modalità possibile solo a partire dalla parità legale dei genitori, investiti di pari dignità, responsabilità, diritti e doveri.
Un modello in cui la parità dei genitori è funzionale alle pari opportunità dei figli, così tradotto nell'articolato: "...il figlio minore ha il diritto, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, con paritetica frequentazione e assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità anche temporali per i figli, salvo i casi di impossibilità materiale". Impossibilità materiale che ovviamente assorbe distanza, tenerissima età, impegni lavorativi ecc. Insomma, tutte le obiezioni mosse sul punto al ddl 735. Si può aggiungere, per maggiore chiarezza, che alla fine di un anno si potrà tranquillamente riscontrare una divisione asimmetrica del tempo a vantaggio di un genitore, tuttavia senza alcuna valenza discriminatoria, perché poteva essere l'inverso. In particolare, dunque, si saranno assicurate pari opportunità ai figli, conferendole al contempo anche alle madri, non più sistematicamente e maschilisticamente imprigionate nella funzione allevante, come oggi avviene. Qualcuno, nel coro degli /delle urlanti contro la "rigidità" ha osservato che questo è "l'unico" modello realmente flessibile, che permette una permanente modulazione senza bisogno del giudice ? No!
Naturalmente alcuni hanno messo le mani avanti sostenendo che non basta, che il giudice deve avere il 100% del potere discrezionale, per poter ritagliare vestiti su misura... La replica è facilissima, ma rattristante. Già parecchi anni fa, quando ancora non esistevano i prestampati nelle cancellerie con pochi spazi da riempire per confezionare il provvedimento, uno dei massimi esperti di Diritto minorile, Piercarlo Pazè, attribuiva alla maggior parte dei suoi colleghi il malvezzo di emettere "sentenze fotocopia". Non è il caso di insistere perché è ben noto che così vanno di regola le cose, con rare apprezzabilissime eccezioni di magistrati che si spendono per ore nelle udienze. Ma a parte questo c'è un'altra forte ragione che suggerisce di mettere paletti e dare certezza ai diritti fondamentali: più l'esito dipende dalla imprevedibile valutazione del giudice più le parti sono tentate di giocare la carta della lite. Ciò vuol dire aumento vertiginoso del contenzioso; ciò vuol dire aumento esponenziale della sofferenza dei figli. A qualcuno può non dispiacere; ai figli sì. Un punto sul quale il ddl 735 è estremamente carente, visto che di continuo rimette al giudice l'ultima parola su aspetti del tutto opinabili: trascuratezza, indisponibilità, danno psico-fisico, tempi "equipollenti" ecc. Il massimo della indeterminazione.
E poi ci sono alienazione, abuso e violenza. Brevemente, per quanto è usurata la trattazione del tema. Si chiami pure come si vuole il comportamento di certi genitori; nulla toglie che esiste la necessità di un intervento del sistema legale. Secondo alcuni"ogni volta che c'è un rifiuto, immancabilmente c'è stato un abuso". Lasciamo queste certezze a chi ignora che le accuse vanno provate, altrimenti crolla il nostro sistema giuridico. Limitiamoci a leggere il recentissimo Decalogo dei diritti dei figli di separati: "I figli hanno il diritto di non essere indotti a mentire e di non essere coinvolti nelle menzogne". Se i figli possono essere indotti a mentire vuol dire che possono essere manipolati. Non si tratta di essere colpevolisti o innocentisti: vogliamo accertare, caso per caso, come stanno le cose, o mandare al rogo direttamente gli accusati di eresia? Il citato ddl 768 così si esprime sul punto: "Il perdurante maltrattamento intrafamiliare, la violenza sia fisica che psicologica, in particolare la violenza di genere e la violenza assistita dai figli, comportano l'esclusione dall'affidamento. Allo stesso modo sono sanzionate le manipolazioni dei figli volte al rifiuto o all'allontanamento dell'altro genitore e le denunce comprovatamente e consapevolmente false mosse al medesimo scopo, ove non ricorrano gli estremi per una sanzione più grave." Nessun provvedimento potrà essere adottato senza avere prima indagato e chiarito l'origine del rifiuto, se ci sia stata violenza o manipolazione.
Quanto agli aspetti economici, sorvolando in merito all'assegnazione della casa familiare sulle prescrizioni del 735, incoerenti e non condivisibili, vediamo l'alternativa (ddl 768):"Il godimento della casa familiare è attribuito di regola secondo la legge ordinaria; nel caso in cui la frequentazione dei genitori sia necessariamente sbilanciata è attribuito tenendo conto esclusivamente dell'interesse dei figli e compensandone le conseguenze economiche.Ove il genitore senza titolo di godimento sia privo di sufficienti mezzi economici per garantire alla prole un'adeguata dimora nei tempi di permanenza della stessa presso di lui, il giudice può stabilire un contributo a fini abitativi a carico dell'altro genitore.». E' regola generale del nostro ordinamento che per scavalcare un diritto riconosciuto ne occorra un altro più forte (l'interesse che secondo alcuni il minore avrebbe sicuramente a restare nella casa familiare, che se i tempi sono mediamente simili non sussiste), proteggendo al tempo stesso il partner debole da una penalizzazione che non rispetti il principio di solidarietà.
Concludo con il mantenimento diretto per capitoli di spesa, totalmente frainteso da fautori ed avversari, oltre che illegalmente ignorato dalla prassi attuale benché già previsto come prioritario dalla normativa vigente. Anzitutto, quindi, va definito. Con la forma diretta si attribuisce a ciascun genitore la copertura al 100% di bisogni dei figli, in misura proporzionale alle risorse. Si tiene conto nel farlo di tuttele necessità già esistenti o prevedibili, mentre le future, imprevedibili, verranno pagate ripartendo l'onere ancora secondo la reale proporzione. In pratica, ad es., se il figlio per esigenze lavorative del padre trascorre più tempo con la madre e il padre guadagna il doppio di lei, si attribuisce al padre il pagamento dell'affitto, delle spese per l'istruzione, i mezzi di trasporto e le attività ricreative e sportive; oltre a quanto legato alla convivenza. Tutto il resto, per differenza, alla madre. Esiste una varietà di sistemi di calcolo su base Istatche permettono valutazioni ben più precise della somma fissata a forfait abbastanza a caso in tribunale. Indubbiamente, se tra padre e madre esistono forti squilibri di censo (se un patrizio romano ha sposato una cameriera)questi andranno gestiti e compensati con altro provvedimento; come avviene oggi. Ma sostenere che senza assegno per i figli le madri cadranno in miseria è, evidentemente, una gratuita e inaccettabile offesa al genere femminile. E scrivere che il mantenimento diretto non tiene conto delle differenze di reddito dei genitori significa averne un'idea abbastanza approssimativa. Ma allora, forse, sarebbe meglio tacere.
Ma ciò che più spiacevolmente rileva è l'attribuzione alla forma del mantenimento di una valenza solo economica, quando questa invece incide pesantemente sulla qualità della relazione tra genitori e figli. Diamo di nuovo loro la parola: "l'essenziale è che il figlio percepisca che entrambi i genitori si occupano in maniera importante di lui dedicandogli tempo, attenzioni e occupandosi anche dell'aspetto economico." E quindi chiedono che: " si attribuiscano compiti di cura a entrambi i genitori, disponendo che entrambi debbano preoccuparsi delle necessità dei figli, ciascuno per la propria parte, e provvedere personalmente ad esse attraverso il mantenimento diretto". Pare più che sufficiente.
Ci sono vari altri aspetti gestiti malissimo dal ddl 735, come il mancato ripristino del pieno diritto dei figli all'ascolto, malamente e illegittimamente amputato dal D.lgs 154/013; o il mantenimento del figlio maggiorenne, inspiegabilmente bloccato a 25 anni (basterebbe pensare agli studenti di medicina...).
Ma preferisco chiudere limitandomi ad un'altra previsione, che parte più da lontano e vuole tutelare i figli anche prima della nascita (pdl 942): " Se i genitori non sono coniugati e non convivono, il padre è tenuto a condividere con la madre ogni spesa relativa al parto non coperta dal SSN in misura proporzionale alle risorse economiche di ciascuno e a provvedere al mantenimento di lei per un periodo di tre mesi ove non provvista di sufficienti risorse economiche. Tali contributi spettano alla madre anche nel caso di un parto in cui il nascituro muore".
Data: 02/11/2018 15:00:00
Autore: Marino Maglietta