Cassazione: cibo alternativo ai detenuti allergici
di Gabriella Lax – Anche il menù del carcere dovrà tenere presenti le allergie alimentari dei detenuti. A stabilirlo è la sentenza 51209 della prima sezione penale della Cassazione depositata oggi e relativa all'udienza svoltasi lo scorso 25 settembre (sotto allegata).
Cassazione, i detenuti allergici hanno diritto a cibo alternativo dello stesso genere
Anche ai detenuti dovrà essere garantita una dieta varia ed equilibrata a tutela del diritto alla salute: in caso di presenza di allergie alimentari dei reclusi gli alimenti che procurano problemi devono essere sostituiti con altri ben tollerati e dello stesso "genere". Così ha stabilito la Suprema Corte, accogliendo il ricorso di un detenuto in regime di 41 bis prima nel carcere di Terni e ora in quello di Viterbo, che presentava una documentata e certificata allergia al pesce azzurro. L'amministrazione penitenziaria, preso atto dell'intolleranza alimentare dell'uomo aveva eliminato ogni tipo di pesce dalla sua dieta, nonostante il personale sanitario del penitenziario avesse indicato il pesce 'alternativo' al pesce azzurro che doveva essere preparato almeno due volte a settimana. In prima istanza, il magistrato di sorveglianza aveva dato ragione al detenuto mentre in seguito il Tribunale di sorveglianza di Perugia aveva sostenuto la tesi della «piena fungibilità della carne con il pesce a fini nutrizionali» e la conseguente assenza di lesione al diritto alla salute. La parola definitiva arriva con la sentenza della Suprema Corte ha dato piena ragione al reclamo, richiamando l'art. 9 dell'Ordinamento penitenziario stabilisce che ai detenuti «sia assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata, tra l'altro, allo stato di salute».
La Cassazione chiarisce, nel caso di specie come la particolare dieta del detenuto ricorrente «nell'escludere taluni alimenti, ricomprende tipi di pesce assolutamente comuni, notoriamente reperibili sul mercato anche a prezzi economici. A fronte di ciò - e di una tabella vittuaria che dovesse includere una o più porzioni settimanali di pesce nella dieta, l'Amministrazione (penitenziaria, nds) dovrebbe dare adeguato conto delle contingenti ragioni, di ordine organizzativo, finanziario, o di altra natura, che le impediscano di adeguarvisi, imponendo il bando totale dell'alimento dai pasti del detenuto». In relazione alla sentenza del magistrato di Perugia che aveva prescritto al detenuto un menù di sola carne, la Suprema corte chiarisce che «in nessun modo il giudice di sorveglianza si può sostituire agli organici tecnici e stabilire ciò che rientri o non nella nozione di alimentazione sana ed equilibrata».
Data: 12/11/2018 18:33:00Autore: Gabriella Lax