E' legittima la perizia sulla personalità dei genitori separati?
di Marco Pingitore* - Il concetto di "idoneità genitoriale" deriva dalla Legge n. 183/84 (affidamento e adozione) in cui sono previsti, per gli adottanti, l'esame della personalità, l'idoneità affettiva e la capacita' di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare.
- Cos'è l'idoneità genitoriale?
- L'attuale prassi nei Tribunali italiani
- Se il Tribunale non può curare perché deve diagnosticare?
- Per qualsiasi attività sanitaria è necessario il consenso informato
- Conclusioni e proposte
Cos'è l'idoneità genitoriale?
Il termine "idoneità", invece, non compare nell'ambito delle separazioni e affidamento dove, al contrario, non è previsto alcun esame di personalità per i genitori separati.
La Costituzione all'art. 30 utilizza il termine "incapacità" facendo riferimento al dovere e al diritto dei genitori di "mantenere, istruire ed educare i figli".
Tuttavia, è l'art. 337-ter co. 1 del Codice Civile che sembra declinare il concetto di idoneità genitoriale come la capacitàdel genitore di rispettare il diritto del figlio "di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi i genitori e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale".
Alla luce di queste preliminari osservazioni è pacifico ritenere che il concetto giuridico (non psicologico) di idoneità genitoriale richiami i diritti del figlio, sempre soccombenti a quelli dei genitori.
L'attuale prassi nei Tribunali italiani
Attualmente, in Italia, è prassi molto diffusa servirsi delle Consulenze Tecniche di Ufficio (CTU) per compiere indagini tecniche, di natura psicologica/medica, al fine di valutare l'idoneità dei genitori separati.
Anche tra gli addetti ai lavori sembra essere assente una definizione unanime del concetto di "idoneità genitoriale". Taluni richiamano la letteratura scientifica straniera, altri quella italiana.
In generale, si tende a confondere il costrutto psicologico con il concetto giuridico. Il primo si basa essenzialmente sulla personalità del genitore e sulle sue determinate capacità psicologiche di svolgere la funzione genitoriale; il secondo, come sopra esposto, richiama esclusivamente la capacità del genitore di rispettare i diritti del figlio nei casi di disgregazione familiare.
Nelle CTU, troppo spesso, si assiste ad una vera e propria valutazione della personalità di entrambi i genitori (corredata da diagnosi medica/psicologica), anche attraverso l'utilizzo di test psicologici di personalità. Tali indagini peritali sembrano essere quasi esclusivamente concentrate sui genitori e poco sul figlio, sostenendo, tramite un ragionamento circolare, che la personalità dei genitori genera il conflitto coniugale che, a sua volta, genera un pregiudizio sul figlio.
Le CTU, che ormai potremmo provocatoriamente definire TSU (Trattamenti Sanitari d'Ufficio), sembrano insistere sull'esame approfondito della personalità dei genitori secondo la convinzione che, rilevando un eventuale disturbo di personalità, si possa arrivare ad una conclusione di idoneità o non idoneità genitoriale. Il rischio è concreto e di facile comprensione: il disturbo di personalità potrebbe corrispondere ad un'automatica incapacità genitoriale.
Altra prassi molto diffusa nei Tribunali italiani è la cura della salute dei genitori. Richiamando il ragionamento circolare già esposto, potremmo completarlo in questo modo: la personalità dei genitori genera il conflitto coniugale che, a sua volta, genera un pregiudizio sul figlio, per cui, per evitare il conflitto, è necessario curare i genitori intervenendo sulla loro personalità.
La maggior parte delle CTU, infatti, si conclude con un suggerimento al Giudice di "invitare" (prescrivere/ordinare) i genitori ad intraprendere un trattamento sanitario di tipo psicologico, il più delle volte un sostegno psicologico alla genitorialità e/o una psicoterapia. Per cui, entrambi i genitori dovrebbero: modificare il loro comportamento, andare d'accordo, cambiare.
Su questa convinzione, un noto Tribunale italiano nel 2017 ordinò un intervento psicologico in capo alla madre per modificarle il distorto convincimento sull'ex compagno.
Un sistema, questo, che sembra rimanere sempre complessivamente concentrato sui genitori e poco sul figlio, quasi sempre sullo sfondo.
Il Tribunale può curare i genitori?
Giungiamo, così, al focus dell'articolo.
L'art. 32 della Costituzione sancisce un diritto fondamentale dell'individuo: nessun soggetto può subire un trattamento sanitario contro la propria volontà, se non disposto per legge.
Concetto richiamato da un'importante sentenza della Cassazione Civile (n. 13506/15) e da numerosi articoli del Codice Deontologico degli Psicologi (cfr. "Documento sulle prestazioni sanitarie etero-determinate: diritto alla salute e libertà di scelta" a cura dell'Ordine degli Psicologi della Calabria).
Per tal motivo, non è possibile imporre alcun trattamento sanitario in capo ai genitori, neanche laddove il loro conflitto venga ritenuto (in che modo?) pregiudizievole per la salute psicofisica del figlio, partendo dal presupposto che in nessun modo si potrebbe garantire un "cambiamento" dei genitori (che si intende per cambiamento?) e che, in ogni caso, mentre i genitori cercano di cambiare in modo "spintaneo" (spinti dal Tribunale ad intraprendere in modo spontaneo un intervento psicologico), i diritti del figlio continuerebbero ad essere violati.
Anche in presenza di un consenso informato sottoscritto da entrambi i genitori, sarebbe da ritenere non valido perché viziato dalla prescrizione del magistrato che, in caso di insuccesso o di mancata adesione, potrebbe adottare provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale di uno o di entrambi. Un messaggio del Tribunale che potrebbe essere così sintetizzato: "o vi curate o verranno presi provvedimenti" prevedendo un'imposizione-minaccia che non sembra garantire al figlio il "cambiamento" dei genitori su cui pende la loro responsabilità genitoriale.
Se il Tribunale non può curare perché deve diagnosticare?
Ma se il Tribunale non può occuparsi della generica cura della salute dei genitori, come mai nelle CTU l'obiettivo delle indagini sembra essere quasi esclusivamente l'esame della loro personalità?
Subentra, a questo punto, un nodo complesso legato al consenso informato.
Con l'introduzione, quasi contemporanea, delle Leggi n. 3/18 e 219/17 appare illegittima qualsiasi attività di tipo sanitario sui genitori (non sul figlio) nei casi di separazione e affidamento.
La prima Legge (n. 3/18) decreta il passaggio definitivo della professione di Psicologo sotto l'egida del Ministero della Salute: dal 2018 lo Psicologo è a tutti gli effetti una Professione Sanitaria.
La seconda Legge (n. 219/17) introduce, finalmente, il concetto di consenso informato a cui tutte le professioni sanitarie (in particolare Medici e Psicologi) devono attenersi in ambito sanitario-clinico.
Per quanto riguarda lo Psicologo, sono vigenti anche alcune norme del Codice Deontologico in tema di consenso informato (artt. 4, 6, 18, 24, 25).
A questo punto, potremmo iniziare a porci dei quesiti:
- è lecito effettuare una diagnosi clinica sui genitori (per diagnosi qui si intende qualsiasi accertamento/rilievo di natura sanitaria) all'interno di un contesto giudiziario (CTU) in cui non è prevista per legge?
- è legittimo ricorrere ad attività sanitarie (esame di personalità e somministrazione test psicologici) sui genitori per indagare sulle loro generiche (e non specifiche) capacità genitoriali che, in realtà, richiamano un concetto giuridico?
- se il genitore o entrambi i genitori esplicitassero al CTU di non volersi sottoporre ad un accertamento diagnostico, quali potrebbero essere le ripercussioni sull'esercizio della loro responsabilità genitoriale?
Per qualsiasi attività sanitaria è necessario il consenso informato
La legge, perciò, stabilisce che per qualsiasi trattamento sanitario è necessario il consenso informato del soggetto, orientamento confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Per trattamento sanitario si intende qualsiasi attività del CTU di tipo sanitaria, quale diagnosi psicologica, esame di personalità, somministrazione di test di personalità ecc.
Naturalmente, come illustrato, sarebbe impensabile richiedere il consenso informato ai genitori in CTU per cui, inevitabilmente, si pongono delle perplessità:
- è legittimo effettuare una diagnosi psicologia sui genitori in CTU?
- perché diagnosticare se il Tribunale non può curare?
- è un diritto del genitore (soggetto adulto) di scegliere liberamente il professionista sanitario di fiducia per eventualmente sottoporsi ad un trattamento sanitario di tipo psicologico?
- è un diritto del genitore rifiutare l'attività sanitaria del CTU anche in presenza di quesiti peritali volti alla diagnosi psicologica, esame di personalità e somministrazione di test?
- è un diritto del CTU, eventualmente, rifiutare quesiti peritali che contengano richieste di indagini sanitarie sui genitori?
- è un diritto del professionista successivamente incaricato (pubblico o privato) rifiutare l'attività sanitaria imposta dal Tribunale?
È pacifico ritenere, inoltre, che neanche in caso di psicopatologia del genitore al CTU sarebbe consentita l'indagine sanitaria in quanto, anche in questo caso, verrebbe probabilmente leso il diritto del genitore sancito dall'art. 32 della Costituzione.
Questioni complesse che devono necessariamente trovare una risposta.
Conclusioni e proposte
In sintesi potremmo affermare che:
- nelle CTU non sarebbe possibile compiere alcuna attività peritale di tipo sanitaria sui genitori;
- il Tribunale non può occuparsi della cura della salute dei genitori, ma dovrebbe tutelare i diritti dei cittadini (adulti e minorenni).
Alla luce di queste osservazioni, è necessario compiere un cambio di prospettiva: dai genitori al figlio. E' su quest'ultimo che le indagini peritali dovrebbero essenzialmente essere rivolte con l'obiettivo di indagare sul suo punto di vista, sui suoi bisogni e sulla sua salute psicofisica. E' dal figlio che bisognerebbe partire per giungere ad una conclusione di idoneità genitoriale.
Secondo una recente sentenza della Cassazione (Civile, sez. VI-1, ordinanza n. 16738/18, Pres. Scaldaferri, Rel. Bisogni), il Tribunale deve effettuare un giudizio prognostico sulle capacità genitoriali di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione. Nello specifico, i giudici di primo grado devono valutare:
- il modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti;
- le rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione, disponibilità ad un assiduo rapporto;
- la personalità dei genitori;
- le consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che i genitori sono in grado di offrire al figlio.
Se provassimo ad effettuare un cambio di prospettiva, spostando il figlio dallo sfondo al centro dell'indagine peritale, i giudici di primo grado dovrebbero valutare:
- il modo in cui il figlio è stato cresciuto ed educato;
- la capacità del figlio (in base alla sua età e alla sua capacità di discernimento) di relazione affettiva con entrambi i genitori, comprensione, autodeterminazione, disponibilità ad un assiduo rapporto con entrambi i genitori;
- lo stato di salute psicofisica del figlio;
- le consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare del figlio.
Secondo questa differenziazione, il figlio sarebbe centrale e non più periferico all'interno delle indagini peritali che dovrebbero avere esclusivamente l'obiettivo di indagare le condotte, eventualmente pregiudizievoli, dei genitori e le dinamiche relazionali tra i membri della famiglia divisa.
Ciò che dovrebbe interessare al Tribunale non è il motivo delle condotte pregiudizievoli del genitore, ma la loro presenza e le relative ricadute psicologiche sul figlio.Potremmo sintetizzare affermando che al Tribunale non dovrebbe interessare il "perché" di un determinato comportamento di un genitore, ma "come" quel determinato comportamento possa essere lesivo dei diritti del figlio, compiendo in CTU un cambiamento sostanziale: non indagare la personalità del genitore, ma le loro condotte pregiudievoli.
Non è, quindi, il disturbo di personalità che andrebbe rilevato, ma i comportamenti dei genitori, le loro modalità comunicative, le dinamiche relazionali e le relative ricadute psicologiche sul figlio.
Di seguito degli esempi:
- di fronte ad un genitore che impedisce l'accesso del figlio all'altro genitore, al Tribunale non dovrebbe interessare il motivo alla base di quel comportamento, ma sostanzialmente se lo adotta, per poi prendere relativi provvedimenti giudiziali (non sanitari);
- se un genitore denuncia il rifiuto immotivato del figlio perché dovrebbe essere sottoposto ad indagine di personalità con successiva prescrizione di cura?
- se un CTU rileva un importante disturbo di personalità in capo ad un genitore, dovrebbe mettere in rilievo non tanto gli aspetti sanitari legati al disturbo, ma gli effetti psicologici e relazionali dei comportamenti del genitore sul figlio, nello specifico "come sta il figlio con quel genitore?" piuttosto di "come sta il genitore con quel figlio?".
Queste sintetiche osservazioni rappresentano solo uno spunto preliminare di un dibattito molto più complesso e articolato che sicuramente a breve sarà avviato dagli addetti ai lavori.
* Dott. Marco Pingitore
Psicologo-Psicoterapeuta
Data: 10/01/2019 21:30:00
Autore: VV AA