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Il giudice robot tra paure e realtà

Il giudice robot in alcuni Stati è già una realtà, in Italia invece c'è una certa resistenza all'intelligenza artificiale "legal". Etica o paura?


di Annamaria Villafrate - L'intelligenza artificiale e il giudice robot sono tematiche su cui il mondo degli addetti ai lavori si sta interrogando da anni. Nei paesi anglosassoni le sperimentazioni, al momento, hanno dato buoni risultati. In Italia, invece, a parte nicchie piuttosto ristrette, è palpabile una certa resistenza per motivi etici e pratici legati al nostro sistema giudiziario e alla paura, più che comprensibile, di perdere il lavoro.

Intelligenza artificiale e capacità di giudizio

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L'intelligenza artificiale è sicuramente materia affascinante per chi ama la tecnologia. Algoritmi capaci di apprendere come il cervello umano sono da anni oggetto di studio e applicazione concreta in molte realtà lavorative, compresi tribunali e studi legali. In alcuni casi con esiti positivi, come nelle corti di giustizia americane, in altri con risultati decisamente più criticabili. Nessun problema ad accettare che l'intelligenza artificiale rimpiazzerà negli anni le professionalità addette a svolgere mansioni ripetitive, credere però che un algoritmo possa sostituire addirittura un giudice, pare del tutto inverosimile.

Chi contempla questa possibilità, non solo non ama il diritto, ma non ne comprende neppure la natura. Il diritto è materia "vivente", mutevole, che cambia ed evolve con la società. Come è possibile istruire un algoritmo a questo? Come si può pensare di sostituire l'esperienza umana, filtrata dai sentimenti, con mere sequenze di dati? Il progresso raggiunge il suo risultato ideale quando aiuta l'uomo e lo supporta, non quando si sostituisce interamente a lui. A parte questo tema etico, di non secondaria importanza, ci sono dei problemi di tipo pratico che non si possono ignorare in una decisione presa da un robot. Vediamo quali.

Le sentenze del Giudice Robot sono sempre esatte?

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Nel momento in cui un algoritmo viene istruito in un certo modo per emettere una sentenza, correttezza "giuridica" a parte, il giudice robot non potrà mai:

Fatta questa doverosa riflessione e nonostante i limiti evidenti connaturati a un tipo d'intelligenza "rigida", i giudici robot da qualche anno sono oggetto di una certa attenzione.

Esperimenti e applicazioni dei giudici robot

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Risale infatti al 2016 la notizia dell'esperimento della University College London che, dopo aver sottoposto a un algoritmo più di 500 casi di cui si era occupata la Corte Europea, hanno ottenuto nel 79% dei casi la perfetta corrispondenza tra le pronunce robotiche e quelle umane. Un bel risultato insomma, anche se l'obiettivo, stando alle dichiarazioni del portavoce del gruppo di ricerca, era di dimostrare che, sia giudici che avvocati possono avvalersi di strumenti capaci di analizzare e processare una gran mole di dati che, diversamente, non sarebbero in grado di fare. Non un rimpiazzo, insomma, ma un supporto a chi è costretto quotidianamente a leggere una mole enorme d'informazioni, spesso senza riuscirci, se non dopo uno sforzo lungo e intenso.

Nello stesso anno in diversi studi legali milanesi arrivava invece Ross, frutto del progetto della IBM "Watson", un'intelligenza artificiale capace di leggere il linguaggio umano, fare ricerche e restituire soluzioni dopo aver analizzato un numero elevato di normative e sentenze.

Giudici robot: in Italia?

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Un robot al posto del giudice in Italia, certo, potrebbe risolvere tantissimi processi. Ma le applicazioni all'estero sono molto più numerose che nel nostro paese, dove più che giudici robot, ci sono soprattutto avvocati robot, specialmente negli studi legali con un'impostazione internazionale. I giuristi periodicamente si interrogano sul tema dell'intelligenza artificiale, spesso condizionati da paure più che legittime, che colpiscono tutte le categorie lavorative: che ne sarà di giudici e avvocati se a sostituirli ci saranno i robot?

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Data: 25/01/2019 06:00:00
Autore: Annamaria Villafrate