Baby gang, punibilità a 12 anni
di Gabriella Lax – Il limite dell'imputabilità che scende da 14 a 12 anni, l'esclusione delle premialità stabilite nei casi dei reati compiuti dai minori quando c'è l'aggravante dell'associazione e un giro di vite sulla "difesa" dei minori che compiono reati: deve essere dimostrata in maniera stringente l'incapacità di intendere e volere. Questi i contenuti principali del disegno di legge promosso dalla Lega contro le baby gang.
Baby gang, il ddl: punibilità a 12 anni
Massacri e pestaggi feroci, fatti in gruppo che, in alcuni casi provocano morti. Il fenomeno delle baby gang è in crescita in tutto il Paese. È Bologna la capofila per il numero delle baby gang, seguita da Roma, Catania, Bari, Palermo, Napoli, Genova, Torino e Milano. Secondo l'Osservatorio nazionale adolescenza su 7.000 adolescenti presi in esame su tutto il territorio nazionale: il 6,5% fa parte di una gang, il 16% ha commesso atti vandalici e 3 su 10 hanno partecipato a risse. Non ci sta la Lega e presenta un disegno di legge, il cui primo firmatario è Gianluca Cantalamessa, coordinatore leghista in Campania. La proposta, il cui obiettivo è la repressione e alla certezza della pena, è stata firmata da tutti i membri del partito in Commissione Giustizia e depositata per l'approvazione ed è stata estesa ai deputati del M5S. Se, secondo l'articolo 224 del codice penale, attualmente, un soggetto che commette un crimine sotto i 14 anni non può ricevere una pena, con la nuova disposizione sarà punibile già dal compimento di 12 anni. Sostanzialmente si assisterebbe all'abbassamenti di due anni del limite di impunibilità, a cui si aggiunge l'aggravante se il reato è stato commesso in gruppo, la impossibilità di fare ricorso alle attenuanti e l'estrema difficoltà ad appellarsi, per il minore, alla facoltà di non intendere e volere.
Baby gang, le reazioni alla proposta di legge della Lega
Nel commentare la proposta di legge del Carroccio, come riportato da Adnkronos, la presidente dell'Osservatorio, Maura Manca evidenzia come «si continua ad investire troppo poco in prevenzione – ed ancora - nonostante ci si renda conto dell'esistenza di un problema così grave, non si fa nulla per affrontarlo alla radice: è assurdo. I comportamenti aggressivi hanno una traiettoria evolutiva e sono specifici – chiarisce - Ma è necessario intervenire ai primi segnali, altrimenti non ci resta che punire i ragazzi per poi cercare di reintegrarli con un costo sociale enorme. Se viene proposta una nuova legge, vuol dire che la questione non è stata affrontata alla radice. E insisto: è fondamentale il ruolo della scuola, già dalle elementari. Non possiamo continuare a mettere cerotti». Per il Garante all'infanzia, Filomena Albano: «la precocità di comportamenti così detti criminali non si contrasta anticipando l'età dell'imputabilità, ma piuttosto ricostruendo reti educative e intervenendo a sopperirle dove mancano». Secondo Albano « se un dodicenne è stato capace di ferire qualcuno non vuol dire che si renda anche conto delle conseguenze della propria azione, del perché ha agito in quel modo – infatti - La personalità e con essa la capacità di comprensione di una data situazione e la volontà di agire sono ancora in costruzione. Ma non intervenire penalmente non significa non intervenire affatto. È necessario prendere in carico la situazione in modo tempestivo, attraverso un intervento educativo proporzionale alla lacuna che deve andare a colmare, che può arrivare anche – nelle ipotesi più gravi - all'allontanamento del minorenne dal contesto familiare inadeguato». Insiste il Garante «meglio sarebbe lavorare sulla prevenzione, investendo in termini di educazione e di ricostruzione di reti territoriali sane: educare è un compito che non riguarda solo la famiglia e la scuola ma coinvolge l'intera comunità».
Data: 17/02/2019 08:00:00Autore: Gabriella Lax