Cassazione: bacio sul collo non voluto? É violenza sessuale
di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 12250/2019 (sotto allegata) della Cassazione dichiara inammissibile il ricorso dell'imputata, condannata per il reato di violenza sessuale. Secondo gli Ermellini infatti, il bacio sul collo dato da una donna alla collega, mentre costei è intenta a preparare un borsone, integra il reato di violenza sessuale. Da quanto emerso dal giudizio di merito e dalle prove raccolte è risultato infatti che il comportamento dell'imputata nei confronti della vittima risultava "morboso", come emerso anche da una serie di sms inviati dalla stessa alla persona offesa, che aveva dimostrato di non voler intrattenere con la collega né un rapporto sentimentale né di natura sessuale.
La vicenda processuale
La Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, concede all'imputata l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p rideterminando la pena per il reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale a cui veniva condannata perché costringeva con violenza una collega a subire atti sessuali. La vittima, intenta a preparare un borsone, veniva infatti abbracciata con forza dall'imputata che la baciava sul collo.
La ricorrente, chiede l'annullamento della sentenza per due motivi:
- contraddittorietà della motivazione (articolo 606, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale) in relazione alle risultati dell'esame di due testi, che, a suo dire, hanno fornito due ricostruzioni diverse dei fatti, dai quali la corte avrebbe potuto dedurre l'assenza di qualsiasi finalità sessuale del suo gesto;
- inosservanza della legge penale per mancata applicazione dell'articolo 131-bis c.p.
La Corte d'appello ha escluso erroneamente l'ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del fatto nonostante abbia ritenuto minima la costrizione alla libertà di autodeterminazione della vittima.
Baciare sul collo la collega integra il reato di violenza sessuale
La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Il primo motivo del ricorso è da respingere in quanto sia dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa che dai testi la natura sessuale del gesto è stata provata con chiarezza e coerenza. Dalla sentenza è emerso infatti che la vittima non gradiva avere rapporti né sentimentali né sessuali con la collega. Il bacio dato alla collega per la Corte d'appello aveva chiaramente un connotato sessuale. Questo perché l'imputata, come emerso dai numerosi sms inviati alla vittima, aveva manifestato un'interesse morboso nei suoi confronti. Nel giungere a tale conclusione il giudice di secondo grado ha fondato la sua decisione sulle dichiarazioni della persona offesa che, tra l'altro, come richiesto dalla SU n. 41461/2012 devono essere valutate con maggiore rigore rispetto a quelle di qualsiasi altro testimone.
In merito al secondo motivo del ricorso la Cassazione ribadisce "il principio di diritto per il quale il reato di violenza sessuale, quantunque attenuato, come nel caso di specie, dalla diminuente del caso di minore gravità, non consente quoad poenam l'applicabilità della causa di non punibilità ex articolo 131-bis del codice penale".
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Data: 28/03/2019 08:00:00Autore: Annamaria Villafrate