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Nuova class action: la riforma è legge

L'Aula di Palazzo Madama ha approvato il provvedimento che rinnova la disciplina della class action, facendola transitare nel codice di procedura civile. Ecco cosa cambia


di Lucia Izzo - La riforma della class action è legge. Con 206 voti a favore, un solo contrario e 44 astenuti, l'aula del Senato conferma il via libera al d.d.l. che riforma l'impianto tradizionale dell'azione di classe, rinnovata ed estesa sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.


Esulta su Facebook il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dopo l'ok di Palazzo Madama: "La class action in Italia è legge. Fino ad ora era limitatissima e aveva diversi paletti che l'avevano resa inutilizzabile. Noi l'abbiamo fatta diventare uno strumento generale. Era un altro punto del contratto di governo ed è stato realizzato in nove mesi. Finalmente la giustizia in Italia è al servizio dei cittadini onesti".

Critici i senatori di Forza Italia, che si sono in gran parte astenuti sottolineando il rischio che il provvedimento possa alterare gli equilibri in gioco: il testo viene ritenuto "blindato, pericoloso e inadeguato" e "squilibrato a favore dei consumatori e foriero di grandi rischi per le imprese". In particolare, si ritiene che le imprese possano uscirne penalizzate, che gli investimenti stranieri siano allontanati e quelli interni scoraggiati. Nei mesi scorsi anche Confindustria si era espressa contro il provvedimento definito "punitivo"nei confronti delle aziende.

Class action nel codice di procedura civile: cosa cambia?

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Tra le maggiori novità emerge, innanzitutto, lo spostamento della disciplina dell'azione di classe che, dal codice del consumo, transita all'interno del codice di procedura civile (Titolo VIII-bis dei procedimenti collettivi). Cade in questo modo ogni riferimento a consumatori e utenti, di conseguenza l'azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di "diritti individuali omogenei" (ma non a interessi collettivi).

Legittimati a proporre l'azione non saranno solo i singoli componenti della classe, bensì anche le organizzazioni e le associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia. L'azione potrà essere esperita nei confronti di imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle rispettive attività e fatte salve le disposizioni in materia di ricorso per la pubblica amministrazione.
Dal punto di vista oggettivo, invece, l'azione di classe si potrà esperire per tutelare tutte le situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. In sostanza, la proponibilità non sarà limitata ai soli casi di responsabilità contrattuale, potendo riguardare anche quella extracontrattuale.

Nuova class action: il procedimento

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La domanda potrà essere avanzata esclusivamente innanzi alla sezione specializzata del Tribunale in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente. La domanda si proporrà con ricorso e il procedimento sarà quello più snello e celere del rito sommario di cognizione, definito con sentenza resa nel termine di trenta giorni successivi alla discussione orale della causa. Non sarà consentito disporre il mutamento del rito.

Il procedimento della nuova class action sarà articolato in tre fasi: la prima e la seconda relative, rispettivamente, all'ammissibilità dell'azione e alla decisione sul merito, di competenza del Tribunale delle imprese e l'ultima, affidata ad un decreto del giudice delegato, relativa alla liquidazione delle somme agli aderenti alla classe.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, è pubblicato nell’area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia. Entro 30 giorni dalla prima udienza il tribunale decide con ordinanza, anch'essa pubblicata sul portale, sull'ammissibilità o meno della domanda. Ulteriori azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti dello stesso resistente dovranno essere proposte entro 60 giorni dalla pubblicazione del ricorso

L'adesione all'azione di classe

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Una volta accettata la richiesta, il Tribunale fissa un termino perentorio (non inferiore a 60 giorni e non superiore a 150 giorni) dalla data di pubblicazione dell'ordinanza, per l'adesione all'azione da pare di altri "soggetti portatori di diritti individuali omogenei".

La riforma prevede una doppia fase di adesione (c.d. opt-in), fortemente criticata da Confindustria: si potrà aderire all'azione di classe, non solo, nella fase immediatamente successiva alla pubblicazione dell'ordinanza che ammette l'azione, ma anche in una fase successiva, ovvero dopo la pronuncia della sentenza che definisce il giudizio, e che dunque accoglie l'azione di classe accerta la responsabilità del convenuto. Anche in questo caso sarà il Tribunale ad assegnare un termine per l'adesione.
L'aderente non assumerà la qualità di parte, ma potrà accedere al fascicolo informatico e ricevere tutte le comunicazioni a cura della cancelleria. Inoltre, qualora sia nominato un consulente tecnico d'ufficio, l'obbligo di anticipare le spese, l'acconto e il compenso a quest'ultimo spettanti sono posti, salvo che sussistano specifici motivi, a carico del convenuto.

Il patto di "quota lite"

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Altra disposizione che preoccupa le imprese è quella che riconosce la c.d. quota lite ai rappresentanti della classe e ai difensori, ovvero un compenso ulteriore rispetto alla somma che il convenuto dovrà pagare a ciascun aderente alla classe a titolo di risarcimento.
L'ammontare della quota lite è stabilito a scaglioni, in considerazione del numero dei componenti la classe, in misura progressiva e calcolato sull’importo complessivo dovuto a tutti gli aderenti. Il giudice potrà correggere gli automatismi, aumentando o riducendo l'importo, utilizzando una serie di criteri specifici (complessità dell'incarico, ricorso a coadiutori, qualità dell'opera, sollecitudine nella conduzione delle attività, numero di aderenti).

L'azione inibitoria collettiva

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La riforma introduce, accanto alla class action, anche la possibilità di esperire un'azione inibitoria collettiva nei confronti degli autori di condotte lesive (imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente a fatti commessi nello svolgimento delle loro rispettive attività).
Chiunque vi abbia interesse, oltre alle organizzazioni e associazioni (iscritte nel citato elenco), potrà chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità la cessazione di un comportamento lesivo o il divieto di reiterare una condotta commissiva o omissiva.
In caso di condanna, il Tribunale potrà, su richiesta del P.M. o delle parti, ordinare alla parte soccombente di adottare le misure idonee a eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate. Qualora l'azione inibitoria collettiva sia proposta congiuntamente all'azione di classe, il giudice disporrà la separazione delle cause.
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Data: 03/04/2019 23:00:00
Autore: Lucia Izzo