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TSO anoressia

I disturbi dell'alimentazione sono patologie psichiatriche anche gravi, rispetto alle quali la possibilità di ricorrere al TSO è tuttavia dibattuta. Facciamo il punto sul TSO per anoressia


di Valeria Zeppilli – Il trattamento sanitario obbligatorio è un trattamento particolare che può essere attivato solo come extrema ratio, se vi sono urgenza clinica e motivata necessità e nel rispetto delle particolari cautele prescritte dalla legge. Esso, infatti, si estrinseca in una serie di procedure sanitarie che possono essere applicate a un soggetto affetto da una patologia psichiatrica grave che non può essere diversamente gestita, nonostante il suo rifiuto (vai alla guida Il trattamento sanitario obbligatorio (TSO)).

L'anoressia nervosa

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Tra le malattie mentali possono essere ricoprese a pieno anche l'anoressia nervosa e tutti i disturbi dell'alimentazione. L'anoressia nervosa rappresenta, peraltro, una delle principali cause di decesso delle donne di giovane età.

Il rifiuto delle cure

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I soggetti affetti da anoressia nervosa sono spesso inconsapevoli dei problemi che possono loro derivare dal rapporto che instaurano con il cibo, mentre i danni fisici e sociali che tale malattia comporta sono significativi.

Non è raro, quindi, che chi è colpito da anoressia rifiuti le cure, nonostante presenti già delle gravi complicanze, con tutti i rischi che ne conseguono sulla salute.

TSO anoressia: opinioni contrastanti

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Per tali ragioni, da diversi anni è sorto un dibattito in merito alla attuabilità o meno del TSO nell'anoressia nervosa.

Per alcuni, infatti, si tratta di un trattamento che contrasta con la relazione terapeutica; per altri, invece, lo stesso può essere attuato e utilizzato come un trattamento salvavita.

TSO anoressia in Italia

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In Italia, anche in ragione di tali contrasti, il numero di TSO per l'anoressia nervosa è tra i più bassi d'Europa.

Si tratta di un dato che, comunque, viene valutato in maniera differente. Per alcuni, infatti, sembra delineare la maggiore capacità dei centri specializzati di gestire tale patologia. Per altri, invece, esso dimostrerebbe che, in realtà, un numero cospicuo di pazienti in condizioni gravi non viene trattato in maniera adeguata.

Data: 09/05/2019 14:00:00
Autore: Valeria Zeppilli