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Assegno di divorzio: le ultimissime dalla Cassazione

La Corte conferma i principi delle Sezioni Unite in materia di assegno divorzile in attesa della discussione della proposta di legge di riforma dell'art. 5 della L. n. 898/70


di Lucia Izzo - È attesa per lunedì 13 maggio la discussione in Aula alla Camera della proposta di legge Morani che punta a modificare l'art. 5 della legge 898/1970 allo scopo di adeguare la fisionomia dell'assegno divorzile ai più recenti approdi giurisprudenziali e, in particolare, all'indirizzo di cui alla sentenza n. 18278/2018 delle Sezioni Unite di Cassazione.


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Il Supremo Consesso nomofilattico ha sottolineato la natura assistenziale, compensativa e perequativa dell'assegno di divorzio.
In particolare, ai fini del riconoscimento dell'esborso, si è preferito adottare un criterio composito che tenga conto di una serie di fattori: oltre alla valutazione delle rispettive condizioni economiche, si ritiene che il giudice debba verificare se un'eventuale sperequazione sia o meno la conseguenza del contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all'età dello stesso ed alla durata del matrimonio.
Gli Ermellini, nelle more dell'approvazione della legge, stanno facendo buon uso di tali principi nelle più recenti pronunce, come dimostrano le sentenze n. 12021, 12024 e 12039 (sotto allegate) con cui la prima sezione civile si è pronunciata in relazione all'assegno divorzile.

Tenore di vita e assegno di divorzio: valenza ridotta se non nulla

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Nella vicenda esaminata dalla sentenza 12039/2019, i giudici hanno ritenuto di accogliere il ricorso di un marito, particolarmente facoltoso, contro la decisione della Corte di Appello che aveva posto a suo carico un assegno di 2.500 euro nei confronti della ex moglie.
Nella sua decisione, la Corte territoriale aveva valorizzato il tenore di vita (alquanto lussuoso) goduto dai coniugi in costanza di matrimonio e garantito essenzialmente dall'uomo, non avendo la signora svolto alcuna attività lavorativa e avendo solo contribuito al soddisfacimento delle necessità della famiglia attraverso l'apporto dell'abitazione famigliare, di propria della madre, e le cure casalinghe ("integrando" in casa il lavoro di una colf part-time).
Gli Ermellini, richiamando il dictum delle Sezioni Unite e, ribadendo la funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa dell'assegno di divorzio, contestano al giudice del gravame di non aver considerato i criteri individuati dalle Sezioni Unite.
Quanto al criterio del tenore di vita, vigente e preminente in sede di determinazione e quantificazione dl'assegno di mantenimento in sede di separazione e irrilevante al momento del divorzio, secondo la Cassazione "è destinato ad avere quindi una valenza ridotta, se non nulla".

Niente assegno se nel tempo i redditi del richiedente si sono innalzati

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Nulla da fare anche per la signora che, innanzi alla Cassazione (sent. n. 12021/2019), contesta la decisione della Corte d'Appello che le aveva revocato l'assegno divorzile. La ricorrente ritiene che il reddito dalla lei percepito non le avrebbe consentito di mantenere il tenore di vita di cui avrebbe potuto godere con la prosecuzione del rapporto.

Applicando i principi di cui alle Sezioni Unite, il giudice del gravame ha ricostruito le condizioni economiche delle parti tenendo presente la loro evoluzione a far data dalla separazione e ritenendo che un eventuale riconoscimento non avrebbe potuto fondarsi sulla valorizzazione della sproporzione tra i redditi delle parti.
Infatti, negli anni la signora aveva visto rafforzarsi la sua posizione economica, grazie alla stabilizzazione lavorativa e al sostanzioso innalzamento dei redditi, mentre nel frattempo a carico del'uomo, che pur aveva mantenuto il suo lavoro, gravava il mantenimento di un figlio nato da una nuova relazione.
Ancora, nel negarle l'assegno, il giudice aveva valorizzato che la donna non aveva subito un apprezzabile deterioramento delle proprie condizioni economiche. Si tratta di una decisione che per i giudici è tutto sommato in linea coi principi recentemente espressi dalla giurisprudenza.

Divorzio: assegno e deterioramento delle condizioni economiche

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Discorso diverso per la ex moglie che, durante il matrimonio, aveva lavorato nell'azienda di famiglia e si era occupata anche della casa, dei figli e delle esigenze domestiche. La Cassazione (sent. 12024/2019) conferma l'assegno di 500 euro mensili spettante alla signora ritenendo che la Corte d'Appello abbia effettuato un esame corretto della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno.
Oltre al divario presente tra le situazioni reddituali dei coniugi (sfavorevole alla ex) emergente dalle risultanze delle dichiarazioni dei redditi, il giudice del gravame ha vagliato l'apporto della donna, nel corso della durata non breve della convivenza matrimoniale, al raggiungimento della situazione di benessere della coppia.
In particolare, nel valutare le risultanze istruttorie, la Corte ha evidenziato che il peggioramento delle condizioni economiche della donna risultava conseguente al venir meno del compenso mensile che le spettava in qualità di amministratore della società che gestiva insieme al marito, prima che la stessa fosse messa in liquidazione a seguito del divorzio.
Data: 11/05/2019 20:00:00
Autore: Lucia Izzo