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Convenzione di Dublino: cos'è e perchè si vuole cambiare

Evoluzione storica della Convenzione di Dublino (o Trattato di Dublino), il criterio di competenza in materia di diritto di asilo e le ragioni per le quali occorre modificarla


di Annamaria Villafrate - I flussi migratori che da qualche anno interessano alcuni Paesi del Mediterraneo portano a rimettere in discussione una delle principali fonti giuridiche sul diritto d'asilo. Le critiche si concentrano sul principio di competenza del paese di approdo sancito dalla Convenzione di Dublino (o Trattato di Dublino), perché deresponsabilizza tutti quegli Stati che, per la loro collocazione geografica, non sono coinvolti direttamente dal fenomeno. Da qui la necessità di analizzare la Convenzione, approfondire la questione della competenza relativamente alle domande di asilo e comprendere i motivi per i quali da anni, Italia in testa, alcuni Stati europei chiedono la modifica di questa fonte.

Indice:

Trattato di Dublino: cos'è

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La "Convenzione sulla determinazione dello stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli stati membri delle Comunità Europee" meglio nota come Convenzione di Dublino è un accordo internazionale stipulato per armonizzare le politiche nazionali in materia di asilo, così come previsto dal Consiglio Europeo di Strasburgo del dicembre 1989.

La Convenzione che istituisce il "Sistema di Dublino" viene sottoscritta appunto a Dublino il 15 giugno del 1990 da Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito. Nel 1997 aderiscono alla Convenzione Austria e Svezia e l'anno successivo la Finlandia.

Regolamenti di Dublino 2003 e 2013

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Nel 2003 il Regolamento di Dublino II sostituisce la Convenzione, tranne che per la Danimarca, a cui viene applicata nel 2006 in virtù di un accordo. Un protocollo sempre del 2006 invece estende l'applicazione del Regolamento di Dublino II a Islanda e Norvegia, mentre nel 2008 le norme sul diritto d'asilo vengono applicate anche alla Svizzera e al Lichestein e, grazie a un altro protocollo, alla Danimarca. Il 2013 è l'anno del Regolamento di Dublino III n. 604 che sostituisce il numero II e che è quello attualmente in vigore.

Finalità della Convenzione

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La Convenzione di Dublino nelle tre versioni succedutesi nel tempo è stata sottoscritta nel tentativo di dare una risposta alla materia migratoria che, soprattutto dopo l'introduzione del principio della libera circolazione delle persone, necessitava di un intervento regolatore.

Con il Regolamento del 2013 invece, come precisato nel considerando n. 2 cambiano le finalità: "Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un sistema europeo comune di asilo (CEAS), costituisce un elemento fondamentale dell'obiettivo dell'Unione europea di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nell'Unione." Per dare effettiva attuazione al diritto d'asilo il considerando n. 3 sancisce però che "nessuno sia rinviato in un paese nel quale rischia di essere nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di «non respingimento» (non-refoulement)."

La Convenzione di Dublino, come altre convenzioni e trattati, attua nel dettaglio uno degli aspetti del diritto d'asilo, previsto dall'art. 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea, ai sensi del quale: "Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato che istituisce la Comunità europea", così come gli articoli 67, 78 e 89 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Il principio di competenza sul diritto d'asilo

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Comprese le principali finalità delle varie Convenzioni, è necessario analizzare la disposizione del trattato più importante, ovvero quella che sancisce il criterio in base al quale lo Stato di approdo o arrivo è anche quello che ha la competenza a valutare la domanda d'asilo che lo straniero intende presentare. La norma in questione è contenuta nell'art. 13 dedicato all'ingresso e al soggiorno, il quale sancisce che: "Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all'articolo 22, paragrafo 3, del presente regolamento, inclusi i dati di cui al regolamento (UE) n. 603/2013, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera." Insomma, come anticipato, il primo Stato di approdo è anche quello competente ad esaminare la domanda d'asilo avanzata dallo straniero. Principio introdotto per evitare l'asylum shopping, consistente nella presentazione di domande multiple e richieste di asilo abusive.

Deroga al principio di competenza

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Il principio di competenza, criterio principe sancito dalla Convenzione di Dublino per determinare lo Stato che deve occuparsi della domanda d'asilo, prevede tuttavia una deroga all'interno del considerando n. 17 il quale dispone infatti che "Uno Stato membro dovrebbe poter derogare ai criteri di competenza, in particolare per motivi umanitari e caritatevoli, al fine di consentire il ricongiungimento di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela ed esaminare una domanda di protezione internazionale presentata in quello o in un altro Stato membro, anche se tale esame non è di sua competenza secondo i criteri vincolanti stabiliti nel presente regolamento."

Perché da anni la Convenzione viene messa in discussione

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Il fenomeno migratorio iniziato nel 2015, causato da dittature, guerre e instabilità politica di certi Stati ha rappresentato il punto di svolta per rimettere in discussione le politiche migratorie europee.

Questo a causa delle difficoltà manifestate dai paesi del mediterraneo nel gestire sbarchi frequenti e numerosi. Da qui la consapevolezza e la necessità di una maggiore razionalizzazione dei flussi, realizzabile in primis attraverso la modifica della normativa europea in materia.

In effetti, se la Convenzione di Berlino ha ottenuto il risultato d'impedire la presentazione di domande di asilo multiple, dall'altra ha sicuramente sfavorito quegli Stati che, a causa della loro posizione geografica, sono le mete predestinate dei flussi migratori provenienti dal Sud del mondo via mare. Italia, Francia e Spagna da qualche anno sono costrette a gestire in totale solitudine un fenomeno che in realtà riveste dimensioni europee, con tutte le difficoltà del caso. Senza considerare l'aspetto più importante del fenomeno, ovvero il fatto che spesso il richiedente asilo non vuole restare nel Paese di primo approdo, il più delle volte infatti preferisce raggiungere altri paesi del Nord Europa, in grado di offrire maggiori opportunità lavorative.

Un quadro di questo tipo, soprattutto negli ultimi due anni, ha inasprito i toni della discussione tra i pesi di primo approdo e gli organi europei. Da qui la richiesta di cambiare le regole, visto che sono mutate anche le dinamiche migratorie. Del resto il diritto è materia vivente che non può sottrarsi al cambiamento, nel momento in cui le regole non si rivelano risolutive di un problema di tale portata. L'Italia si fa portabandiera di questa necessità, perché se la realtà cambia, anche la legge deve cambiare.

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Data: 20/05/2019 14:00:00
Autore: Annamaria Villafrate