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L'amministrazione di sostegno non blocca la donazione

Per la Consulta al beneficiario dell'amministrazione di sostegno la legge non vieta espressamente di disporre per donazione


di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 114/2019 della Corte Costituzionale (sotto allegata) rigetta il ricorso del giudice remittente anche se dal punto di vista concettuale ne condivide il pensiero. Erra infatti il giudice nel ritenere che debba pronunciarsi l'incostituzionalità dell'art. 774 co. 1 c.c. per violazione degli artt. 2 e 3 Costituzione, perché di fatto non è presente nella disciplina dedicata all'amministrazione di sostegno un divieto espresso di donare per il beneficiario. L'art. 411 cc. infatti stabilisce che solo il giudice, può applicare, in quanto compatibili, le norme previste per interdetti, inabilitati e minori. Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno può quindi disporre per donazione, perché la legge non glielo vieta. Solo il giudice tutelare può imporre un limite di questo tipo.

La vicenda processuale

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Il Giudice tutelare del Tribunale di Vercelli solleva questioni di legittimità costituzionale dell'art. 774, co. 1 del codice civile "nella parte in cui non prevede che siano consentite, con le forme abilitative richieste, le donazioni da parte dei beneficiari di amministrazione di sostegno" per violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione. La questione viene sollevata perché nel corso di un giudizio un'amministratrice di sostegno chiede di essere autorizzata a disporre una donazione in nome e per conto della sorella, beneficiaria di un'amministrazione a tempo indeterminato dal 2006. In particolare la beneficiaria ha espresso il desiderio di donare alla figlia 10.000 euro per le sue imminenti nozze e per l'acquisto di una cucina e di destinare al figlio lo stesso importo. Il giudice appura la capienza patrimoniale necessaria per disporre dette donazioni, ritenendole congrue e genuine.

Le ragioni del giudice remittente

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Il problema per il giudice remittente sorge perché, il codice civile, in base a quanto stabilito dall'art. 774, non consente ai titolari di un'amministrazione di sostegno di disporre per donazione. Non si tratta di un divieto specifico in realtà, quanto piuttosto della necessità di appurare volta per volta se chi beneficia di un'amministrazione di sostegno abbia anche la piena capacità di disporre dei propri beni. Per il giudice remittente privare i soggetti sottoposti ad amministrazione il diritto di donare, è irragionevole e mortificante. Non solo, tale negazione "svuoterebbe completamente di contenuto il disposto dell'art. 410 c.c. – vera norma "cardine" dell'istituto in discorso – secondo cui l'amministratore di sostegno, nell'adempimento dell'incarico, deve tenere conto dei desideri, delle aspirazioni e dei bisogni del beneficiario." Egli chiede quindi "che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 774, primo comma, cod. civ., nella parte in cui non prevede che siano consentite, con le forme abilitative richieste, le donazioni da parte del beneficiario di amministrazione di sostegno."

L'amministrazione di sostegno non ostacola la donazione

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Nella sentenza n. 114/2019 la Corte Costituzionale, pur respingendo il ricorso del giudice remittente, in sostanza ne condivide il pensiero. La Corte ritiene infatti che la questione sollevata appare infondata perché in realtà nessuna norma vieta ai beneficiari dell'amministrazione di sostegno di donare. L'art. 774 co. 1 cc infatti non contiene un divieto espresso nei confronti del donante sottoposto ad amministrazione di sostegno di donare. Del resto quando il legislatore ha introdotto questo istituto lo ha fatto per fornire assistenza a soggetti diversi da interdetti, minori e inabilitati. Si tratta difatti di persone che anche solo temporaneamente e parzialmente si trovano nell'impossibilità di provvedere autonomamente a se stessi. "Introducendo l'amministrazione di sostegno, il legislatore ha dotato l'ordinamento di una misura che può essere modellata dal giudice tutelare in relazione allo stato personale e alle circostanze di vita di ciascun beneficiario e in vista del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità. (…). L'orientamento costantemente seguito dalla Corte di Cassazione, infatti, è nel senso di ritenere che tutto ciò che il giudice tutelare, nell'atto di nomina o in successivo provvedimento, non affida all'amministratore di sostegno, in vista della cura complessiva della persona del beneficiario, resta nella completa disponibilità di quest'ultimo."

L'art. 411 c.c. non vieta le donazioni, ma riconosce al giudice il potere di farlo

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Inoltre l'art. 411 co. 4 c.c dispone che è nei poteri del giudice decidere se estendere o meno al beneficiario dell'amministrazione le stesse limitazioni previste per interdetti, inabilitati e minori. Pertanto se non è il giudice a decidere in tal senso non sono applicabili al beneficiario dell'amministrazione di sostegno gli stessi divieti previsti per gli altri soggetti. Un'interpretazione di questo tipo risulta perfettamente rispettosa del principio personalista che il giudice remittente ritiene violato, il quale "come già ricordato da questa Corte ... impone di leggere l'art. 2 congiuntamente all'art. 3 Cost., primo comma, che garantisce il principio di eguaglianza a prescindere dalle - condizioni personali -, tra le quali si colloca indubbiamente la condizione di disabilità di cui i beneficiari di amministrazione di sostegno sono portatori, sia pure in forme e gradi diversi; e secondo comma, il quale affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli, qual è appunto la condizione di disabilità, che impediscono la libertà e l'eguaglianza nonché il pieno sviluppo della persona." Per tutte queste ragioni la Corte "dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 774, primo comma, primo periodo, del codice civile … in riferimento agli artt. 2 e 3, primo e secondo comma, della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe."

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Data: 17/05/2019 10:00:00
Autore: Annamaria Villafrate