Assegno di divorzio all'ex secondo equità
Per la Cassazione, se l'assegno è riconosciuto applicando correttamente le norme di diritto interpretate dalla più recente giurisprudenza, è consentito ricorrere all'equità per integrare il quantum
di Lucia Izzo - Il quantum dell'assegno divorzile ben può essere integrato facendo ricorso all'equità integrativa qualora l'esborso sia stato riconosciuto applicando correttamente le norme di diritto come sostenute dalla più autorevole affermazione della giurisprudenza di legittimità, ovvero tenendo conto di una serie di fattori (sproporzione dei redditi, età del coniuge debole, durata del matrimonio e contributo nella costituzione del patrimonio della famiglia).
La vicenda
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 13415/2019 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso della ex moglie che aveva contestato l'ammontare dell'assegno come fissato dal giudice di merito.
In particolare, l'assegno era stato determinato dalla Corte territoriale in via equitativa in ragione di una serie di parametri, ovvero: del disequilibrio dei redditi delle parti e dell'incapacità della donna, coniuge più debole, di continuare a godere del tenore di vita su cui si fondava l'unione matrimoniale; della percezione da parte della ricorrente di una retribuzione mensile di 700 euro; della cessazione del godimento della ex casa familiare; dell'eta dei coniugi; della durata del matrimonio e del contributo dato della richiedente alla famiglia.
Sì all'equità per integrare il quantum dell'assegno divorzile
In Cassazione, la signora contesta la legittimità dell'impugnata decisione in quanto la Corte di merito avrebbe fatto ricorso al criterio dell'equità al fine di quantificare l'assegno divorzile, in difetto di concorde istanza delle parti ex art. 114 del codice di rito. Per gli Ermellini, invece, la decisione dei giudici territoriali appare in linea con la giurisprudenza di legittimità che ha conferito all'assegno una funzione assistenziale, compensativa, perequativa (cfr. SS. UU., sent. n. 18287/2018).
Il Collegio spiega che vale il principio per il quale "l'esercizio del potere discrezionale di determinazione in via equitativa dell'ammontare dell'assegno di divorzio, espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c., dà luogo non già a un giudizio di equità, che a norma dell'art. 114 c.p.c. attiene alla decisione nel merito della controversia e presuppone sempre una concorde richiesta delle parti, ma a una decisione adottata secondo le norme di diritto, alla stregua della normativa vigente e quindi caratterizzata dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva o integrativa, destinata come tale, in applicazione di parametriche, a determinare del primo importo, con la conseguenza che la sentenza pronunciata dal giudice nell'esercizio di tale potere non è ricorribile in cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 114 c.p.c. ove adottata in difetto di concorde richiesta delle parti (cfr. Cass., n. 21103/2013).
La Corte d'appello, spiega il Collegio, ha dunque riconosciuto l'assegno divorzile in corretta applicazione delle norme di diritto come sostenute dalla più autorevole affermazione della Cassazione, per poi provvedere a integrarne il quantum facendo ricorso all'equità integrativa.
Autore: Lucia Izzo