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Scudo fiscale

Cos'è lo scudo fiscale, come funziona e come è stato disciplinato dalla normativa italiana. Guida allo scudo fiscale con giurisprudenza


di Lucia Izzo - Quando si parla di "scudo fiscale" si fa riferimento una tipologia di "condono" in ambito tributario e fiscale, con effetti anche in materia penale: in sostanza, tramite questo sistema di regolarizzazione, per alcuni illeciti viene inibita sia l'azione di accertamento tributario che quella penale.


Cos'è lo scudo fiscale

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Nel dettaglio, le disposizioni che nel corso degli anni si sono susseguite hanno riguardato il "rimpatrio" ovvero la "regolarizzazione" delle irregolarità inerenti le attività finanziarie e patrimoniali illegalmente detenute all'estero in violazione degli obblighi valutari e tributari sanciti dal decreto-legge n. 167 del 1990, conv. in L. n. 227/1990.

Il "condono" dei comportamento del contribuente, illeciti dal punto di vista fiscale, avviene tramite il pagamento di una imposta forfettaria, una tantum, di valore inferiore alle normali aliquote tributarie.

Scudo fiscale: la normativa

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Lo scudo fiscale è stato introdotto dall'articolo 13-bis del D.L. n. 78/2009 (terzo decreto anticrisi), successivamente modificato sia dal D.L. n. 103/2009 (conv., con mod., dalla L. n. 141/2009) sia dal D.L. n. 194/2009, c.d. "milleproroghe" (conv., con mod., dalla legge n. 25/2010). Ulteriori disposizioni in materia di tassazione delle attività "scudate" sono state introdotte con il D.L. 201/2011 e con il D.L. 16/2012.
Ancora, nell'ambito del D.L. n. 350/2001, il Governo ha emanato una speciale normativa, di carattere temporaneo, diretta a favorire l'emersione di attività, sia finanziarie che di altra natura, che risultavano detenute all'estero in violazione della normativa fiscale.

Beneficiari

Pur non individuando espressamente l'ambito soggettivo, hanno potuto usufruire dello scudo fiscale di cui al D.L. n. 78/2009 e s.m.i. tutti quei contribuenti con la residenza fiscale in Italia, nel dettaglio: persone fisiche (anche titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo), enti non commerciali (compresi i trust), società semplici e associazioni equiparate, ai sensi dell'art. 5 TUIR.

Ancora, si è consentito anche anche gli eredi del contribuente che aveva aggirato le norme fiscali di beneficiare dello scudo, nonché ai contribuenti con attività in comunione.

Modalità

La disciplina (c.d. scudo-ter) ha consentito la regolarizzazione o il rimpatrio delle attività detenute all'estero in una data non successiva al 31 dicembre 2008. L'operazione, da effettuarsi nel periodo compreso tra il 15 settembre 2009 e il 15 aprile 2010, è stata resa perfezionabile con il pagamento di un'imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali istituita dall'art. 13-bis del D.L. n. 78/2009 e da applicare al rendimento presunto delle attività detenute all'estero che si intendeva far emergere.
Il D.L. n. 194/2009 ha poi modificato il termine finale, fissato al 15 dicembre 2009, e introdotto un incremento della misura dell'imposta dovuta da applicare alle operazioni di emersione effettuate successivamente al 15 dicembre 2009. Per il perfezionamento dell'operazione era richiesto il pagamento di un'imposta straordinaria istituita sulle attività finanziarie e patrimoniali.
La misura dell'imposta, comprensiva di sanzioni e interessi, era fissata al 50% (quindi il 5% del valore emerso) per le operazioni effettuate entro il 15 dicembre 2009, al 60% (quindi, il 6% del valore emerso) per le operazioni effettuate entro il 28 febbraio 2010 e al 70% (quindi, il 7% del valore emerso) per le operazioni effettuate entro il 30 aprile 2010
In sostanza, la sanzione per i beneficiari dello scudo fiscale per il rientro delle somme detenute illecitamente all'estero era pari al 5% del valore "scudato".

Effetti

Gli effetti del rimpatrio o della regolarizzazione decorrevano dal momento dell'effettivo pagamento dell'imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali. Inoltre, nei confronti del contribuente che aveva consentito l'emersione era preclusa ogni attività di accertamento tributario e contributivo limitatamente ai periodi d'imposta e agli imponibili che sono oggetto di rimpatrio o regolarizzazione.
Inoltre, grazie allo scudo si attuavano effetti estintivi di reati penali tra i quali la omessa o infedele dichiarazione e il falso in bilancio.

Voluntary disclosure

La legge n. 186/2014 ha poi introdotto nel nostro ordinamento la procedura di collaborazione volontaria o "Voluntary disclosure", un nuovo scudo fiscale che consente ai contribuenti/evasori di denunciare spontaneamente gli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all'estero. non dichiarate al fisco.

Per approfondimenti: Voluntary disclosure
Partita ufficialmente il 30 gennaio del 2015, la voluntary disclosure si è rivolta a tutti i contribuenti che detenevano illecitamente attività e beni all'estero, avendo omesso di dichiararli al fisco, consentendo loro di regolarizzare la propria posizione e sanare le violazioni dichiarative, incluse quelle inerenti ai maggiori imponibili riferiti e non alle attività e ai beni anzidetti. L'art. 7 del D.L. n. 193/2016 ha poi riaperto i termini della collaborazione volontaria (c.d. "Voluntary bis").
La regolarizzazione consisteva nel pagare le imposte dovute sommate ad una minore sanzione ed evitando di essere puniti per i reati tributari. La prima edizione consentiva di regolarizzare le violazioni degli obblighi di dichiarazione dei capitali compiute fino al 30 settembre 2014, mentre la versione-bis, partita il 7 febbraio 2017, consentiva di provvedere spontaneamente al versamento delle somme dovute, a titolo di imposte, sanzioni e interessi, entro il 2 ottobre 2017.

La mini – voluntary disclosure

Il D.L. 148/2017 (Collegato Fiscale alla Legge di Bilancio 2018) in sede di conversione, ha previsto una nuova sanatoria definita "mini – voluntary discolsure" destinata alla regolarizzazione delle attività finanziarie detenute all'estero su conti correnti e libretti di risparmio dai lavoratori frontalieri ed ex residenti all'estero (iscritti AIRE).
L'adesione è avvenuta attraverso la trasmissione di un'apposita istanza di regolarizzazione, da presentarsi entro il 31 luglio 2018, con successivo versamento il 30 settembre 2018 delle somme dovute (pari al entro 3% delle somme detenute all'estero alla data del 31 dicembre 2016 a titolo di imposte, sanzioni ed interessi). Il pagamento è stato consentito in unica soluzione oppure con possibilità di avvalersi di 3 rate mensili.

Giurisprudenza sullo scudo fiscale

In occasione delle diverse "versioni" dello scudo fiscale, non sono mancate le pronunce della giurisprudenza in materia allo scopo di chiarire i termini di applicabilità dello scudo nei confronti dei contribuenti oppure per fornire chiarimenti in ordine ad aspetti particolarmente controversi.
Ad esempio, nella sentenza n. 33833/2018, la Corte di Cassazione ha rammentato che l'art. 13-bis del D.L. 78/2009, n. 78, che disciplina il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato (cosiddetto scudo fiscale), prevede che il rimpatrio ovvero la regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell'imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria civile, amministrativa ovvero tributaria, in via autonoma o addizionale.
Nelle recenti sentenze nn. 1022/14/2019 e 1023/14/2019 la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha precisato che il contribuente ha diritto al rimborso delle somme versate per il perfezionamento di uno scudo fiscale successivamente contestato e annullato dall'Agenzia delle entrate.

Nel dettaglio, il contribuente aveva aderito allo scudo fiscale di cui al D.L. n. 350/2001 per incentivare l'emersione delle attività detenute all'estero, aveva presentato la dichiarazione riservata di adesione e aveva pagato l'imposta straordinaria.
Tuttavia, nel 2010, con un accertamento nei suoi confronti, l'Agenzia aveva contestato la fittizietà dell'operazione di rimpatrio, disconosciuto i benefici e annullato gli effetti premiali connessi allo scudo. I giudici rammentano, però, che lo scudo fiscale si inquadra nella categoria dei "condoni in senso improprio" e, lungi dal presentare le finalità tipiche dell'indulgenza fiscale, si connota come una "novazione oggettiva dell'obbligazione tributaria originaria" in quanto la legge annulla e sostituisce con una nuova e diversa obbligazione.
Poiché nel caso di specie non si è prodotto l'effetto "innovativo" connesso allo scudo fiscale (ovvero, la tassazione agevolata delle attività detenute all'estero), per i giudici non può parlarsi di una ritrattazione della dichiarazione di scudo, ma deve ritenersi che la stessa sia divenuta inefficace.
Di conseguenza, essendo la dichiarazione del contribuente nulla ab origine, per la CTR deve essere concesso il pieno rimborso dell'imposta straordinaria in quanto versata in relazione a scudo fiscale rilevatosi poi "nullo".
Data: 27/05/2019 14:00:00
Autore: Lucia Izzo