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Cassazione: è reato fingere di amare per farsi pagare

Fingere di provare sentimenti per qualcuno, prospettando una futura vita insieme, per farsi dare del denaro configura il reato di truffa


di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 25165/2019 (sotto allegata) condanna chi, fingendo sentimenti d'amore per una persona, la induce in errore prospettandole il progetto di una futura vita insieme solo per farsi consegnare del denaro. Quando la bugia sui propri sentimenti nei confronti di una persona rientra infatti in un disegno più ampio, capace di fare credere alla vittima di vivere realmente una storia d'amore, essa assume la veste dell'artifizio o raggiro richiesto dalla norma penale che contempla il reato di truffa.

La vicenda processuale

La Corte d'appello conferma la sentenza del Tribunale che condanna l'imputato alla pena di due anni e sei mesi di reclusione ed euro 1.500,00 di multa, oltre al risarcimento del danno della persona offesa, per il delitto di truffa aggravata.

Si contesta all'imputato di "avere con artifizi e raggiri, consistiti nell'avviare una relazione sentimentale con la p.o. (di molto più grande di lui), nel proporle falsamente l'acquisto in comproprietà di un appartamento (e poi di altro appartamento) consegnandole anche fotografie dello stesso, nel richiederle prestiti proponendole la cointestazione di quote societarie, indotto in errore la p.o circa l'effettivo acquisto dell'immobile e sulla situazione economica della propria società facendosi consegnare ingenti somme di denaro, in tal modo procurandosi un ingiusto profitto con pari danno per la p.o." L'imputato, all'esito del secondo giudizio a lui sfavorevole ricorre in Cassazione lamentando:

E' reato fingere di provare sentimenti d'amore solo per denaro

La Cassazione con sentenza n. 25165/2019 rigetta il ricorso dell'imputato perché infondato. Gli Ermellini, condividendo le conclusioni della corte d'appello, ritengono che la persona offesa non abbia consegnato denaro all'imputato per perseguire finalità speculative, bensì per realizzare il progetto prospettatole, di andare a vivere insieme. Da chiarire quindi, come chiesto dall'imputato se "la menzogna riguardante i propri sentimenti amorosi, possa o meno costituire un artificio o raggiro rilevante ai fini dell'integrazione del reato di truffa".

La Cassazione rileva come al dubbio la corte d'appello abbia correttamente risposto positivamente "sottolineando che la condotta del ricorrente era consistita non (solo) nel simulare sentimenti d'amore, ma nel coordinare la menzogna circa i propri sentimenti con ulteriori e specifici elementi (il progetto di vita in comune, l'investimento societario) idonei, insieme ad essa, ad avvolgere la psiche del soggetto passivo in modo da assumere l'aspetto della verità ed a trarre in errore."

La Cassazione precisa infatti come "la truffa non si apprezza per l'inganno riguardante i sentimenti dell'agente rispetto a quelli della vittima, ma perché la menzogna circa i propri sentimenti è intonata con tutta una situazione atta a far scambiare il falso con il vero operando sulla psiche del soggetto passivo."Non c'è dubbio che l'imputato, nella presentazione di una falsa prospettiva di vita in comune, abbia indotto in errore la persona offesa, la quale, proprio perché coinvolta in una relazione sentimentale non poteva avere sospetti delle reali motivazioni che stavano dietro alle richieste di denaro.

Data: 13/06/2019 22:00:00
Autore: Annamaria Villafrate