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Niente sanatoria per la costituzione sottoscritta dal praticante avvocato

Per la Cassazione non opera la sanatoria ex art. 182 c.p.c. per gli atti sottoscritti da praticante non ancora iscritto all'albo, essendo giuridicamente inesistenti e dunque insanabili


di Lucia Izzo - La costituzione di un altro legale in giudizio non consente di sanare la comparsa di costituzione sottoscritta da un praticante avvocato non ancora iscritto all'albo professionale degli avvocati.


Si tratta, infatti, di un atto affetto da nullità assoluta e insanabile nei confronti del quale non opera la sanatoria delle irregolarità della costituzione delle parti di cui all'art. 182, comma 2, del codice di procedura civile. Tale regolarizzazione, infatti, opera solo in favore del procuratore già costituito e non si estende all'ipotesi di difensore privo dello ius postulandi.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 18047/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sulla sanabilità degli atti affetti da difetto di procura originaria.

Il caso

In particolare, nel caso in esame, sia l'iniziale comparsa di costituzione quanto l'atto di chiamata in causa di una ditta, erano stati sottoscritti da un praticante avvocato abilitato al patrocinio esclusivamente nelle cause di valore non superiore ad euro 25.822,24, mentre il valore del procedimento era stato dichiarato ex art. 10 c.p.c. in euro 50mila.
La Corte d'Appello, rilevato il difetto di ius postulandi ex art. 82 c.p.c., riteneva che tali atti fossero dunque inesistenti e pertanto non sanabili dalla successiva costituzione ad opera di altro avvocato.

Secondo i ricorrenti, invece, sarebbe stato possibile estendere la sanatoria ex tunc determinata dalla successiva costituzione in giudizio dell'altro avvocato anche alle ipotesi di inesistenza del negozio rappresentativo, e ciò alla luce della vecchia formulazione dell'art. 182, comma 2, c.p.c. alla luce della riforma del 2009.

Inesistente l'atto sottoscritto da praticante avvocato non iscritto all'albo

La Cassazione rammenta come la giurisprudenza di legittimità abbia più volte affermato che all'atto giudiziale da parte di un avvocato privo di ius postulandi non sia applicabile l'art. 182, 2° comma, c.p.c. (come modificato dall'art. 46, 2° comma., L. n. 69/2009) allorquando, come nel caso in esame , la regolarizzazione non avvenga in favore del soggetto o del procuratore già costituito, ma si abbia la costituzione in giudizio di soggetto diverso, iscritto all'albo, previo rilascio di mandato speciale (cfr. Cass., SS.UU.,10414/2017).
Pertanto, spiega la Corte, la sanatoria ivi prevista si applica nelle ipotesi di nullità e non anche, come nella specie, viceversa di originaria inesistenza dell'atto.
L'iscrizione all'albo professionale ha natura costitutiva ai fini dell'esercizio della libera professione forense davanti ai tribunali o alle corti di appello, con la conseguenza che l'atto sottoscritto da un praticante non ancora iscritto all'albo professionale degli avvocati è affetto da nullità assoluta ed insanabile, rilevabile anche d'ufficio in qualsiasi stato e grado del processo, riguardando la violazione di norme di ordine pubblico attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale, attesa la stretta attinenza alla costituzione del rapporto processuale.
In base a tali principi, dunque, correttamente la Corte di merito ha affermato che la modifica dell'art. 182 c.p.c. disposta con la L. 69/2009, che al 2° comma ha introdotto l'obbligatorietà dell'intervento del giudice nel rilievo e nella concessione di un termine per la sanatoria delle irregolarità della costituzione delle parti, non fosse applicabile al caso di specie neppure quale canone interpretativo della norma nel testo precedentemente vigente, in quanto gli atti de quibus non sono viziati da nullità ma sono da considerarsi giuridicamente inesistenti e come tali insuscettibili di sanatoria.


Data: 09/07/2019 16:00:00
Autore: Lucia Izzo