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Microspia installata nell'auto del marito: è reato?

La Cassazione proscioglie i detective ingaggiati dalla moglie gelosa: l'installazione della cimice viola la privacy ed è punita dall'art. 615-bis c.p. (non dal 617-bis), ma serve la querela di parte


di Lucia Izzo - Ottengono un provvedimento di proscioglimento i due investigatori privati che hanno installato nell'auto di un marito, da loro spiato per conto della moglie "gelosa", un sistema GPS e una microspia.

I giudici di merito hanno sbagliato a ritenere che il loro comportamento integrasse il reato di cui all'art. 617-bis c.p., norma che fornisce protezione in caso di comunicazioni che avvengono a distanza e non, invece, in caso di conversazioni tra presenti oggetto di intercettazione ambientale.
In realtà, la condotta dei due non è da ritenersi lecita, in quanto può collocarsi nell'alveo di cui all'art. 615-bis del codice penale, norma introdotta per far fronte alle sempre più incisive minacce alla riservatezza personale (privacy) delle persone a causa dell'evoluzione delle moderne tecnologie.
I due detective strappano un verdetto favorevole in quanto tale reato è normalmente procedibile a querela di parte, mentre, nel caso di specie, la persona offesa non ha presentato alcuna querela.
Tanto ha previsto la Corte di Cassazione, sezione quinta penale, nella sentenza n. 33499/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un investigatore privato e del suo collaboratore condannati per il reato di cui all'art. 617-bis del codice penale (installazione di apparecchiature atte a intercettare comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche).

Il caso

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I due imputati erano stati incaricati da una moglie di accertare le frequentazioni del marito e, per questo, avevano installato sull'autovettura dell'uomo un sistema GPS e una "cimice", idonea a eseguire captazioni sonore, e reso poi disponibili alla signora il contenuto dei dialoghi rubati.

Da qui la condanna, sia in primo grado che in appello, sia del detective che del suo aiutante, che aveva concorso nel reato di installazione abusiva di apparecchiature per intercettare conversazioni.
Tuttavia, in Cassazione i due riescono addirittura a ottenere il proscioglimento facendo leva sul fatto che la loro condotta non rientri nel reato di cui all'art. 617-bis c.p., bensì in quello, procedibile a querela, di "Interferenze illecite nella vita privata" previsto dall'art. 615-bis del codice. E nel caso in esame non è stata presentata querela dalla persona offesa. Una ricostruzione che convince gli Ermellini.

Il reato di cui all'art. 617-bis c.p.

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La norma incriminatrice di cui all'art. 617-bis c.p., spiegano i giudici della Cassazione, appresta una tutela anticipata alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche intercorrenti tra soggetti terzi.


L'art. 623-bis c.p., volto a evitare per quanto possibile vuoti di tutela derivanti dal costante sviluppo dei mezzi tecnologici, ha comportato l'estensione dell'ambito di operatività della disposizione citata ai fatti concernenti "qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati".

Pur essendone, pertanto, derivato un ampliamento delle potenzialità applicative della norma incriminatrice in esame, la protezione dalla stessa fornita resta limitata alle comunicazioni che avvengano "a distanza". E tra queste ultime, ritiene il Collegio, non possono includersi le conversazioni tra presenti oggetto di intercettazione c.d. ambientale, a meno di non ricorrere all'analogia in malam partem.

Reato inserire microspie in auto?

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La Suprema Corte, condividendo un pressoché unanime orientamento giurisprudenziale, nega siano riconducibili all'art. 617-bis c.p. condotte, quali l'installazione all'interno di un'automobile di una microspia tale da intercettare solo le conversazioni intrattenute dai soggetti i quali si trovino nel veicolo, non idonee a comportare l'illecito inserimento in un canale di comunicazione riservato tra persone diverse, da cui l'agente sarebbe stato altrimenti escluso (cfr. Cass., n. 4264/2006).


Di conseguenza, non rientrano nel delitto di cui al menzionato art. 617-bis del codice penale i fatti ascritti ai due investigatori che, nella vettura del marito "spiato", avevano collocato solo un rilevatore GPS e uno strumento per l'esecuzione di intercettazioni ambientali.

La condotta dei due, tuttavia, non è lecita, ma va al più ricondotta alla fattispecie criminosa di cui all'art. 615-bis c.p., poiché integra una tipica ipotesi di interferenza illecita nella vita privata. Stante l'operata riqualificazione, gli imputati vengono prosciolti per difetto di condizione di procedibilità: tale diverso reato, infatti, è procedibile esclusivamente a querela di parte e dagli atti emerge che questa non è stata mai presentata dalla persona offesa.
Data: 29/07/2019 14:00:00
Autore: Lucia Izzo