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È reato maltrattare e uccidere le meduse

Le meduse e in genere le specie marine, al pari degli altri animali, meritano rispetto. Per questo chi le sottopone a maltrattamenti o le uccide per crudeltà o senza necessità rischia pesanti sanzioni


di Lucia Izzo - Durante l'estate le spiagge nostrane si affollano di bagnanti in cerca di relax. In molti dimenticano che quel luogo che viene visto come un momento di evasione o di agognata vacanza è, prima di tutto, un habitat naturale per molte specie animali e vegetali.


Il rispetto nei confronti di tale ecosistema dovrebbe essere un obiettivo comune, il faro che guida la presenza umana. Purtroppo, non è sempre così e pagarne le conseguenze sono gli animali marini: pesci, granchi, meduse, ricci, stelle e cavallucci marini finiscono spesso nei secchielli e nei retini oppure sotto l'obiettivo dei "selfie" da parte di avventori poco consapevoli del fatto che questi animali sono sottoposti a un forte stress e a sofferenze, rischiando la vita anche per pochi istanti fuori dall'acqua.

Sanzionata la crudeltà nei confronti delle meduse

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Abbandonati sulla spiaggia e oggetto del "diletto" di adulti e piccini, gli animali marini sono vittime di un trattamento crudele e della superficialità dei bagnanti. Inoltre, in molti non sanno che un simile atteggiamento potrebbe costare anche una vera e propria condanna in sede penale.

Lo rammenta anche l'Associazione di Etologia Etica "Eticoscienza" che in un comunicato si sofferma in particolare sulla crudeltà umana riservata alle meduse, in quanto animali che possono urticare la pelle a causa dei loro tentacoli. Anziché allontanarsi e tornare a riva, molti bagnanti preferiscono tirare fuori dall'acqua le povere meduse provocando la loro morte.

I reati di maltrattamento e uccisione di animali

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L'associazione richiama quanto previsto dall'art. 544-ter del codice penale, norma che punisce il "Maltrattamento di Animali". Nel dettaglio, la disposizione punisce "chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche".

Nel dettaglio, i trasgressori rischiano una sanzione particolarmente grave, ovvero la pena della reclusione da tre a diciotto mesi o una multa da 5.000 a 30.000 euro.

Ancora, l'art. 544-bis del codice penale punisce, con la reclusione da quattro mesi a due anni, la condotta di chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.
Entrambe le fattispecie normative non si limitato a tutelare solo alcune specie animali, e per questo ben potrebbero trovare applicazione nei confronti delle condotte contro gli animali marini, meduse comprese, molti dei quali, d'altronde, rientrano anche nelle specie protette.

Cosa dice la giurisprudenza?

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Tali reati sono passati spesso sotto la lente della Corte di Cassazione che ha contribuito a fornire chiarimenti e importanti precisazioni. In tema di maltrattamento di animali, la Suprema Corte ha chiarito come la norma pretenda una corrispondenza biunivoca tra la sofferenza dell'animale e le modalità della sua detenzione: è dall'analisi di queste ultime e dal grado di incompatibilità con la natura dell'animale stesso che deve essere desunta la gravità della sua sofferenza (cfr. Cass. n. 8676/2013).
Ancora, secondo gli Ermellini, il reato di maltrattamenti di animali ai configura non soltanto per i comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali destando ripugnanza per la loro aperta crudeltà, ma anche per le condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale, producendo un dolore, avuto riguardo, per le specie più note, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali (cfr. Cass. n. 46560/2015).
Per quanto riguarda, invece, la nozione di "necessità" che consente di escludere la configurabilità dei delitti di uccisione (art. 544 bis c.p.) e maltrattamento di animali (art. 544 ter c.p.) la Corte di Cassazione (n. 44822/2007) ritiene vi rientri lo stato di necessità previsto dall'art. 54 c.p., nonché ogni altra situazione che induca all'uccisione o al maltrattamento dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile.
A prescindere dalle possibili conseguenze "giuridiche", tuttavia, il rispetto nei confronti della flora e della fauna marine, allo stesso modo di quello verso la natura tutta, è un valore importante che merita di essere tutelato e diffuso tra adulti e bambini, poiché nessuna specie merita di vedersi annientata da un invasore che non si sofferma sulle conseguenze dei propri gesti.
Anche al mare e sulle spiagge, dunque, non bisogna mai dimenticare che quei luoghi sono culla di vita per molti animali e sottoporli a un'atroce e ingiustificata agonia è un comportamento da condannare sotto ogni punto di vista.
Data: 04/08/2019 23:00:00
Autore: Lucia Izzo