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Perché resta indispensabile riscrivere l'affidamento condiviso

Un'ordinanza del TO di Torino oscilla tra le ragionevoli e ortodosse richieste della prole e gli obsoleti ma radicati modelli della giurisprudenza


di Marino Maglietta – Le novità a livello di Governo hanno fatto esultare gli avversari dell'affidamento condiviso – ovvero dei suoi stessi principi, a ben leggere - a prescindere da come ne fosse proposta la riscrittura. Non può, tuttavia, essere dimenticato che i problemi che avevano ispirato i numerosi tentativi di incentivazione (dal 2007 a oggi), sono ancora tutti sul tavolo.

Ne dà prova una ordinanza del Tribunale di Torino (24/07/2019, 12644/2019, R.G. 2019/2911, sotto allegata) che in parte detta disposizioni assolutamente condivisibili, ma solo per volontà dei soggetti più direttamente coinvolti (le figlie) e quasi a dispetto del giudicante. Il quale, non a caso, per tutto ciò che direttamente ed esclusivamente gli compete continua a muoversi nel solco dei vecchi modelli monogenitoriali. Si prevede, infatti, che "le figlie pur mantenendo la residenza anagrafica e la dimora abituale presso la madre siano collocate a settimane alterne presso ciascun genitore come richiesto dalle stesse minori nell'audizione". Dove salta agli occhi che se i tempi presso i due genitori sono identici non ha alcun senso parlare di "dimora abituale"; salvo che questo rappresenti un estremo tentativo per creare comunque una gerarchia tra i genitori, anche se resta difficile comprendere come questa si concretizzerà. Se differenze continueranno ad esistere, queste deriveranno per intero dalla residenza anagrafica e non dal preteso mantenimento di una fantasiosa dimora abituale presso la madre; che non si è riusciti ad omettere.

Del resto la stessa descrizione del maturare della scelta dà conferma intuitiva dello sforzo che le interessate hanno dovuto compiere per "strappare" la formula desiderata: "le ragazze che sono parse consapevoli e determinate nelle loro richieste hanno dichiarato di stare bene con entrambi i genitori e di aver mantenuto un buon rapporto con il padre nonostante quest'ultimo abbia vissuto 4 anni in Australia rientrando in Italia circa un mese l'anno (è rimasto in Italia dal 24.12.2017 al 12.3.2018). Dove, tra l'altro, si nota che nel 2018 la permanenza in Italia è di oltre due mesi e mezzo e non "circa un mese"; una visione riduttiva che non appare priva di significato.

Più apprezzabile ancora appare la motivazione addotta dalle interessate, le quali "hanno giustificato la richiesta di rimanere a settimane alternate con ciascun genitore anche per una questione di comodità per evitare di spostare continuamente abbigliamento e libri". E' questo un passaggio di fondamentale importanza, perché va a smentire l'usurata ma permanente tesi dello "sballottamento" legato alla frequentazione paritetica. Una falsificazione abbastanza impudente, visto che contraddice il più elementare calcolo del numero di spostamenti associati ai due modelli, nella versione più praticata: ogni due settimane cinque viaggi nel falso condiviso (fine settimana alternati e tre pomeriggi), contro uno/due soli nel condiviso vero, paritetico. Vale la pena di osservare come sia nell'audizione in Senato di questa legislatura (XVIII, 2019) che in quella della XVI (2011) l'associazione Figli con i figli (che rappresenta posizioni e desideri di quanti oggi adulti hanno vissuto la separazione dei propri genitori) sia stato sviluppato magistralmente il medesimo concetto in merito alle consuetudini giurisprudenziali: " Una prassi che obbliga i figli ad una quotidianità defatigante, sballottati come pacchi postali da una casa all'altra per le spezzettate "visite" solo pomeridiane (martedì e giovedì presso il non collocatario se il w-e non è con lui, solo il mercoledì se lo è... e assurdità del genere), senza continuità, senza poter cenare e pernottare là dove ci si trova alle 7 (o alle 9) di sera, costretti a interrompere tassativamente lo svolgimento di un compito, una conversazione o un momento ricreativo per rivestirsi in fretta ed essere riportati e "scaricati" dal "genitore prevalente"... E tutto questo in nome e in difesa della "stabilità" e del presunto "superiore interesse" del minore.... Ma a nessuno viene in mente quanto sia faticoso e scolasticamente rischioso dover portare in cartella libri e quaderni per due giornate scolastiche, dovendosi ricordare di tutto ciò che può servire."

Evidentemente non si intende ascoltare ciò che mette in crisi scelte puramente ideologiche.

E che l'ideologia tradizionale domini abbondantemente l'ordinanza torinese è dimostrato dalla parte economica, in cui le figlie non hanno avuto possibilità di parola. Lo si vede nelle disposizioni che riguardano la casa familiare, allineate con l'indimostrato principio, aprioristicamente sostenuto, che ai figli giovi sempre e comunque continuare ad abitare là dove sono cresciuti (che purtroppo però è anche il luogo delle liti familiari e del fallimento di un progetto): "nella specie viene meno" a causa della frequentazione paritetica "l'interesse da tutelare consistente nel preservare ai figli la permanenza nell'ambiente domestico nel quale sono cresciuti (Cass. n.21334 del 2013)". Stessa cosa per la forma del mantenimento, ancorata al fatidico assegno. Quindi niente capitoli di spesa e per quelle straordinarie rinvio al Protocollo locale, che lascia indeterminato chi ne prenderà l'iniziativa, prevede il farraginoso meccanismo della concertazione, documentazione e rimborso, e divide i costi al 50%, ignorando la proporzione con i redditi, secondo legge.

Concludendo, appare evidente - anche da un provvedimento che pure è apprezzabile per avere accolto richieste contro corrente - la profonda distanza culturale tra l'utenza e la magistratura. Si conferma, quindi, la necessità e l'urgenza di non abbandonare a seguito dei rivolgimenti politici quelle iniziative di legge che avevano fondatissime motivazioni sociali. Indubbiamente il modo dovrà essere ripensato, ma non mancano certo nel nostro stesso Parlamento precedenti virtuosi sulla materia, che avevano messo d'accordo componenti politiche diverse e avrebbero finalmente soddisfatto le istanze popolari. Tuttavia è evidente che una prassi funzionale agli interessi di categoria degli operatori del diritto e adottata da decenni per essere superata richiede notevoli sensibilità e impegno da parte del Parlamento. Certamente le premesse sono abbastanza preoccupanti, se oggi tra chi si dichiara "progressista" c'è chi afferma che "la bigenitorialità è contro le donne", con ciò negando i principi base dell'affidamento condiviso. Chi condivide questa conclusione dovrebbe attivarsi per esprimere il proprio dissenso; prima che sia troppo tardi.

Data: 19/09/2019 16:00:00
Autore: Marino Maglietta