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All'evasore va sequestrata anche la Postepay

Infruttuoso il sequestro diretto dei beni della società, per la Cassazione scatta quello per equivalente sui beni personali del rappresentante legale. Non necessaria la pertinenzialità al reato


di Lucia Izzo - Società in liquidazione e sequestro diretto infruttuoso? Qualora si proceda per reati tributari commessi dal legale rappresentare è legittimo procedere al sequestro per equivalente sui beni di quest'ultimo qualora non venga da lui fornita prova della concerta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta.


E in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, inoltre, non sarà necessario accertare il periculum in mora o la pertinenzialità dei beni al reato.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza penale, nella sentenza n. 42946/2019 (sotto allegata) respingendo il ricorso del legale rappresentante di una società accusato di indebite compensazioni (di crediti inesistenti) e di non aver versato al fisco le imposte dovute. Un'evasione fiscale che supera il milione di euro.

Il caso

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Subordinatamente all'infruttuosità del sequestro diretto nei confronti dei beni della società, risultata incapiente e poi messa in liquidazione, i magistrati avevano autorizzato il sequestro per equivalente sui beni del ricorrente, rappresentante legale della società.


Una decisione contestata dal manager che ritiene insussistente il periculum in mora. In particolare, la difesa rileva come i beni sequestrati siano di scarso rilievo economico (conto corrente con un saldo di € 554,11, tre carte Postepay, e una carta prepagata con modestissimi saldi attivi) e senza alcun legame con i fatti di cui all'imputazione.

In pratica, mancherebbero i presupposti della concretezza e attualità della misura cautelare, nessun collegamento al profitto del reato sarebbe stato dimostrato e nessun riferimento al comportamento delittuoso possono avere i modesti beni sequestratigli.

Sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente

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Prospettazioni che non colgono nel segno. La Cassazione precisa, infatti, che quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell'imputato sul presupposto dell'impossibilità di reperire il profitto del reato nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (cfr. Cass. n. 42966/2015).
In prativa, nell'ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, con riferimento ai reati fiscali, il sequestro a carico del rappresentante della persona giuridica (indagato) è legittimo qualora questi non prova che la società abbia dei beni direttamente confiscabili. E in sede di legittimità l'indagato sarà tenuto a indicare specificamente gli atti processuali dai quali risultava reperibile presso la persona giuridica il profitto del reato (cfr. Cass., n. 2242/2017).

Nel caso di specie nessuna prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica è stata fornita dal ricorrente, sia davanti ai giudici di merito e sia (sotto il profilo dell'allegazione di elementi contenuti negli atti e non valutati dai giudici della cautela) nel ricorso in Cassazione.

Indebita compensazione verticale e orizzontale

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In sentenza viene richiamato altresì il dictum delle Sezioni Unite secondo cui, quando il sequestro cd. diretto del profitto del reato tributario non è possibile nei confronti della società, non è di conseguenza consentito nei confronti dell'ente collettivo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, salvo che la persona giuridica costituisca uno schermo fittizio (cfr. SS. UU. n. 10561/2014).
La ragione di ciò scaturisce dal fatto che i reati tributari non sono ricompresi (ai sensi del d.lgs. 231/2001) nella lista di quelli che consentono il sequestro per equivalente nei confronti di una persona giuridica.
La Corte ribadisce, inoltre, che reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, ex art. 10-quater, d.lgs. 74/2000, è configurabile, alla luce dell'ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dall'art. 17 del d.lgs. 241/1997, sia nel caso di compensazione verticale, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa (cfr. Cass., n. 8689/2018).

Sequestro preventivo: irrilevante il periculum in mora

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Infine, la sentenza chiarisce come, in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non sia necessario accertare il periculum in mora o la pertinenzialità dei beni al reato: in tal caso, infatti, spetta al giudice il solo compito di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, essendo, invece, irrilevante sia la valutazione del "periculum" in mora (che attiene ai requisiti del sequestro preventivo impeditivo di cui all'art. 321 comma primo c.p.p.), sia quella inerente alla pertinenzialità dei beni.
Pertanto, deve ritenersi che sia legittimo il sequestro operato sui beni personali dell'imprenditore, postepay inclusa.
Data: 24/10/2019 09:00:00
Autore: Lucia Izzo