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Cassazione: il trattamento Di Bella lo paga il paziente

Affinché i costi di un trattamento o di una cura siano posti a carico della collettività deve esistere un'evidenza scientifica dei suoi benefici


di Valeria Zeppilli – Per la Corte di cassazione, il cd. multitrattamento Di Bella non può essere posto a carico del Servizio Sanitario Nazionale, perché non può costituire una valida alternativa terapeutica nell'attività antitumorale.

A dirlo, è la sentenza numero 28451/2019 qui sotto allegata.

La speranza terapeutica non basta

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Per potersi vedere riconosciuto il diritto all'erogazione da parte del S.S.N. di cure tempestive che non sono erogabili dal servizio pubblico, è imprescindibile che sussista un'evidenza scientifica dei benefici che la cura o la terapia richiesta apporterebbe alla salute.

In caso contrario si giungerebbe alla conclusione, inammissibile, di porre a carico della collettività tutti i trattamenti medico-farmacologici che diano una qualsiasi "speranza terapeutica".

L'adeguatezza della terapia

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A fronte di ciò, l'adeguatezza della terapia rispetto al singolo caso, a detta dei giudici, può venire in rilievo solo "per escludere che terapie corroborate scientificamente possano comunque essere concesse".

Il che vuol dire che l'eventuale efficacia meramente individuale di una terapia, rispetto alla quale non sussistono delle obiettive evidenze scientifiche, non può giustificare l'accollo della relativa spesa a carico di tutta la collettività.

La vicenda

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Nel caso di specie, la ricorrente aveva chiesto che il cd. multitrattamento Di Bella, del quale si era avvalsa per curare la sua malattia, fosse posto a carico del Servizio Sanitario ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 536/1996. A sostegno della sua domanda, aveva addotto che tale terapia avesse avuto un'acclarata efficacia nei suoi confronti.

Per i giudici, però, tale efficacia non basta: per gravare la collettività dei costi di un trattamento serve qualcosa in più.

Data: 07/11/2019 17:00:00
Autore: Valeria Zeppilli