Fuori dalla successione il diritto di abitazione del convivente
di Annamaria Villafrate - L'Agenzia delle Entrate con il parere n. 463/2019 (sotto allegato), risponde al quesito avanzato da un contribuente. Questi vorrebbe inserire nella dichiarazione di successione il diritto di abitazione della convivente superstite del fratello defunto. L'Agenzia però chiarisce che, in assenza di una disposizione testamentaria che istituisca a favore della convivente more uxorio un legato che le attribuisca tale diritto, non è possibile inserirlo nella dichiarazione di successione.
Il quesito del contribuente
Un uomo vive per diversi anni con la compagna nella casa a lui intestata. La donna per tutto il periodo della convivenza fissa la sua residenza presso l'abitazione del compagno. Quando l'uomo muore, non avendo disposto nulla per testamento e non avendo figli, gli succedono il fratello e la sorella.
Il fratello si rivolge all'Agenzia delle entrate per sapere se affinché la compagna possa vantare il diritto di abitazione è necessaria la residenza o se la stessa può provare in altro modo l'avvenuta convivenza more uxorio con il de cuius. Egli infatti vorrebbe includere la donna nella dichiarazione di successione in quanto titolare del diritto di abitazione, anche se quando è stata aperta la successione ella aveva trasferito la residenza altrove.
La soluzione proposta dall'istante
Per l'istante la residenza anagrafica ai fini della convivenza, ha solo efficacia probatoria, non costitutiva. Il Tribunale di Milano in una sentenza del 2016 avrebbe infatti affermato che la la dichiarazione anagrafica, alla luce delle legge sulle unioni civili, avrebbe solo efficacia probatoria e non costitutiva del diritto di abitazione perché la convivenza ha natura fattuale in quanto non esternata dai conviventi da un vicolo formale.
Per l'interpellante la prova della convivenza può essere provata con le bollette delle utenze pagate dalla stessa o, in assenza, da una dichiarazione degli eredi. Inserendo nella dichiarazione di successione il convivente inoltre gli eredi potrebbero beneficiare di uno sgravio fiscale, perché una parte delle imposte di successione verrebbero imputate anche alla compagna superstite.
Inoltre, inserendo il diritto di abitazione nella successione, si eviterebbe la doppia trascrizione nei registri immobiliari della denuncia appunto e del diritto di abitazione.
Il parere dell'Agenzia delle Entrate
L'Agenzia delle Entrate, contrariamente a quanto sostenuto dall'istante, esclude che il diritto di abitazione possa essere indicato nella dichiarazione di successione, perché il de cuius non ha formalizzato per testamento la posizione del convivente tramite l'istituzione di un legato.
Come affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 10377/2017 il convivente non proprietario dell'immobile non può essere qualificato riduttivamente come un ospite. Lo stesso è infatti un detentore qualificato, posizione che lo tutela contro l'eventuale estromissione violenta o clandestina da parte del convivente o di terzi, nei confronti dei quali può intraprendere l'azione possessoria dello spoglio.
La sua situazione è quindi "riconducibile ad un diritto personale di godimento che viene acquistato dal convivente in dipendenza del titolo giuridico individuato dall'ordinamento nella comunanza di vita attuata anche mediante la coabitazione, ossia attraverso la destinazione dell'immobile all'uso abitativo dei conviventi."
Il diritto ad abitare nella casa in cui si è svolta la convivenza però non è infinita. Essa è prevista più che altro per evitare che gli eredi possano avanzare pretese restitutorie affrettate, in modo da dare il tempo al convivente superstite di trovare un'altra sistemazione in grado di soddisfare le sue esigenze abitative.
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Data: 09/11/2019 10:30:00Autore: Annamaria Villafrate